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Il mondo al contrario. La violenza contro insegnanti e medici
Ragazzi in classe con armi al seguito e decine di aggressioni al personale medico in servizio. Che cosa ci sta succedendo?
IdeeRagazzi in classe con armi al seguito e decine di aggressioni al personale medico in servizio. Che cosa ci sta succedendo?
Partiamo dai fatti di cronaca. Due del primo caso, resi noti negli scorsi giorni, provenienti dai confini della nostra Diocesi. Quello più grave si è verificato a Rovigo, dove in un istituto superiore una docente ha denunciato l’intera classe dopo essere stata colpita da una scarica di pallini sparati da una pistola ad aria compressa: la scena è stata ripresa con uno smartphone e data in pasto ai social. La scuola sospende tre alunni – ragazzi di prima, appena usciti dalle medie: chi ha premuto il grilletto, chi ha registrato il tutto e chi ha portato l’arma a scuola per nasconderla dopo il fatto. La docente ritiene complice l’intera classe. Uno dei genitori dei sanzionati fa ricorso e ottiene il blocco della sospensione Più a nord, Bassano del Grappa, altra scuola superiore. Dallo zaino di un ragazzo spunta la canna di una pistola, senza il tipico tappo rosso che indica un’arma giocattolo. Una professoressa attiva la dirigenza. Viene fuori che si tratta di una scacciacani, lo studente assicura che l’arma è del padre, il genitore nega e si dice «sorpreso» dal comportamento del figlio. Passando al secondo caso, il Sistema informativo per il monitoraggio degli errori in sanità (Simes) del ministero della Salute ha reso noto nei giorni scorsi che nel corso del 2022 sono ben 85 gli atti di violenza contro medici e operatori sanitari segnalati dalle Regioni, con situazioni particolarmente gravi in Sicilia e Puglia, ma il ministro Schillaci ha chiesto a tutti i governi locali di aggiornare i dati. Il presidente della Federazione nazionale degli Ordini dei medici e degli odontoiatri, Filippo Anelli, ha parlato di eliminare i turni notturni delle guardie mediche in poli periferici, di accorpare l’attività in siti più grandi, ma anche della presenza delle forze di polizia negli ambulatori e dei pronto soccorso e, in mancanza di personale, di mobilitare l’esercito. L’impressione è quella di trovarsi di fronte alla punta di un doppio iceberg. Parlando con gli addetti ai lavori, nelle scuole fatti incresciosi sono all’ordine del giorno. Nelle colonne dei giornali o nei titoli dei tg arrivano solo quelli più eclatanti, ma docenti e personale ne avrebbero da raccontare… Lo stesso vale anche per i medici. Il dato di 85 aggressioni su scala nazionale è gravissimo, ma episodi di aggressività, contestazione, protesta pesante al punto da sfociare in molestia capitano tutti i giorni negli studi dei medici di medicina generale.
Da un lato c’è il malessere di adolescenti e giovani. Chi opera con loro, nell’alveo dei servizi sociali, ci dice che le reazioni al disagio sono oggi estreme, al punto di arrivare a progettare l’eliminazione dell’adulto di riferimento. Ci si chiede, la scuola ha compreso lo stato d’animo dei suoi alunni o è del tutto concentrata sul recupero delle lacune in termini di programma causate dal Covid? Invitiamo tutti gli insegnanti tra i nostri lettori a raccontarci quello che vivono ogni giorno in classe, come gli istituti si stanno prendendo cura di questi ragazzi a cui la pandemia ha tolto molto più che agli adulti. E poi ci siamo proprio noi, gli adulti. In preda allo sconforto, viene da pensare che oggi l’interesse personale o familiare abbia travalicato ogni sistema di valori. Pronti a tutto pur di non rimetterne, di non pagare in termini economici o di reputazione, arriviamo anche a negare la lezione più importante per un figlio che ha sparato in classe a un’insegnante. Non siamo capaci di sopportare la punizione (quella inflitta ai figli a volte pesa di più di quella rivolta a noi stessi) qui e ora, nemmeno quando è chiaro che si tratta di un investimento per il futuro di un ragazzo che manifesta sintomi di disagio. Qualcosa si è inceppato a livello culturale e formativo. Qualcosa che lo Stato e le leggi non possono fluidificare. Dobbiamo tornare a riprenderci le nostre responsabilità e testimoniarle ai più giovani.