MosaicoNel suo ultimo monologo Mio eroe l’attrice Giuliana Musso condanna senza appello la guerra attraverso le voci di tre madri “orfane” di figli soldati
Teatro d’indagine: testimonianze in viva voce, scrittura sapiente, emozioni poderose. La “trilogia” degli ultimi spettacoli è stata pubblicata dalla milanese Scalpendi editore. «Assomiglio più a un giornalista che a un poeta…» confessa in un sorriso Giuliana Musso, vent’anni di carriera riconosciuta anche dal premio della critica 2021 dell’Anct (Associazione nazionale critici di teatro). Prima di Natale era in scena con il monologo Mio eroe a Vigonza, nella rassegna #Tempopresente, curata da Cristina Palumbo per l’associazione culturale Echidna che firma il cartellone 2020-2021 al Quirino De Giorgio.
L’Afghanistan è tornato sotto i riflettori mediatici, ma con le storie dei militari italiani morti era già in teatro…«Il testo l’avevo scritto nel 2016 quando si preannunciava il ritiro delle truppe che non avveniva mai… Nasce dall’esigenza di indagare la distruttività umana. E la forma più eclatante è la guerra. Ho avuto molte esitazioni per la complessità feroce del tema. Appiattirlo in una posizione moralistica (bene/male,giusto/sbagliato) a teatro non funziona proprio. Aveva senso, invece, precisare domande e approfondire interrogativi. Mi ero già occupata della base Dal Molin a Vicenza, toccando con mano le guerre contemporanee. L’Afghanistan ha coinvolto le truppe, le scelte del nostro Paese e le persone della nostra comunità: donne e uomini delle forze armate in missione. Di qui il punto di vista dell’indagine sul sacrificio: ciò che siamo disposti a sacrificare di noi stessi – finanche la vita – per corrispondere a una norma, una regola, un diktat interno o esterno. E chi può dirci qualcosa che non sia retorico, assolutorio, risolutorio? Le madri dei militari morti».
Un simile racconto in presa diretta cosa sottende?«Ho raccolto la voce delle madri per cui il sacrificio del figlio è sempre illogico e inaccettabile. Storie vere che riconducono la guerra al valore della vita in sé, prima di tutto. Se avessi raccontato il sacrificio delle vittime civili, avrei saltato un passaggio fondamentale: qualcosa di distorto, oggi, nel concetto di eroismo e sacrificio. Una forma di manipolazione del valore della vita consente l’accettazione del fenomeno della violenza nella guerra, che è guerra di Stato: un sistema. Il solo modo per mettere un sassolino nell’ingranaggio consiste nel dire “se smetto di concepire la morte dei soldati come un sacrificio necessario, smetto anche di dar credito alla belligeranza, considerarla in qualche modo plausibile”. Tutte le guerre esistono all’interno di un contorno di irrazionalità evidente: nessuna è necessaria né utile, men che meno giusta. Mai. E anche se siamo approdati alla giustificazione delle “guerre umanitarie”, nessun essere umano è sacrificabile. Tanto meno i militari. Anche da professionisti addestrati…».
Voci di donne sul palco: qual è la loro insita potenza originale?«Nasce dal sentire del corpo. Ci riconsegna una natura umana inviolabile, densa, fitta a cominciare dalla compassione e dalla pietà. E la compassione è possibile quando percepisci intensamente l’altro. Sono madri che fanno nascere e crescere figli. La nostra sussistenza come specie deriva da questa intelligenza empatica. I corpi che più sono capaci di questo pensiero sono quelli femminili».
Madri nel lutto più dilaniante. Cosa “offrono” agli spettatori?«Sono tre, completamente diverse. La prima ha una visione molto spirituale. La seconda non trova pace e fa un discorso politico: perché, per cosa, per chi è morto mio figlio? La terza, da insegnante, s’interroga sui figli maschi vulnerabili al racconto dei miti e all’immagine dell’eroe. Avrebbe dovuto non farli giocare con soldatini, navi spaziali, carri armati. Ma come si fa? Lo sognano il guerriero che combatte il male assoluto. È la distorsione dicotomica della realtà che non esiste. E qui scatta un gran silenzio, perché il pubblico percepisce con gli organi più profondi l’esperienza vissuta. A teatro, abbiamo la gran fortuna di maneggiare parole nel corpo in diretta: emozioni che scorrono verso persone vere. Dal palco alla sala, in presenza».
Nella valigia dell’attrice, invece, cosa c’è?«Un po’ di solitudine, soprattutto ora. Per mettere sempre responsabilità nella scrittura, nel teatro d’indagine, nell’essere attrice c’è voluta tanta grinta, urgenza, passione. Crescendo, cambia forma e adesso manca un po’ di fuoco della gioventù. Forse, sono pronta a lasciarla a casa la valigia da attrice, utilizzando di più quella di autrice e regista».
E Giuliana Musso come si vede, fuori e dentro il teatro?«Vita un po’ randagia, perché non solo mi sposto di continuo, ma sento di aver avuto un rapporto fragile con radici e appartenenze. Siamo nomadi della vita, però si torna a casa. E si scrive, con la voce mescolata a chi ho incontrato»
Una poetica in funzione della rappresentazione?«La poesia è ovunque, nell’aria, sempre. Un buon allenamento è averne consapevolezza, così da riuscire a trovarla. Sul palco ha a che fare con il lavoro di attore-testimone: schietto con se stesso. Certo, serve anche la tecnica sofisticata nell’uso della comunicazione e del corpo. Mi ha consolato dalle ferite, mentre consolavo quelle degli altri. Anche con la comicità…».
È il teatro che cura, anche se nei “Palazzi” non ci si prende mai abbastanza cura del teatro?«Il teatro ci cura sempre: è l’apertura di una relazione. Ogni spettacolo dal vivo è esercizio di vita insieme. Anche soltanto una risata condivisa in luogo aperto e pubblico, che non è di nessuno ed è di tutti. E quindi il teatro ha la… pretesa di essere considerato come un rito laico, indispensabile al benessere della comunità. Va protetto attraverso le giuste attenzioni delle amministrazioni pubbliche e della politica».
Intanto il Veneto taglia i fondi regionali destinati alla cultura…«Scelta scellerata, ignorante e triste. Fondata sulla gerarchia di valori che distorce i bisogni primari delle persone. L’Italia non ha mai diminuito il budget del bilancio destinato alle missioni di guerra e alle spese militari!».
Giovedì 17 febbraio, Giuliana Musso sarà a Padova al Multisala Pio X, nell’ambito della tradizionale rassegna di Arteven “Arti inferiori”. Con lei sul palco ci saranno Andrea Bressan, Patrizia Laquidara e Saverio Tasca con Figure, lo spettacolo che celebra i cent’anni dalla nascita del grande poeta veneto Andrea Zanzotto. Il reading musicale, da testi selezionati dallo studioso Enio Sartori, ritaglia, dal grande paesaggio della scrittura di Zanzotto, donne e uomini, compaesani, amici, antenati forse, e li offre ricomposti in forma di concerto. I biglietti sono acquistabili su happyticket.it
