Idee«La fede divide ma la carità unisce». Don Moreno Cattelan, missionario orionino padovano è da anni attivo in Ucraina, soprattutto a Kiev e proprio nella capitale ucraina è rientrato da poco, dopo aver passato qualche giorno in Italia per partecipare alla revisione del capitolo della congregazione Piccola opera della Divina Provvidenza.
Sono giorni difficili per il Paese europeo invaso dai russi: pesano l’ennesimo anniversario di guerra e i rivolgimenti della politica internazionale ma anche, soprattutto, serpeggia lo scoramento e le divisioni interne alla comunità si fanno laceranti. È il caso della condizione di quanti sono rimasti fedeli alla chiesa ortodossa moscovita, ai quali è precluso l’accesso ai luoghi di culto. «Già prima della guerra gli ortodossi ucraini che non riconoscono Kirill si sono staccati dal patriarcato di Mosca – spiega don Moreno che racconta di come oggi l’esercito presidi chiese e monasteri e chi prega in russo non è benvisto – C’è un contrasto, una lotta tra cristiani e c’è la guerra. Il paradosso è che siamo in questa situazione dove la preghiera divide ma la carità unisce: noi facciamo un servizio di carità come chiesa greco-cattolica ma lo facciamo insieme agli ortodossi che si riconoscono nel patriarcato di Mosca, lo facciamo con i protestanti e lo facciamo con tutti quando ci troviamo, il mercoledì, a distribuire duecento pasti caldi. Lì nessuno fa la guerra, la maggior parte sono profughi del Donbass, quindi parlano russo, ma nessuno dice loro “stai zitto non parlare russo”, oppure mi dice “no non dare la minestra, non dare i vestiti a questo qui perché parla russo”». Ma com’è la situazione di quanti vivono oggi in Ucraina? «Al mercato si trova tutto ciò che serve per vivere, certo costa tutto molto perché i prezzi non sono triplicati ma quasi centuplicati anche per le cose più semplici come il pane, le uova e le bollette». La tregua o la pace che verranno, perché la convinzione è che si sia vicini quantomeno a un cessate il fuoco, troveranno non solo un Paese in macerie per buona parte del suo territorio e una comunità divisa ma anche una società inevitabilmente immiserita da anni di guerra: «Ci sarà un aumento della povertà che sarà esponenziale perché già adesso vediamo quanto è difficile vivere. Qui non si tratta di riuscire ad arrivare a fine mese ma a fine giornata. I profughi e i poveri aumentano sempre all’aumentare dei giorni di guerra, non diminuiscono». A destare preoccupazioni finisce per essere davvero il giorno dopo la fine delle ostilità per il venir meno dell’economia di guerra, certo, ma anche per i rapporti che si dovranno inevitabilmente creare con un vicino divenuto quantomeno ingombrante: «Io ho sempre detto che aspettiamo che arrivi la pace e saremo contentissimi, faremo anche festa, ma non so come sarà l’Ucraina post bellica» spiega il sacerdote e il pensiero va a quanti continueranno a vivere nei territori occupati – si ribelleranno? Forse no, chi lo sa – ma anche quei russi che decideranno di tornare in Ucraina anche solo per visitare amici e parenti e non troveranno certo un Paese pronto ad accoglierli serenamente.
