Idee
Siamo già in procinto del Natale e ancora non abbiamo avuto occasione di parlare dei fioretti d’Avvento che ricalcano l’espressione quaresimale ed hanno ancora un forte significato per la nostra vita spirituale.
Prepararsi al Natale impegna ciascuno a liberare l’anima da ciò che la opprime e la rende grigia. È importante liberare l’anima quando è troppo occupata da cose e da recriminazioni, per lasciare entrare Gesù, per fare spazio a Lui. I fioretti di Avvento hanno prima di tutto questa funzione di liberazione.
Bisogna fare un poco di discernimento e confessare a sé stessi cosa occupa la propria anima e proporsi un percorso di liberazione. In tale ottica la famiglia è importante perché è qui, anzitutto, ai membri della famiglia che si chiede di condividere, di aiutare in questo cammino.
Ciascuno definisce i propri fioretti, individuali, spesso possono essere vissuti anche nel segreto, ma ci sono fioretti che possono essere comuni a tutta la famiglia. Pensiamo alla sobrietà del cibo, al proporsi una maggiore comprensione reciproca, alla disponibilità all’aiuto nei confronti degli altri, a proporsi di ringraziare esplicitamente per il dono dell’affetto che si riceve. Se nel primo caso si tratta di rinunciare concretamente a qualcosa che ci fa gola, negli altri casi è piuttosto uno stile, un atteggiamento che ci viene chiesto di mettere in evidenza.
Uno degli ambiti più significativi per compiere dei fioretti è l’attenzione ai poveri. A quelli vicini, a quelli lontani. I poveri devono anche essere cercati. Pensiamo alle situazioni di solitudine magari presenti nel proprio quartiere. Ci sono poveri che a causa della loro storia e della loro indole rimangono fuori dall’assistenza e dalla rete di aiuti. È a loro che ci possiamo avvicinare con gesti di prossimità, all’insegna della generosità e dell’amicizia.
Un fioretto concretissimo è quello di impegnarsi a regalare sollievo a un povero, magari facendo un sacrificio sull’uso dei soldi per aiutare, insieme come famiglia, quella persona che è nel bisogno.
La famiglia potrebbe proporsi di condividere un piccolo progetto di adozione di un povero o di una famiglia indigente. L’obiettivo oltre all’aiuto economico sarebbe la conoscenza reciproca fra i papà, le mamme e i figli. Non c’è dubbio, infatti, che dove si instaura una relazione autentica sia più facile donare, ma anche ricevere.
Lo stile con cui si dona è fondamentale. Importante è donare sapendo che nulla è nostro e tutto è di Dio, cancellando anche il più piccolo resto di presunzione o superbia per quello che si è e si ha, ma condividendolo, invece, con grande umiltà. Un dono ad un povero è come portarlo alla grotta di Gesù. Quando si dona ad un povero, si dona a Gesù e questo genera gioia.
Liberare l’anima per lasciare entrare la luce di Gesù; portare a Gesù il dono di un sacrificio per i fratelli poveri, genera gioia nel cuore. Una famiglia che si educa a questo donare sperimenta una gioia concreta e duratura che riguarda sia i grandi sia i piccoli.
Perché la gioia di Natale, quella vera, è certamente stare insieme ma con gli occhi che brillano e col sorriso di chi va ad accogliere il dono di Gesù.