Idee | Lettera.DLa missione Juice scatterà ad aprile per esplorare Europa, Callisto e Ganimede dove potrebbero esserci forme di vita elementari. Come la Terra del passato (e del futuro?)
Cos’hanno a che fare i satelliti medicei, che si muovono attorno a Giove come fosse il loro Sole, con la ricerca della vita nel Sistema Solare? Non è Marte, piuttosto, il pianeta su cui si stanno concentrando gli sforzi umani in questa direzione? Si è parlato molto di Perseverance, che sta continuando ormai da un paio d’anni a girellare sul pianeta rosso, raccogliendo campioni di terra e rocce sul fondo del cratere Jezero. Eppure nell’aprile di quest’anno è in programma la partenza di Juice (Jupiter Icy Moon Explorer), la nuova missione dell’Esa (l’Agenzia spaziale europea) che dalla base di Kurou, nella Guyana Francese, raggiungerà Giove e studierà le sue lune ghiacciate: Ganimede, Europa e Callisto. Ognuna di loro ha delle caratteristiche peculiari. Sappiamo già che Europa molto probabilmente nasconde, sotto allo strato superficiale ghiacciato, un vasto oceano che contiene le molecole principali alla base della vita, scoperte studiando i geyser di vapore acqueo che sbuffano dalla sua superficie. Le forze mareali di Giove stirano e contraggono il suo nucleo roccioso (come la luna fa con gli oceani), causando forti attriti, il calore dei quali permetterebbe all’acqua di rimanere liquida e probabilmente di rendere l’ambiente ospitale per la vita microbica. Callisto è il corpo celeste con più crateri del Sistema Solare, anch’esso potrebbe nascondere un oceano d’acqua sotto i 100 chilometri dalla superficie ghiacciata e, a differenza degli altri satelliti principali, non subisce l’influsso mareale di Giove né è influenzato dalla sua magnetosfera. Ganimede, infine, è l’unico satellite del Sistema Solare di cui è nota l’esistenza di un campo magnetico proprio, derivante dai moti convettivi del nucleo di ferro fuso, e di una debolissima atmosfera di ossigeno e altri elementi; infine, come gli altri due, potrebbe avere un oceano interno di acqua liquida. Da quanto detto finora si può intuire l’importanza di una missione che vada a studiare le caratteristiche di questi mondi ghiacciati: forse più ancora di Marte rappresentano i luoghi dove oggi, nel Sistema Solare, potremmo trovare tracce di vita aliena. Eppure si tratta di mondi così diversi dal nostro che sembra impossibile pensare che qualcosa sia in grado di viverci. In realtà anche nel nostro pianeta esistono forme di vita capaci di adattarsi alle condizioni più severe: pensiamo per esempio ai batteri estremofili che crescono in ambienti vulcanici o sul fondale degli oceani, a temperature e pressioni impensabili per noi. Sembra quasi che alla vita non serva poi così tanto per potersi mettere in moto e svilupparsi in forme nuove e incredibili.
Durante il dibattito finale del primo incontro del ciclo di conferenze “Cosa possiamo sperare? Tra scienza e fede: futuro oltre i limiti”, che si sta svolgendo presso la sede di Padova della Facoltà teologica del Triveneto in collaborazione con l’Università di Padova, ci si chiedeva se la vita del nostro pianeta sia ormai così legata al destino dell’uomo da non poter sopravvivere alla nostra estinzione. Se pensiamo che l’essere umano già sta sfruttando impunemente le risorse della Terra, ogni anno sempre più, al punto da non permetterle di rigenerarsi per il successivo, quando e se ci troveremo a fare i conti con la nostra sopravvivenza probabilmente avremo tra le mani un pianeta già ridotto in macerie. Forse la vita avrà ancora la possibilità di esistere, in quelle forme poco conosciute o sottovalutate, che oggi stiamo cercando in altri mondi. La missione Juice fa riflettere su questo aspetto: la speranza, ragionevole, basata su dati scientifici, è affidata in questo caso a forme di vita semplici, elementari, come forse lo erano sulla Terra qualche miliardo di anni fa, capaci di proliferare non appena le condizioni ambientali lo permettono. Non si tratta di una speranza che parla necessariamente al futuro, quanto piuttosto uno sguardo capace di farci vedere il nostro passato per riflettere sul presente, rendendo prezioso ciò che di più piccolo e fragile esiste attorno a noi. Tuttavia la Speranza, nel senso cristiano del termine, è qualcosa di diverso: è sapere che anche la più piccola forma di vita, terrestre o aliena, ha la sua dignità e importanza, e sarà parte di quei «nuovi cieli e nuova terra» attesi con impazienza dalla creazione; è sapere che siamo chiamati a custodire e rispettare quella vita che troppo spesso maneggiamo senza cura o sfruttiamo indiscriminatamente. E questo non sarà mai detto e ripetuto abbastanza.
