Chiesa
Seconda domenica di Avvento (anno A)
Isaia 11,1-10 | Sal 71 (72) | Romani 15,4-9 | Matteo 3,1-12
In quei giorni, venne Giovanni il Battista e predicava nel deserto della Giudea dicendo: «Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino!». Egli infatti è colui del quale aveva parlato il profeta Isaìa quando disse: «Voce di uno che grida nel deserto: Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri!».
E lui, Giovanni, portava un vestito di peli di cammello e una cintura di pelle attorno ai fianchi; il suo cibo erano cavallette e miele selvatico. Allora Gerusalemme, tutta la Giudea e tutta la zona lungo il Giordano accorrevano a lui e si facevano battezzare da lui nel fiume Giordano, confessando i loro peccati.
Vedendo molti farisei e sadducei venire al suo battesimo, disse loro: «Razza di vipere! Chi vi ha fatto credere di poter sfuggire all’ira imminente? Fate dunque un frutto degno della conversione, e non crediate di poter dire dentro di voi: “Abbiamo Abramo per padre!”. Perché io vi dico che da queste pietre Dio può suscitare figli ad Abramo. Già la scure è posta alla radice degli alberi; perciò ogni albero che non dà buon frutto viene tagliato e gettato nel fuoco. Io vi battezzo nell’acqua per la conversione; ma colui che viene dopo di me è più forte di me e io non sono degno di portargli i sandali; egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco. Tiene in mano la pala e pulirà la sua aia e raccoglierà il suo frumento nel granaio, ma brucerà la paglia con un fuoco inestinguibile».
Il cammino personale di ognuno si intreccia con altri cammini. E nei passi di oggi ci sono i rintocchi dei passi di tanti, da sempre. Mi piace pensare che il nostro cammino prosegue quello di altri prima di noi, mentre le antiche profezie e le promesse sempre attuali risuonano oggi con la stessa intensità del passato. Perciò si fa ancora più vivace il nostro percorso di Avvento con la testimonianza e le parole di Isaia e di Giovanni il Battista. Tutto rinvia a un cammino di autenticità perché questo tempo è il kairos nel quale le profezie di sempre si possono ancora una volta realizzare. C’è un innesto di novità, un germoglio di bene, un riscatto possibile per chiunque scelga di compiere ancora una volta un nuovo esodo.
Nel brano del Vangelo di Matteo proposto in questa seconda tappa, ogni luogo, ogni parola e ogni gesto assumono un significato simbolico. Non c’è solo un’esigenza di consapevolezza ma c’è un’urgenza del cuore che interpella, un invito a non disperdere quelle occasioni che il Signore pone nel nostro cammino personale e nella realtà delle nostre comunità. Ieri come oggi sento quanto sia importante per noi saper riconoscere le voci dei profeti perché il profeta è colui che riporta il popolo all’ascolto, che con schiettezza cerca di riaccordare i cuori lontani al cuore pulsante di Dio. E per poter creare le condizioni necessarie per un ascolto profondo è decisivo far risuonare quell’imperativo: «Convertitevi». Chi lo proferisce e proclama è «voce di uno che grida nel deserto», ha coscienza della propria missione, si pone sulla scia degli antichi profeti e sta soprattutto sulla soglia. E proprio l’immagine della soglia ci può aiutare a cogliere l’importanza di questo invito perché la soglia è paradigma dei passaggi decisivi della nostra vita. Dinanzi la soglia possiamo puntare i piedi, essere aggrappati alle nostre convinzioni oppure possiamo trovare il coraggio e tentare di inoltrarci per qualcosa di nuovo e di rinnovato.
L’invito alla conversione è così attuale e urgente perché Giovanni sa che senza un radicale cambio di mentalità il rischio è di farci sfuggire un’occasione propizia di cambiamento e di rinascita. Proprio per questo è necessario “accorrere”, riconoscere che in fondo quella che pensavamo fosse la “terra promessa” con le proprie insidie e meccanicità è diventata una nuova terra di schiavitù. Quell’accorrere è la chiamata a un nuovo esodo nel deserto, affinché Dio possa plasmarci nuovamente come suo popolo e perché sappiamo riconoscere con maggiore predisposizione all’ascolto la sua voce. Infatti, solo abitando il deserto possiamo individuare quale possa essere il nostro orizzonte di libertà, la “terra promessa”. Inoltre, il deserto è il luogo della coscienza, è l’esercizio quotidiano a scavare in profondità, a guardarci dentro; è il luogo che ci aiuta nell’essenzialità e nella nuda realtà a intravvedere le strade chiuse che possiamo aver intrapreso, le vie di fuga che ci deresponsabilizzano nei confronti della storia, i pensieri negativi e inutili che ci rendono cupi, i comportamenti che ci feriscono e inconsciamente feriscono gli altri.
La conversione, quindi, è darsi una mossa perché «il regno dei cieli è vicino»: questa vicinanza prossima di Dio, questo appuntamento inscritto da sempre nella mia storia, non può non farmi sentire la consapevolezza che è un’occasione unica e seria. Proprio per questo, la conversione non può essere un’operazione di facciata, non è un tentativo scaltro di aggiungere qualche buona azione come un trofeo da rivendicare nelle giustificazioni quotidiane.
Giovanni il Battista – un uomo di Dio credibile che ha la chiara consapevolezza di sé e della sua missione – non può che denunciare in quel «razza di vipere» tutti quei tentativi esteriori mossi a preservare i propri ruoli o a esibire i propri meriti.
Non ci può essere una conversione autentica senza il coraggio di oltrepassare la soglia, di varcare il confine, di scendere nelle acque del Giordano e scegliere con piena libertà e coscienza che quell’immersione di acqua non è che il primo passo per un successivo battesimo «in Spirito Santo e fuoco». Entrare nuovamente in quelle acque di rinnovamento significa credere che il Signore dalle nostre radici malate e da un tronco rinsecchito, fa spuntare un nuovo germoglio. È l’azione dello Spirito che si è posato e si continua a posare nella vita delle persone che sanno risvegliare la speranza e riconoscono che solamente i veri cambiamenti sanno innestare qualcosa di nuovo e di credibile in ciò che umanamente sembrava impossibile. Di passaggio in passaggio, di tempo in tempo, di promesse richiamate al cuore e riconosciute da cuori aperti, possono crearsi giorno dopo giorni le condizioni interiori per sentire i passi di Dio che sono sempre più vicini.