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Ats, in tre lettere la rivoluzione del sociale: a un anno dalla legge regionale
A un anno dalla legge regionale Forme giuridiche e continuità di prestazione: tra dubbi e opportunità, la svolta epocale in Veneto
IdeeA un anno dalla legge regionale Forme giuridiche e continuità di prestazione: tra dubbi e opportunità, la svolta epocale in Veneto
Un passaggio epocale. Nell’usare questo aggettivo, tra gli addetti ai lavori, non c’è il timore di ingigantire un tema che, a tutti gli effetti, segna un prima e un dopo. Da un anno in Veneto, con la legge regionale numero 9 del 2024, la Regione ha avviato il riassetto organizzativo dei servizi sociali, dando seguito al riconoscimento e potenziamento degli Ats, gli Ambiti territoriali sociali, ossia strutture intercomunali (una specie di aggregazioni di Comuni) che diventano di fatto la sede principale della programmazione locale, concertazione e coordinamento degli interventi dei servizi sociali e delle altre prestazioni integrate, con l’obiettivo di ottimizzare le risorse e mettere a disposizione competenze distribuendole in maniera uniforme. I numeri rendono l’idea: in Italia significa passare da circa 7.900 Comuni a più o meno 600 Ats; in Veneto, da 560 Comuni a 24 Ats. Proprio di recente, lo scorso 4 aprile, la Giunta regionale ha approvato un importante aggiornamento che porta, appunto, a 24 gli Ambiti territoriali sociali veneti e non più 21: «Con la Giunta abbiamo recepito la costituzione di tre nuovi Ats, uno a Verona e due in più a Padova, per venire incontro alle esigenze di questi territori che avrebbero avuto altrimenti aree troppo grandi da gestire con un singolo ambito – premette Manuela Lanzarin, assessore regionale a Sanità, servizi sociali, programmazione socio-sanitaria – È un passaggio importante, fermo restando che la legge prevede entro aprile 2026 la costituzione vera e propria degli Ats. Entro fine mese, invece, attendiamo di ricevere dai Comuni i protocolli di intesa e il crono-programma rispetto alle procedure e alle tempistiche che stanno mettendo in campo per attuare la forma associativa: so che molte realtà hanno fatto un passaggio nei Consigli comunali, in molti hanno affidato a un ente terzo lo studio di fattibilità, e su questo come Regione abbiamo messo a disposizione 1,5 milioni di euro. Mi sento di dire che la strada è avviata, vedo gli amministratori concentrati, attenti, consapevoli che rappresenta una sfida e una scelta epocale che può migliorare la qualità, l’accessibilità e l’uniformità di quelli che sono i servizi sui territori». La Regione Veneto nel 2016, su richiesta del Ministero del lavoro, aveva individuato 21 Ats, (corrispondenti alle ex 21 Aziende Ulss), per gestire a livello locale l’erogazione delle risorse inizialmente solo nell’ambito del contrasto alla povertà. Se vogliamo, un primo “test”; oggi però la gestione associata degli Ats è diventata fondamentale anche perché sono le uniche forme riconosciute per poter accedere a vari finanziamenti europei, nazionali e regionali, non più limitati solo alla povertà.
Uniformità dei servizi, si diceva. Un punto non di secondo conto, che è stato anche oggetto di dibattito politico, è la definizione della forma giuridica di ciascun Ats. Il testo della legge istitutiva regionale non ne prevede una definitiva per tutti, piuttosto si “caldeggia” (o meglio si usa il termine “preferibile”) l’azienda speciale consortile, lasciando però margini di discrezionalità ai singoli Ambiti territoriali: «Abbiamo scritto nella legge “preferibilmente” perché abbiamo capito, anche relazionandoci con le altre Regioni, che questa forma dà più garanzie, è meno rigida anche sull’assunzione del personale – sostiene Lanzarin – È chiaro, però, in virtù proprio di quell’autonomia specifica, che un Ats potrebbe scegliere un’altra forma giuridica. La sensazione che ho io, ed è tale perché non abbiamo documenti ufficiali, è che la maggior parte stia scegliendo proprio l’azienda speciale consortile». Questo è uno degli aspetti su cui si è soffermata Mirella Zambello, presidente dell’Ordine degli assistenti sociali del Veneto, che dopo otto anni è in procinto di chiudere il suo mandato e ha tracciato un bilancio fatto di cambiamenti e di sfide per la categoria che rappresenta: «Le scelte di riorganizzazione vanno fatte con gradualità, per esempio, nel combinare competenze e funzioni dei Comuni e degli Ambiti e quelle che rimangono in capo alle Ulss. Ricordando che da noi, in Veneto, la delega ai Comuni è sempre stata la via maestra, dunque teniamone conto. Ci stiamo confrontando con gli amministratori, abbiamo registrato confusione; inoltre la preoccupazione per un indebolimento dei servizi territoriali spinge alcuni assistenti sociali (che rimarranno dipendenti delle amministrazioni comunali, ndg) a cercare il trasferimento nelle Ulss o in Regioni contigue: nelle maglie di questo passaggio, dove c’è da stabilire anche la forma giuridica, in alcuni c’è il timore che si vengano a creare vuoti normativi con conseguenze anche nel contratto, che deve mantenere la sua natura pubblica». Zambello ricorda che se il Veneto è arrivato dopo le altre Regioni nell’attuazione degli Ats è perché il sistema era più avanzato rispetto agli altri territori nazionali in quanto presentava già l’integrazione tra sanità e sociale. Dunque, pur accogliendo con positività la riorganizzazione, l’Ordine degli assistenti sociali, assieme all’Anci e ai sindacati, vuole vigilare: «L’ambito territoriale sociale, oltre a essere occasione per garantire i Leps, i livelli essenziali di prestazioni sociali uniformi sul territorio, è occasione per promuovere modelli di lavoro unitario che tengano conto della complessità, di accompagnamento delle persone e delle famiglie superando la frammentarietà. Soprattutto gli Ats garantirebbero continuità, penso nei Comuni più piccoli, con la presenza di operatori non più di poche ore alla settimana, fatto quest’ultimo che alla lunga non aveva portato a instaurare relazioni. Verrebbe garantita anche maggior indipendenza rispetto ai cambi di amministrazione e colori politici. Ma, ribadisco, nel cambio delle funzioni delle competenza c’è da rimodulare e chiarire quali servizi rimangono in capo alle Ulss, quali invece possono essere ripresi dagli Ats, magari su indicazione dei ministeri. Pensiamo alle misure per contrastare la marginalità, o l’accoglienza dei senza dimora, l’autosufficienza delle persone anziane, tutti progetti e finanziamenti che chiaramente si attivano solo se hai personale adeguato, preparato. Senza dimenticare l’importanza di lavorare anche in co-progettazione: il mondo del Terzo settore è fondamentale in Veneto, bisogna permettere a quest’ultimo di lavorare in fase di programmazione».
La presidente ormai a fine mandato rassicura che attualmente in Veneto è mantenuto il livello essenziale delle prestazioni di assistenza sociale definito, dalla Legge di Bilancio 2021, da un operatore ogni cinquemila abitanti, ed evidenzia numeri positivi per la professione: dal 2018 al 2025 si registra un aumento del 16 per cento di iscritte e iscritti all’albo regionale, con 3.429 professionisti al 31 dicembre 2024. Tutto questo, se possibile, dovrà essere potenziato per arrivare davvero a quell’idea di welfare comunitario e sempre più di qualità. Le potenzialità, dunque non mancano: «I Comuni già strutturati continueranno a esserlo senza risentire indebolimenti dei servizi – rimarca l’assessore regionale Lanzarin – Il Comune più piccolo potrà, grazie all’Ats, avere più ore coperte, più continuità nelle prestazioni offerte, così se per esempio un assistente sociale si ammala, non ne rimane scoperto, ma ci sarebbe chi lo rimpiazza. Certo, saranno necessarie nuove assunzioni: proprio di recente si è conclusa la procedura del Ministero del lavoro e delle politiche sociali per assumere nel periodo 2025-2027, con l’utilizzo delle risorse “Pn Inclusione e lotta alla povertà 2021-2027” e per implementare e attuare il sistema integrato dei servizi e degli interventi sociali, prevedendo di assumere personale con i profili professionali di funzionari amministrativi, contabili, psicologi, educatori e pedagogisti». I posti disponibili sono stati ripartiti tra le diverse Regioni italiane in base ai profili richiesti e per quanto riguarda il Veneto sono 306: 66 funzionari amministrativi, 34 contabili, 79 psicologi, 127 educatori e pedagogisti: «Saranno indispensabili per la “messa a terra” dei primi servizi degli Ats.
Sul sito del Ministero del lavoro è riportato, alla data di marzo 2025, l’elenco di tutti gli Ats. Per il Veneto risultano ancora 21: Padova verrà divisa in tre, Verona in due, arrivando a 24. Per conosce la suddivisione territoriale: www.lavoro.gov.it/ strumenti-e-servizi/ Sistema-informativoservizi-sociali/Pagine/ Ambiti-Territoriali-delSIUSS