Idee
L’incubo di Putin. Anna Politkovskaja, voce libera
È il 7 ottobre 2006, il giorno del 54° compleanno di Vladimir Putin e una giornalista viene uccisa nell’androne di casa, con le buste della spesa ancora in mano.
IdeeÈ il 7 ottobre 2006, il giorno del 54° compleanno di Vladimir Putin e una giornalista viene uccisa nell’androne di casa, con le buste della spesa ancora in mano.
Era Anna Politkovskaja e la sua unica colpa era di aver scritto la verità su cosa vedeva in Russia e in Cecenia. Da questo punto di partenza si sviluppa il libro L’incubo di Putin. Anna Politkovskaja, voce libera (Alba edizioni, maggio 2022, 244 pagine) di Cecilia Alfier. La studiosa, originaria di Albignasego ma residente a Settimo Torinese, ha dedicato alla giornalista russa la sua tesi magistrale in Scienze storiche discussa all’Università di Padova e, rivista e corretta, è ora uscita sotto forma di libro. Con il suo essere e raccontare Anna Politkovskaja ha generato crepe nella solidità di un castello propagandistico, vedendo Putin con occhi diversi. Come si sente oggi l’uomo e il politico? «Il livello di consenso in Russia è sempre molto alto, non solo per la propaganda ma anche perché non si sentono alternative: Alexei Navalny è potente ma non incisivo e diciamo che chiunque faccia opposizione ha una vita molto breve. Parlare di post Putin in Russia è un tabù, l’anno scorso ha firmato la legge che gli permette di candidarsi altre due volte alla presidenza, garantendosi ipoteticamente di stare al timone fino al 2036. Non credo succederà perché ha gravi problemi di salute, ma il problema è che se muore lui ha comunque creato un sistema di gerarchie talmente potente che non assisteremo a un cambio epocale. Putin è il problema di quello che ha creato, anzi Putin e quello che ha creato sono il problema: non sarà la sua figura a far cambiare lo scenario della prossima Russia, la sua azione è stata comunque appoggiata». Anna Politkovskaja ha sacrificato la sua stessa vita per raccontare la verità di quanto accadeva in Cecenia non solo tra la popolazione, ma nelle stesse fila dei soldati russi, vittime degli stessi superiori. In eredità ha consegnato coraggio e atteggiamento critico e anche una cruda consapevolezza: «l’omicidio ha dato un risalto internazionale alla donna e questo è un po’ il brutto di questa storia perché un giornalista dev’essere ammazzato per essere ascoltato» riflette Alfier. Oggi cosa significa fare opposizione in Russia e qual è l’incubo odierno di Putin? «Fare opposizione significa anche oggi dire la verità, mi verrebbe da dire “semplicemente la verità”, quello che si vede. Con il discorso del 2007 Putin aveva annunciato una svolta sovranista, diventando ancora più pericoloso: l’abbiamo lasciato agire già “in tempi non sospetti” e la guerra in Ucraina è la conseguenza di tutto questo. Gli incubi odierni di Putin possono essere Navalny, la Novaya Gazeta anche se viene imbavagliata, e noi che ci impegniamo a informarci sempre correttamente».
«Il rapporto stretto fra politica e menzogna, già noto a Platone, diventa ancor più stretto quando la politica lascia il posto alla guerra. Su questo Hannah Arendt ha scritto testi importanti: la menzogna e la propaganda sono potentissime armi di guerra e contribuiscono a rinfocolarla. Quello che mi colpisce, oggi, però, non è solo l’eccesso di informazioni che impedisce di distinguere le fake news dalle verità fattuali, ma anche e soprattutto la spettacolarizzazione della guerra, trasformata in un teatro violento per il dibattito televisivo e il divertimento degli utenti. Sui social, ovviamente, la situazione è ancora peggiore. Se ne ricava un’impressione di irrealtà e naturalmente una confusione mentale che non distingue i fatti dalle finzioni».