MosaicoAgricoltori in riflessione. Le proteste dei “giorni di Sanremo” hanno scosso e sorpreso molti, per prime le organizzazioni agricole, che di numerosi dei problemi sollevati dai coltivatori si sono sempre fatte portatrici.
Aver ottenuto il ritiro della direttiva agrofarmaci in seguito alla protesta del 1° febbraio è stato salutato come una vittoria, ma solo di una battaglia. Tanto che gli agricoltori sono tornati a protestare a Bruxelles il 26 febbraio, giorno in cui il Consiglio dei ministri dell’agricoltura dell’Ue ha presentato la nuova Politica agricola comune (Pac). Nel frattempo si sono “celebrate” varie assemblee nelle quali si è provato a riflettere su quanto accaduto, con il dubbio di “tanto rumore per quasi nulla” e che i veri problemi non siano stati sempre al centro dell’attenzione. Il vero problema, in fondo, si chiama reddito. «Dal campo alla tavola assistiamo alla moltiplicazione dei prezzi – ha denunciato a Bruxelles Marco De Zotti, delegato dei giovani di Coldiretti Veneto – ma a noi restano solo le briciole che nemmeno coprono i costi di produzione. Le mele riconosciute al produttore 45 centesimi, al dettaglio vengono vendute ad almeno 1,70 euro. Il radicchio viene pagato in media 70 centesimi al chilo, il latte vale alla stalla 50 centesimi o poco più ma viene rivenduto anche a 2 euro». «Fatto cento il prezzo di un prodotto sugli scaffali dei supermercati, all’imprenditore agricolo rimane, se gli va bene, solo il 10 per cento. In pratica, si lavora in perdita» ha denunciato anche il presidente di Cia Veneto, Gianmichele Passarini, all’assemblea regionale di Padova a febbraio. Una domanda sollevata da più parti è stata: quali giovani possono immaginare il loro futuro in un comparto che richiede fatica ma non promette nemmeno il necessario per sopravvivere? Il 15 febbraio a Padova si erano riuniti anche gli esponenti di Confagricoltura Veneto, dopo che il presidente regionale Lodovico Giustiniani aveva incontrato gli agricoltori che protestavano sui loro trattori nel parcheggio dello stadio Euganeo. «Il vaso è veramente colmo – ha detto Giustiniani – ma guai se gli agricoltori si mettono l’uno contro l’altro». Gli ha fatto eco il presidente provinciale di Padova, Michele Barbetta: «I problemi sono tanti, dalle troppe norme restrittive sul benessere animale alla crisi produttiva che colpisce tanti settori, a partire da seminativi a ortofrutta; dalla burocrazia che soffoca le aziende ai prezzi non adeguati pagati agli agricoltori. Le risorse a loro destinate sono minime: questo mette a rischio la capacità produttiva, impedendo alle aziende di essere competitive sul mercato globale». L’agricoltura, insomma, è nel pieno di una “tempesta perfetta” dopo pandemia, esplosione dei costi energetici, problemi di approvvigionamento delle materie prime, aumento del costo del denaro, cambiamenti climatici, filiere agricole sbilanciate verso i venditori a scapito dei produttori. Per affrontare tutto questo la Pac, che propone interventi green come riduzione di fitofarmaci e messa a riposo dei terreni, è vista come inadeguata mentre gli accordi di libero mercato permettono di importare prodotti che non rispettano la reciprocità commerciale e le regole Ue. «Le follie europee – ha ribadito Coldiretti – rischiano di tagliare un terzo della produzione di cibo made in Italy e di stravolgere per sempre lo stile alimentare degli italiani, favorendo le importazioni».
Per gli agricoltori, norme troppo stringenti e spesso svincolate dalla realtà sono di difficile applicazione nelle campagne, già colpite dall’aumento dei costi e dal calo dei prezzi agricoli. Tra le richieste di Coldiretti, la cancellazione dell’obbligo di tenere il 4 per cento di terreni incolti e flessibilità sugli aiuti di stato.
