Mosaico
Segusino. Senza le malghe il bosco avanza
Da 18 anni la famiglia di Serena Stramare gestisce una malga di proprietà comunale. Problemi: l’acqua e il personale
Da 18 anni la famiglia di Serena Stramare gestisce una malga di proprietà comunale. Problemi: l’acqua e il personale
A pochi passi da malga Molvine, ma nel territorio di Segusino, si trova malga Molvine Binot. Anche questa era una malga storica, che per anni fu proprietà della Casa del Fanciullo, poi passata alla Comunità montana e ora è comunale. Da 18 anni è gestita dalla famiglia di Serena Stramare, da Segusino. «Quando abbiamo preso in affitto la malga – racconta Serena – era un periodo in cui il prezzo del latte era veramente basso e per chi aveva, come noi, una piccola stalla da 40 vacche a tabulazione fissa in centro paese, senza la possibilità di espandersi, era difficile sopravvivere. Tenendo conto poi che non tutte erano in lattazione e finché non lo sono non producono reddito, ma sono un costo. L’alternativa era crescere, oppure aggiungere l’opzione della lavorazione del latte producendo burro e formaggio, che significa un guadagno superiore. Abbiamo avuto l’opportunità di prendere la malga e abbiamo fatto questo passo». Dopo qualche anno, a mandare avanti l’azienda di famiglia è subentrato il figlio Giulio, ma sono Serena e il marito Gildo a continuare a occuparsi a tempo pieno, per tutta l’estate, della malga: oltre alle vacche ci sono i maiali. La produzione di latticini consta principalmente di formaggio del tipo Cesen, che è una sorta di caciotta che va consumata per lo più giovane, oltre a burro e ricotta. L’azienda fa il formaggio solo in malga, d’estate, mentre d’inverno conferisce il latte a terzi. Quasi tutto quello che viene prodotto viene acquistato dai clienti in malga o viene dato a pochi negozi: a metà ottobre, se tutto va bene, le scorte sono già terminate. «La cosa più bella per me – continua – è stato vedere in questi anni la crescita della montagna, c’è una riscoperta altissima anche se non tutti capiscono realmente la malga e la montagna. Una malga non è un ristorante né un albergo, vi si trovano i nostri prodotti e non è possibile offrire i servizi di un ristorante». Una malga non è solo un rifugio per bestie ed escursionisti, ma anche un fondamentale presidio per il territorio. «Un secolo fa qui era tutto pascolo. La nostra malga dispone di 16 ettari ma il bosco, se incustodito, se ne mangia, tra sterpi e rovi, una decina di metri all’anno: da quando siamo qui siamo riusciti a recuperarne circa sei ettari», rivela la Stramare. Il principale problema in malga è l’acqua: sul monte Cesen come sul monte Grappa non ci sono sorgenti. La struttura è dotata di vasche per l’acqua piovana e di pompe, ma se non piove per un lungo periodo, come è accaduto anche di recente, la scorta finisce. A rifornire le aziende ci pensa la Protezione civile, che fa un grande lavoro per portare in quota l’acqua necessaria in primo luogo al bestiame e alla vita dei malgari. «Se quindi, in periodo di siccità, capita che vi serviamo con dei piatti di carta usa e getta, è proprio per risparmiare l’acqua: non dovete scandalizzarvi», precisa la Stramare. La vita in malga attira poco, richiede passione e ha ritmi importanti ma anche momenti tranquilli, quasi magici, come quando piove e non sale nessuno. Forse per questo una difficoltà è quella di trovare personale che voglia fare la stagione. «Noi apriamo da metà maggio a metà settembre. Siamo fortunati ad avere una giovane dipendente che segue il bestiame sia d’estate che d’inverno, in paese, ma trovare chi aiuta in agriturismo, anche lasciandogli libera la domenica, è un problema. Finché possiamo ci gestiamo con la famiglia», conclude Serena Stramare.
Era uno stabile di proprietà della Casa del Fanciullo, ora comunale, da 18 anni è gestita dalla famiglia di Serena Stramare. Vi si produce, solo in estate, formaggio Cesen. «Il bosco incustodito – spiega – mangia dieci metri di pascolo all’anno».