Chiesa
A volte si vorrebbe, senza averne piena consapevolezza, piegare la vita alla programmazione decisa, far scorrere il tempo secondo l’agenda e che le proprie aspettative avessero una buona ricompensa. L’esperienza poi rivela che le cose non funzionano così. La vita quasi mai esaudisce i nostri progetti e – visto che certi semi possono rimanere nel terreno anche per anni in attesa delle giuste condizioni per germogliare e crescere – il frutto di quel che si fa non matura secondo le stagioni del proprio calendario.
Da ciò possiamo imparare a non ostinarci a obbedire solo alla programmazione, ma credere anche alla lungimirante libertà di tornare a seminare, con generosità e fantasia. Perché questa semina possa essere fruttuosa, ogni cosa che si penserà di fare dovrà essere composta di bontà. Non importa se non sarà
perfetta, basterà che sia fatta con bontà. Non importa se sembrerà inefficace o addirittura inutile,
l’importante è che sia fatta con bontà. Tante e tante volte ho potuto sperimentare la verità di un pensiero che molti anni fa il parroco del mio paese mi disse quando iniziai l’esperienza di giovane catechista:
«I ragazzi non si ricorderanno niente di quello che tu dirai loro. Si ricorderanno solo se avrai voluto loro bene, se si divertiranno a stare con te… solo questo li potrà aiutare a fare esperienza di Vangelo». E aveva ragione.
Basta guardare la propria esperienza: si può aver stimato la preparazione e la competenza di un insegnante, ma poi ci si ricorda il modo con cui ci ha trattato; si può ammirare il profondo pensiero di qualcuno, ma se questa poi non diventa capacità di incontrare e parlare alla vita delle persone, rimane solo esercizio fine a se stesso. È così anche per il Vangelo. Anche oggi si trasmette per contatto, per induzione, per testimonianza.
Sono grato a tutte le persone che così sono state e che così continuano a essere: buone, semplici, concrete, vicine, presenti. Sono grato per ogni gesto di gentilezza compiuto con spontanea semplicità, per il continuare a prendersi cura delle persone e dell’ambiente anche quando non si è ricambiati, sono grato a
chi ha lasciato il buon profumo di una presenza fedele e attenta e mai invadente.
Nelle comunità in cui ho vissuto e negli ambienti con cui, a vario titolo, sono stato in contatto ho sperimentato che quanto si dice, si proclama, si insegna, si esige passa solo nella misura in cui lo si vive, lo si testimonia per primi. E spesso, tante persone, anche non credenti, mi hanno aiutato a credere nel bene. Con l’esempio, più che con le parole, hanno seminato in me, anche da adulto, un po’ di Vangelo, un po’ di fiducia nel bene, un po’ di coraggio, un po’ di generosità.
Credo faccia bene riconoscere questo bene, esserne grati. Anche in questo modo il Signore si fa presente e agisce. Per questo credo sia sì importante pensare, anche nelle nostre comunità, a quel che c’è da fare e programmarlo con intelligenza, ma ancor più importante è non dimenticarsi di scegliere sempre come primo ingrediente alla riuscita di ogni iniziativa, di ogni impegno, di ogni proposta la bontà d’animo. Penso a una bontà nello sguardo, nella risposta, nel saluto, nell’ascolto, nella condivisione, nell’incoraggiamento, nel giudicare, nell’accogliere, nel capire e rispettare i tempi diversi, nel tenere la porta aperta anche quando ci verrebbe da chiuderla. Una bontà che sappia di fiducia nel bene, ricordandoci che il Signore instancabilmente lo semina anche oggi in tutti i suoi figli.
Più che ammalarsi di “lamentite” o di “lagnite acuta”, più che rimpiangere quel c’è stato, più che sprecare tempo ed energie in inutili tentativi di obbligare la realtà, le persone, i genitori, i ragazzi, i giovani, le comunità a essere – vedi quanto scritto sopra – come ci piacerebbe fossero, più che criticare quel che c’è, quel che viene o non viene fatto, più che fermarsi ai numeri delle presenze o assenze delle persone, per non trovarci poi seduti nel numeroso gruppo degli sfiduciati è meglio allenarsi ogni giorno ad avere gli occhi di Gesù, che sapeva riconoscere anche nelle persone considerate irrecuperabili o lontane o peccatrici “un figlio di Abramo”.
Il Signore è presente anche in questo tempo, è all’opera dentro e fuori delle nostre comunità, lo è prima di noi e a volte anche nonostante noi. Torniamo alla generosità e alla fiducia del seminatore, seminiamo con gratitudine, con bontà e libertà.