Idee
Pace giusta ed esplicita. L’intervista di don Nandino Capovilla
Don Nandino Capovilla: «L’Italia si astiene dal voto sul cessate il fuoco. Oltre alle responsabilità di Israele, ci sono anche le nostre ipocrisie»
Don Nandino Capovilla: «L’Italia si astiene dal voto sul cessate il fuoco. Oltre alle responsabilità di Israele, ci sono anche le nostre ipocrisie»
«Parlo da italiano: io ora dovrei prendere un treno, andare di fronte alla sede del mio Parlamento e dire “Non nel mio nome”. L’Italia si è più volte astenuta dal votare a favore di un cessate il fuoco all’Assemblea generale delle Nazioni Unite. Non si tratta solo delle responsabilità di Israele e dei veti statunitensi, ma anche nostre e della nostra ipocrisia». Risponde così don Nandino Capovilla, membro della campagna “Ponti e non muri” di Pax Christi, quando gli chiediamo come mai, a sette mesi dall’attacco di Hamas del 7 ottobre e dall’inizio dell’offensiva israeliana contro la Striscia, senza precedenti nella storia recente in termini di brutalità, le numerose richieste di un cessate il fuoco sono evidentemente cadute nel vuoto e addirittura la situazione sembra precipitare ulteriormente. Nonostante il sì di Hamas alla proposta di un cessate il fuoco stilata dall’Egitto, arrivato in un momento in cui i negoziati al Cairo sembravano in stallo e l’offensiva israeliana via terra su Rafah era alle porte, l’esercito dello Stato ebraico non ha dato cenni di esitazione nel proseguire le azioni militari. Mentre il Governo israeliano dichiarava che avrebbe mandato una delegazione nella capitale egiziana per valutare la bozza dell’accordo, nella notte tra il 6 e il 7 maggio le truppe israeliane hanno penetrato a Rafah arrivando a occupare il valico di frontiera con l’Egitto, mentre i bombardamenti martoriavano l’intera città già da un giorno e una notte. Don Nandino, di fronte a tutto ciò, quando chiediamo la pace in Terra Santa, di che pace stiamo parlando? «Deve essere una pace giusta, cioè che parta dal riconoscimento delle responsabilità dello Stato di Israele e dalla fine della colonizzazione e dell’occupazione. Dobbiamo essere espliciti, questo vale in generale ma anche specificamente per i cristiani: quando chiediamo la pace per la Terra Santa non dobbiamo pensare a posizioni generiche, che purtroppo sono frequentissime sia nella Chiesa che nella società italiana. In questo senso Kairos Palestina, network di associazioni cristiane palestinesi e internazionali, sottolinea come spesso si preferisca non denunciare lo Stato di Israele, perché se lo si fa si viene accusati di antisemitismo o di essere “di parte”. Come opinione pubblica internazionale abbiamo contribuito a creare la situazione di oggi limitandoci a galleggiare in un tentato equilibrismo e limitandoci a dire “preghiamo per la Terra Santa”. Ecco, questo non basta». Ma per raggiungere questa pace giusta, di fronte a un mondo che continua ad armarsi e alle brutalità commesse in Palestina, che cosa può aiutarci a continuare a credere nella resistenza non violenta? «Ci aiutano i palestinesi stessi. Chi è andato in Palestina ha imparato la risposta non violenta da chi vive lì. Pensiamo ai volontari internazionali che vanno in villaggi come At-Tuwani, nelle colline a sud di Hebron dove i coloni fanno da padroni e le forze militari israeliane li supportano. Sono gli abitanti palestinesi a insegnare come non rispondere al soldato che li provoca, ma ad andargli incontro con le mani alzate, solamente con una telecamera, chiedendo rispetto e la fine delle violenze. Siamo in contatto anche con le associazioni pacifiste israeliane, oltre che con quelle palestinesi: il nostro impegno è quello di sostenere tutte le comunità, cristiane e non, che credono che sia possibile raggiungere questa pace giusta attraverso il dialogo, la negoziazione e il rispetto dei diritti».
Un appello affinché arrivino pressioni su Israele e sulle altre parti interessate per concludere un accordo con Hamas che riporti a casa gli ostaggi trattenuti nella Striscia di Gaza. È quello che porta la firma del Forum delle famiglie degli ostaggi e dei dispersi che parla di «momento cruciale» con «un’opportunità concreta per il rilascio degli ostaggi». Intanto nelle ore di trattativa sull’accordo poi saltato, parrebbe che Hamas avesse informato i negoziatori che non tutti i 33 ostaggi, che sarebbero stati liberati nella prima fase di un possibile accordo di cessate il fuoco con Israele, sono ancora vivi e che i resti di coloro che sono morti sarebbero tra quelli poi rilasciati inizialmente. Secondo il Jerusalem Post, invece, anche gli altri cento ostaggi (dei 133 totali), detenuti nelle mani di Hamas dal 7 ottobre scorso, sarebbero già morti.
Pax Christi presenterà l’appello di Pasqua “Fermate il Genocidio” di Kairos Palestina mercoledì 15 maggio a Padova, alle 18 presso il Tempio della Pace in Via Niccolò Tommaseo 47. Tra i temi dell’evento le testimonianze e le riflessioni di don Nandino Capovilla e Betta Tusset, gli aggiornamenti sulla situazione nella Striscia e in West Bank, la sensibilizzazione alla pace e l’indicazione di associazioni che forniscono assistenza umanitaria nella regione.