Idee
«Adulti, che esempio siamo?». La vicenda di Giulia, tutti i ceti sono esposti
La vicenda di Giulia “dimostra” che non esiste un ceto sociale o geografico meno esposto di un altro. E allora si deve insistere sull’educazione
IdeeLa vicenda di Giulia “dimostra” che non esiste un ceto sociale o geografico meno esposto di un altro. E allora si deve insistere sull’educazione
«I n base alla nostra realtà, alla nostra struttura, quale messaggio possiamo veicolare? Abbiamo così pensato al tema della prossimità, all’educazione di prossimità: proviamo a instillare una riflessione nelle persone più vicine a noi, nel nostro quartiere o con cui collaboriamo come il gruppo scout o la Caritas». Emiliano Marchioro è educatore e responsabile della comunità educativa Opera casa famiglia di Padova che da anni accoglie adolescenti italiane e straniere. Dallo spunto sopracitato è nato l’appuntamento che la struttura organizza in sede sabato 25 novembre con la psicologa e psicoterapeuta Maria Elisa Antonioli. Quando una relazione non è più positiva ma diventa una relazione tossica o malata? Come essere d’aiuto e chi sono gli attori da mettere in campo? «Non tutti posso fare tutto: il buon cuore non basta se non è accompagnato dalla professionalità. Certamente gli adulti devono stare in mezzo ai giovani, devono ascoltare e la scuola è il primo spazio di ascolto, di crescita. Poi ci sono i servizi sociali che si possono allertare in maniera informale, spiegando i timori di quello che si osserva; ci sono gli allenatori de centri sportivi o gli educatori che praticano a domicilio. Psicologhe e psicologi fanno un lavoro preziosissimo, ma hanno spesso contratti part-time e si sobbarcano carichi notevoli. Abbiamo la responsabilità di segnalare, ma prima di riconoscere i segnali di una relazione che diventa possesso, quando io ho valore solo se una persona me la dà, sono elementi che gli adulti devono codificare. A questo si devono aggiungere le famiglie che sappiamo essere oggi strutture in difficoltà. La storia di Giulia ci dice di due famiglie, passatemi il termine, “semplici”: non esiste un ceto sociale escluso o meno esposto. La società, però, deve aiutare perché non si può demandare ai genitori. Il discorso della sorella di Giulia denuncia questo: le donne sono lasciate sole perché gli uomini non sono educati e formati». La sorella di Giulia ha anche parlato di educazione sentimentale e di uomini che non devono voltarsi dall’altra parte quando vedono amici o colleghi morbosi e violenti: «Se noi non partiamo da un’educazione affettiva e sessuale delle nuove generazioni, noi non potremo pensare di costruire un società dove la donna è rispettata e libera di essere qualunque cosa voglia essere. Quando tu dai un esempio positivo, loro ti seguono, riconoscono in te un’autenticità e una positività. Noi demonizziamo sempre i giovani dicendo che seguono solo i cantanti trapper e violenti, ma noi abbiamo provato come adulti a dare esempi positivi diversi? Abbiamo fatto il nostro come società?».