Mosaico
L’atteso ritorno del Vinitaly dopo due anni
La 54ª rassegna vinicola italiana era realmente attesa come un segnale di normalità dopo un periodo travagliato
La 54ª rassegna vinicola italiana era realmente attesa come un segnale di normalità dopo un periodo travagliato
Il ritorno del Vinitaly, dal 10 al 13 aprile a Verona, non è solo un evento atteso da operatori e appassionati ma un segnale di ottimismo e di ritorno alla normalità per un intero settore che vale 12 miliardi di euro di fatturato, dei quali7,1 miliardi di export, e offre direttamente o indirettamente occupazione a 1,3 milioni di persone (analisi Coldiretti).Parliamo naturalmente del comparto del vino e di tutto ciò che vi ruota attorno, che negli ultimi vent’anni ha beneficiato di un vero boom e che trova oggi nel Veneto l’indiscusso leader. Pure se in un clima che a livello mondiale non è disteso come si sarebbe voluto, dopo due anni di assenza (tranne una parentesi a settembre limitata agli addetti ai lavori) ecco quindi riaffacciarsi la principale rassegna enologica nazionale, preceduta da altre iniziative che hanno riaperto la strada alle manifestazioni fieristiche del vino, tra cui l’ultima nata: la “Slow Wine Fair” promossa a Bologna da Slow Food. Se il “Decreto Covid” arrivato in extremis ha fatto tirare un ulteriore sospiro di sollievo perché ha permesso l’arrivo dei tanto attesi buyer e operatori stranieri, quello che ci si attende dalla manifestazione è di avere un quadro dello stato del comparto, alla luce anche del conflitto russo-ucraino e delle ripercussioni che sta avendo sul commercio mondiale del vino. Il Veneto, grazie soprattutto al Prosecco e al Valpolicella, è particolarmente interessato, visto che la regione è ormai diventata il traino del settore anche a livello export. In fiera gli stand nostrani sono pronti a farla da padrone, accanto ai nomi dei blasonati grandi vini toscani e piemontesi, degli emergenti siciliani, dei sempre apprezzati friulani e marchigiani e anche di alcune significative presenze straniere. Non intende sfigurare, tuttavia, la provincia di Padova, realtà che ha visto crescere negli ultimi anni il gradimento in particolare dei vini dei Colli Euganei, da molti esperti considerati in grado di rivaleggiare con i rossi toscani e bordolesi ma ancora poco noti al grande pubblico. Quasi settemila sono gli ettari vitati in provincia, 3.600 le imprese viticole impegnate nella produzione di oltre un milione di quintali di uva, destinata a diventare per oltre l’80 per cento vino a denominazione di origine Docg (Fior d’Arancio Colli Euganei e Friularo di Bagnoli) oppure Colli Euganei, Bagnoli o Merlara Doc. La provincia contribuisce poi con discreta percentuale anche alla produzione di Prosecco Doc e di Pinot grigio Delle Venezie Doc. La produzione 2021 non sembra deludere le attese, che parlavano di un’annata qualitativamente elevata a fronte di una limitata diminuzione di produzione. L’export, in ripresa dopo la pandemia, ha fatto segnare valori elevati e nuovi record trainato dal Prosecco Doc – spumante più venduto al mondo, prodotto a Treviso e nelle province di Padova, Vicenza, Venezia e in Valbelluna – da un anno disponibile anche in versione rosé.