Mosaico
Il gran ritorno delle malghe di montagna
Arriva l’estate e gli storici ricoveri alpini diventano mete gettonate per turisti alla ricerca del fresco e di esperienze nella natura
Arriva l’estate e gli storici ricoveri alpini diventano mete gettonate per turisti alla ricerca del fresco e di esperienze nella natura
Le ultime estati, alla ricerca di aria aperta e senza mascherine, in fuga dal gran caldo, hanno segnato un deciso ritorno di interesse verso la montagna. Sempre più ricercati, come mete, sono i luoghi tradizionali dell’alpeggio: le malghe. Per approcciarsi al meglio ad esse, che non sono né rifugi né ristoranti, occorre conoscerle. «Una volta le malghe erano appetibili per integrare il reddito agricolo – spiega Matthias Peraro, conselvano, referente per il settore di Confagricoltura Padova e gestore delle malghe Calleda e Duran nell’agordino e Melago sull’altopiano di Asiago – visto che l’allevatore risparmiava sul cibo e migliorava il benessere agricolo. Oggi c’è un ritorno di interesse degli allevatori, ma per molti sono appetibili solo per i contributi che la Regione Veneto dà per la gestione dei pascoli. C’è per fortuna anche chi le sceglie per passione: e chi viene lo capisce subito».
Senza i contributi sarebbe possibile tenerle aperte?
«Sarebbe difficile, ma la parola importante per me è “multifunzionalità”: una malga oggi deve diversificare la sua attività. Chi viene in malga fa un’esperienza a contatto con la natura: ci sono gli animali, l’agriturismo, il caseificio, si può anche alloggiare. Purtroppo troppe delle malghe aperte, pubbliche o private che siano, si accontentano del contributo».
Sempre più gente viene in malga: per voi è un problema?
«No, io sono contento che la gente venga e veda il mio lavoro. Dopo il pranzo, a chi vuole io faccio vedere l’azienda, il caseificio. A me piace la gente che ha voglia di conoscere…».
Chi non le piace invece?
«Chi non ha rispetto dei luoghi, si alza la sbarra per parcheggiare l’auto vicino ai tavoli e non fare trenta metri di camminata, arriva con la moto e non la spegne, getta le sigarette ovunque e tocca a noi raccoglierle. Vorrei poi cheimparassero a portarsi a casa i propri rifiuti: i nostri bidoni sono sempre pieni. E poi, darei a tutti un consiglio: spegnete i telefonini, siete in malga!»
E che mi dice del menù?
«Da noi trovate pochi piatti ma solo con i nostri prodotti, come hamburger e formaggio. Da bere c’è l’acqua della sorgente, che sanifichiamo: è gratis, eppure ci chiedono sempre coca e limonata, come se fossimo un bar di città».
Come riesce a gestire tre malghe?
«Solo una ha l’agriturismo: a passo Duran l’edificio è in uso agli scout e alla parrocchia. Ad Asiago ci sono solo gli animali e ospita gruppi di ippoturismo: vorremmo aprire un agriturismo ma c’è un problema: non si trova personale».
Eppure i giovani cercano questo tipo di esperienze…
«Sì, ma una cosa è la poesia, un’altra alzarsi all’alba per mungere le vacche, fare il formaggio, cucinare per i turisti, lavorando tutti i fine settimana: siamo aperti tre mesi, qui si sta fermi solo quando piove… oggi sempre meno! Siamo noi a doverci adattare ai tempi della malga, non la malga a noi».