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Riscaldamento globale. In Veneto il caldo è più intenso
Nella nostra regione ogni decennio la temperatura sale di mezzo grado centigrado, contro un terzo a livello globale. I dati dell’Arpav
IdeeNella nostra regione ogni decennio la temperatura sale di mezzo grado centigrado, contro un terzo a livello globale. I dati dell’Arpav
C’ è una correlazione tra le gelate tardive in primavera e il surriscaldamento globale? Qualcosa è stato ipotizzato, ma attualmente non ci sono conferme. C’è un’evidenza, però, raccolta dagli studi dell’Ipcc: il surriscaldamento globale sta anticipando sempre più le fioriture che così coincidono con i mesi più freddi dell’anno. Un vulnus nel sistema di raccolta agricola con cui ogni hanno i produttori si scontrano. Anche in Veneto, a dimostrazione, qualora ce ne fosse ancora bisogno, degli effetti anche ravvicinati causati dall’aumento della temperatura. Da aggiungere alla lista anche siccità, variazione repentina del clima, innalzamento del livello del mare e anche il ritiro dei ghiacciai: nelle osservazioni a commento del lavoro del gruppo II sul rapporto Ipcc, infatti, è emerso che il tasso di scioglimento è aumentato di 1,5-2 volte all’inizio di questo secolo rispetto al periodo 1950-2000 di tutto il mondo. Con le Alpi che procedono a un ritmo più veloce rispetto alla media globale.
«L’aumento delle temperature, di cui ormai tutti parlano, è ben evidente anche in Veneto, in particolare a partire dalla seconda metà degli anni Ottanta – spiega il Servizio meteorologico Arpav, l’agenzia regionale per la prevenzione e protezione ambientale del Veneto – Le 110 stazioni automatiche termometriche, operative dal 1993 a oggi, manifestano tutte un trend di incremento statisticamente significativo. L’incremento medio osservato è preoccupante: più 0,52°C per decennio. Considerando le sole aree pianeggianti il trend di crescita delle temperature medie annuali sale a più 0.56°C per decennio. Questi trend mostrano valori di incremento superiori a quanto riscontrato globalmente (per le terre emerse c’è un trend di più 0.33°C per decennio), ma che rispecchiano l’attribuzione dell’area mediterranea ai “punti caldi” del pianeta, aree per le quali l’aumento delle temperature sta procedendo a una velocità maggiore rispetto alla media globale». Dati alla mano, l’aumento del numero di notti tropicali, definite come giorni con temperatura minima superiore ai 20 gradi (e pertanto impedisce il raffrescamento notturno delle nostre abitazioni) sulle aree di pianura del Veneto risulta di più 6,3 giorni per decennio a fronte di una media trentennale di 13,7 giorni per queste aree. Al contrario la diminuzione media del numero di giorni con temperatura minima inferiore a 0 gradi è inferiore di 8,9 giorni per decennio sempre sulla nostra regione. Ricordiamo ancora tutti l’anomalia termica dell’estate 2003. Dalla montagna alla pianura, a partire da fine maggio, le temperature si mantennero quasi costantemente fino a fine agosto sopra i 30°C: «Quella eccezionalità di ondata di calore nel trimestre estivo costituisce un record assoluto – ricorda il Servizio meteorologico Arpav – ma è possibile osservare, dall’andamento della media decennale, come nel corso del trentennio i valori siano progressivamente aumentati: negli ultimi anni risaltano il 2015, il 2012, il 2019 ed il 2017».
L’Arpav per valutare la situazione odierna del territorio utilizza anche il tasso di umidità che in presenza di alte temperature ostacola la termoregolazione del corpo umano acuendo la percezione del calore. Per tenere in considerazione la temperatura percepita durante le ondate di calore si utilizza l’Humidex, un indicatore che combina i dati di temperatura e di umidità relativa, definendo le ondate di forte disagio fisico come un periodo di almeno 3 giorni consecutivi con l’indicatore medio giornaliero superiore a 35 °C: «Questo indicatore evidenzia una maggiore incidenza sulla costa dei periodi di forte disagio fisico rispetto al resto delle aree pianeggianti del Veneto. Mediamente, nell’ultimo decennio, le aree di pianura hanno registrato otto giorni di forte disagio fisico all’anno, in crescita rispetto alle quattro giornate del decennio precedente e alle 2,3 giornate degli anni Novanta. Il trend positivo è statisticamente significativo su tutta la pianura veneta ed è maggiore per la costa rispetto all’entroterra». Tutto questo, in parole povere, come si traduce per il singolo cittadino? Che ricadute si possono avere nel quotidiano? L’Arpav collega l’aumento delle temperature, nella stagione estiva, con un maggior consumo di energia elettrica per il raffrescamento degli edifici pubblici e privati. Un indicatore per la stima del fabbisogno energetico è data dal Cooling degree days, un indice che definisce il numero dei giorni in cui i gradi di temperatura si discostano da una temperatura data e che determinano l’aumento del consumo di energia: «Il trend è positivo e statisticamente significativo: per la pianura vale più 28°C per decennio, passando dai 42 °C degli anni Novanta ai 73 °C del secondo decennio e infine ai 94 °C del periodo 2011-2020 con valori maggiori si riscontrano sulla pianura interna centro-occidentale».
Le gelate tardive del 7 e 8 aprile scorsi, quando di notte la temperatura scese fino a meno 7 gradi, hanno bruciato il 90% delle pere (varietà Abate, Conference, Williams, Kaiser, Decana) che stavano maturando e il 75% delle mele coltivate nell’area della Bassa Padovana. La testimonianza è di Antonio Quota, titolare dell’azienda agricola biologica Barbona Chiesa di Barbona. A motivo di gelate non prevedibili, Cia Padova stima che nel 2021 l’ammontare del fatturato totale sarà di circa 3 milioni di euro, con un calo rispetto agli ultimi dati disponibili dell’80 per cento.