È in ripresa la filiera lattiero-casearia padovana, in particolare nell’Alta: ne beneficia la produzione di formaggi di qualità, come il Grana Padano che in quell’area può essere prodotto, ma non mancano le ombre, soprattutto legate ai prezzi.
Nel 2024 la produzione di forme di formaggio veneto a denominazione è cresciuta infatti dell’1,9 per cento rispetto al 2023, con circa 50.048 tonnellate di formaggio prodotte. Una ripresa salutata con favore, soprattutto dopo la battuta d’arresto nel periodo del Covid. A certificarlo è il report pubblicato dall’Osservatorio economico agroalimentare di Veneto Agricoltura in occasione della recente manifestazione Caseus, tenutasi a Piazzola sul Brenta: principale responsabile del rialzo è il Provolone Valpadana (più 26 per cento sul 2023), seguito a larga distanza dal Monte Veronese e dal Grana Padano. Riduzioni invece per Montasio, Piave e Casatella Trevigiana, mentre le produzioni di Asiago si mantengono stabili.
Se anche i dati quantitativi relativi agli ultimi quindici anni mostrano una flessione complessiva nelle tonnellate di forme prodotte, i formaggi Dop continuano a rappresentare una quota imprescindibile dell’economia casearia veneta: secondo gli ultimi dati del Sistema informativo agricolo nazionale (Sian), nel Veneto vengono prodotte 1,2 milioni di tonnellate di latte e quasi la metà (47,9 per cento) sono destinate alla produzione di formaggi Dop nei caseifici regionali. Un sistema, dunque, che per la Regione ha un valore fondamentale, e non solo dal punto di vista economico, rappresentando una tradizione secolare che alimenta una filiera cruciale da cui centinaia di imprese e famiglie traggono risorse e sostentamento.
Tra gli allevatori, però, qualche preoccupazione si fa sentire: a settembre c’è stato un calo del prezzo del latte venduto fuori contratto, e si teme un riallineamento al ribasso anche per i contratti in essere. «C’è troppo latte – avvisa Giancarlo Zanon, referente del settore lattiero caseario di Confagricoltura Padova – e questo rischia di far andare giù il prezzo. È vero che il fronte dei formaggi tiene molto bene, soprattutto per quanto riguarda il Grana Padano, che assorbe da solo circa un terzo del latte regionale. Però le previsioni per il futuro non sono rosee, anche alla luce dell’eccesso di burocrazia: dalle normative sul benessere animale a quelle sullo smaltimento dei reflui, le piccole stalle stanno chiudendo e rimangono sulla piazza solo quelle più grandi».
Un altro problema è il ricambio generazionale. «Molti allevatori hanno superato i 60 anni – continua Zanon – e spesso i figli non vogliono proseguire l’attività. Troppo impegno e troppo lavoro, giorni festivi compresi. E per chi volesse partire da zero gli investimenti sono notevoli, nonostante i contributi statali e regionali».
Il turismo legato alle produzioni Dop e Igp è in costante crescita, e proprio l’Asiago Dop è tra le case history più efficaci nel raccontare la cultura agroalimentare italiana. Lo dice il primo Rapporto turismo Dop realizzato da Fondazione Qualivita e Origin Italia con il supporto del Masaf (Ministero dell’agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste).
Sempre più persone scelgono, infatti, la montagna alla ricerca di esperienze autentiche legate al territorio, e tra questi i cosiddetti millennials (dai 25 ai 39 anni), particolarmente attenti alla sostenibilità e al benessere. Le malghe e i caseifici dell’Altopiano dei sette Comuni, produttori di Asiago Dop Prodotto della Montagna (la specialità realizzata interamente sopra i 600 metri e seguendo un più rigido disciplinare), sono diventate mete predilette per il turismo lento e rispettoso, che unisce gusto, natura e identità culturale. Qui possono osservare il lavoro del casaro, ascoltare le tradizioni raccontate dal malghese e assaporare un formaggio che è simbolo di biodiversità, rispetto dell’ambiente e cura del paesaggio.
In linea con il Regolamento europeo 2024/1143, che attribuisce ai Consorzi di tutela un ruolo attivo nello sviluppo turistico, il Consorzio tutela formaggio Asiago ha promosso quindi nuovi strumenti e azioni: mappe delle malghe scaricabili dal sito ufficiale, contenuti digitali e storytelling sui social per illustrare la vita in malga, i valori della Dop e l’identità culturale sulla quale poggia la storia del formaggio Asiago. «Valorizzare il nostro formaggio – spiega Flavio Innocenzi, direttore del Consorzio – significa rafforzare l’identità del territorio, preservare le tradizioni e generare un valore sociale ed economico che guardi al futuro». L’Asiago è in continua crescita: nel 2024 con quasi un 9 per cento a volume sul mercato italiano, ha superato l’1,5 milioni di forme prodotte. E la domanda è superiore alla disponibilità.