Mosaico
I passi di Mario Rigoni Stern sull’Altopiano
Nel centenario della nascita, con il giornalista Sergio Frigo andiamo a visitare alcuni dei luoghi cari al grande scrittore
Nel centenario della nascita, con il giornalista Sergio Frigo andiamo a visitare alcuni dei luoghi cari al grande scrittore
Sempre caro mi fu questo… Altopiano. Parafrasando Leopardi, potremmo sintetizzare così il rapporto di Mario Rigoni Stern (1921-2008), di cui quest’anno ricorre il centenario dalla nascita, con i luoghi in cui passò tutta la sua esistenza: Asiago, dove nacque e abitò, e le sue contrade, i boschi e i sentieri, i luoghi della Grande guerra. A renderlo noto al grande pubblico non furono però gli scritti dedicati all’Altopiano ma l’opera che narrò la sua esperienza di guerra nel secondo conflitto mondiale, in particolare la ritirata dalla Russia raccontata in Il sergente nella neve.
«Fu quella l’esperienza che segnò per sempre la vita di Mario Rigoni Stern, il quale andava fiero, più che dei suoi libri, di essere riuscito in qualità di sergente a riportare a casa sani e salvi tutti i suoi soldati. Per lui quello fu il suo vero capolavoro», rivela Sergio Frigo, giornalista, altopianese di Canove. Frigo conosceva bene il suo conterraneo scrittore e ha dato vita a un’app, poi diventata un sito internet (www. iluoghidirigonistern.it) e anche un libro, con oltre venti itinerari sui luoghi cari a Rigoni Stern.
«Sarebbe bello che un giorno, leggendo un mio racconto, qualcuno potesse individuare il luogo e provare i miei stessi sentimenti e le mie stesse sensazioni», aveva detto lo stesso Rigoni Stern. D’altra parte, quasi sempre i suoi racconti sono ambientati in località ben riconoscibili sparse lungo l’Altopiano. È proprio da qui, e da queste parole dello scrittore, che è nato il lavoro di Frigo: tra i vari itinerari gli abbiamo chiesto di ripercorrerne alcuni, che suggeriamo in questa pagina.
Tra le tante sorprese che si potranno trovare vi sono, oltre ai luoghi, anche personaggi, sentimenti, amicizie. Ad esempio quella che legava Rigoni Stern a un altro grande artista, Ermanno Olmi, che costruì casa a pochissimi passi dalla sua; non molto lontano da loro prese poi dimora Tullio Kezich.
I vari luoghi fanno rivivere anche altre figure, a volte realmente vissute e altre inventate, ma quasi sempre ispirate a persone reali, come i compagni di scuola o d’infanzia. «Rigoni Stern non era un inventore di storie, ma un narratore», spiega infatti Frigo. Spesso, però, il protagonista, magari sotto mentite spoglie, è proprio Rigoni Stern che prova a farci rivivere, come auspicato da lui stesso, l’emozione di fronte a un panorama, a un bosco che si apre in radura, a un profumo di primavera o d’autunno, a un cimitero di guerra, a una cima che si eleva sullo sfondo…Questi itinerari andrebbero percorsi mentre, in vacanza, si legge ciò che lui ne scrisse. Sono un invito a esplorare l’Altopiano e a riscoprirne la vera natura, la storia, il respiro profondo. Si scopriranno mete segrete e altre molto note, da rileggere attraverso lo sguardo dello scrittore. Un monumento, o un panorama già visto molte volte, apparirà in modo nuovo, assicura Sergio Frigo.
Nel versante sud dell’Altopiano, tra Calvene e Granezza, si trovano contrade e località molto care a Rigoni Stern e citate nei suoi racconti. Due in particolare: Prà del Giglio e Mazze. La prima è il punto di partenza de L’anno della vittoria, uno dei tre racconti che formano la Trilogia dell’altipiano. Il racconto narra il ritorno di una famiglia dal profugato, alla fine della Grande guerra, verso una Asiago tristemente rasa al suolo.
Mazze e la piana di Granezza sono meta invece, ne Le stagioni di Giacomo dalla medesima Trilogia, della stessa escursione ma a ritroso e in bicicletta. Qui il protagonista, Giacomo, accompagna l’amica Irene a vedere i luoghi in cui lei era stata profuga, incrociando pascoli «più bianchi di fiori che verdi di erba». A Mazze i due scoprono il confine dell’Altopiano quando si trovano di fronte, ai loro piedi, l’immensa distesa della pianura.
Un altro racconto ci porta a nord, all’osteria al Termine: luogo secolare che un tempo segnava il confine tra l’Italia e l’Impero. Si trova in Val d’Assa, zona tra le più colpite dalla tempesta Vaia. Il racconto è Osteria di confine in Sentieri sotto la neve: nel locale, chiuso d’inverno, si incontrano i fantasmi di personaggi che frequentavano il luogo, regnanti e militari ma anche pastori e carbonai. Questi ultimi rilevano come i potenti della terra discutano di grandi temi, di guerra e divisioni tra i popoli, rimanendo indifferenti alle sofferenze che causano alla povera gente.
Nell’osteria è ambientato anche Un Natale del 1945: un vecchio maestro sale a chiedere perdono al protagonista per averlo denunciato durante la guerra, causandone la deportazione. È un racconto amaro: il perdono viene negato, nessuno può perdonare anche a nome di altri.
Mario Rigoni Stern abitò più case che possono essere il punto di partenza per una visita ad Asiago. Delle «quattro case» di cui parla in Amore di confine, due sono nel centro della cittadina, in piazza Risorgimento, nei pressi del municipio e del duomo: all’angolo con via Dante vi era quella storica dei nonni (da lui detta il «cantone degli Stern); in quella lunettata a pochi passi abitò e scrisse, ormai adulto, Il sergente nella neve. Fu invece riedificata quella dove nacque, non lontano, in via Ortigara angolo piazza della Pesa. È da ricordare che Rigoni Stern visse, bambino, in una Asiago distrutta dalla Grande guerra e in piena fase di ricostruzione.
La terza casa citata dallo scrittore esistette solo nella sua fantasia, la ideò durante la prigionia, per consolarsi; abitò poi in altre, ma la dimora della sua vita, la quarta, divenne quella che progettò e costruì lui stesso assieme ai figli, in Val Giardini, dove morì il 16 giugno 2008. Sergio Frigo racconta che Rigoni Stern visitò la località con il regista Ermanno Olmi e se ne innamorarono, tanto che entrambi presero casa lì. Rigoni Stern era solito uscire in passeggiata, spesso con il cane, salendo verso il monte Zebio, cuore dell’ecomuseo della Grande guerra, tra trincee e manufatti restaurati, teatro dei conflitti durissimi narrati da Emilio Lussu in Un anno sull’Altipiano. Era, per Rigoni Stern, il suo vero «monte di casa».
Nella zona Larici esiste ancora una delle tante malghe dell’altopiano di Asiago, quella detta di Porta Manazzo. Da qui si gode una vista stupenda sulle cime circostanti, in particolare una, quella che Rigoni Stern amava di più: cima Portule.
Questa malga è scenografia, in Uomini, boschi e api (La malga), dell’esame che il padre di Rigoni Stern, assieme a un amico e a due vaccari, gli fecero domandandogli i nomi delle vette, e forse anche quelli dei pascoli, dei boschi e delle sorgenti. Al termine, il giovane Mario fu promosso “montanaro”. Con i soldi ricevuti in premio acquistò, alla fiera del paese, il romanzo I figli del capitano Grant.
Un altro racconto, Estate (da Le stagioni), narra l’incarico da parete del nonno di recapitare una lettera al malgaro della malga del Dosso, vicinissima alla precedente: sveglia all’alba e una camminata di una ventina di chilometri, e altrettanti al ritorno, che il protagonista fece, da solo, a undici anni appena. Per lui fu una indimenticabile avventura nella natura, a noi regala splendide descrizioni lungo un percorso da rivivere, tra val d’Assa e val Formica, con il libro in mano.
Al lato opposto dell’altopiano, in Aspettando l’alba, Rigoni Stern omaggia Emilio Lussu e ci porta sul monte Fior a rivivere il sentimento dei soldati austriaci che si affacciano a rimirare per la prima volta la pianura: da lassù sembra una conquista ormai facile e vicina. Ma non andrà così.