Mosaico
Giuseppe Magrin. Il mio canto alla Trinità
Giuseppe Magrin Innamorato fin da ragazzo della poesia, da sacerdote compone versi sulle tre persone “uguali e distinte”
Giuseppe Magrin Innamorato fin da ragazzo della poesia, da sacerdote compone versi sulle tre persone “uguali e distinte”
Un teologo-poeta: non so se mons. Giuseppe Magrin si definirebbe così, ma viene spontaneo, nel tratteggiarne l’incontro, abbinare due delle sue passioni, divenute costanti di vita. Una vita iniziata 86 anni fa, il 2 luglio 1938, a Montegalda, terzogenito di una nidiata di 15 figli che papà Mario e mamma Gina hanno voluto e amato intensamente, uno ad uno, addolorati anzi dal pensiero dei tre che non arrivarono a nascere. Per papà Mario ogni figlio erano due occhi in più che sorridono per l’eternità in paradiso, per cui valeva la pena fare qualche sacrificio sulla terra. Per mamma il voto era di rinunciare a ogni vanità pur di vedere metà della sua prole consacrata al Signore: e ben otto dei 15 sono diventati sacerdoti o suore. Giuseppe, primo figlio maschio, è entrato in seminario con l’appoggio dell’arciprete di Montegalda, don Igino Strazzacappa, che una poesia ricorda nella costruzione della grande chiesa. Perché, con la vocazione sacerdotale, nel giovane nacque una spontanea passione per la poesia: «Ero ancora alle medie quando sentii il fascino della parola che si fa musica, ritmo; ho imparato a usare la metrica, per cui ho sempre avuto rispetto totale, sentendo risuonare dentro la cadenza del verso. Mi sono accostato alla poesia religiosa, Giacomo Zanella tra i primi, che all’armonia unisce la profondità spirituale». Ed ecco la seconda passione, per la teologia, per «l’intimità divina che si scopre tre persone in una, uguali e distinte, ognuna con la sua personalità». La vena poetica di mons. Magrin si sofferma spesso sul mistero della Trinità, «un’intimità relazionale, ontologica non solo sociologica che dà senso alla vita cristiana», anche se la sua vicenda biografica non ha subito assecondato la propensione allo studio: sacerdote nel 1963, due anni dopo è stato inviato fidei donum in Kenya, quindi parroco di Carpanè in Valbrenta, insegnante di liceo, assistente della Pastorale del lavoro per il settore imprenditoriale, assistente nazionale dei giovani Ucid…
Solo nel 1979, quando diventa segretario diocesano dell’Unione apostolica del clero, i superiori gli suggeriscono di riprendere gli studi, all’università di Padova e all’Angelicum di Roma (pedagogia e teologia ecumenica). La responsabilità nell’Unione apostolica del clero, via via crescente, nazionale dal 1982 e internazionale dal 1991, è diventata missione a tempo pieno, anzi “a vita piena” visto che non si è più interrotta, portandolo a risiedere a Roma e a viaggiare continuamente, toccando più di un centinaio di stati e imparando cinque lingue. Un compito pastorale «di formazione del clero diocesano nelle diverse sfaccettature, e di approfondimento del triplice ministero consacrato, nella sua unitarietà e nella sua specificità diaconale, presbiterale, episcopale». Tale disegno comprende anche i laici perché «il primo sacramento è il matrimonio che, partendo dalla coppia chiamata a vivere divinamente l’amore umano, accoglie la gratuità infinita del Verbo incarnato e spinge ad aiutare chi ci vive accanto a uscire dal suo egoismo fallimentare e deficitario». Essere figli di Dio per mons. Magrin vuol dire essere «missionari a tutta l’umanità, alla scoperta della relazione trinitaria con il creato». Concetti teologici che con naturalezza si fanno poesia, fusi a impressioni, emozioni, ricordi, esperienze. Un esempio: nel suo ultimo, recente libro di versi, Profumo d’infinito, tenta di fissare il ribollire di versi sullo Spirito Santo: «O Spirito che il Padre al Figlio esonda come pienezza d’intuizioni e palpiti, riflusso d’infinite tenerezze, sei Tu la visceralità materna di un’unica, ineffabile natura, la circolarità di Relazioni e d’intime risposte senza supremazie né disgiunzioni in orbite di gioia abbacinante». Poco prima il poeta-teologo si è affidato a Maria di cui il 2 luglio, giorno della sua nascita, si ricorda la Visitazione: «Oggi con Te collego quei momenti, o Vergine Maria, al mio destino di prete pellegrino in diocesi dei cinque continenti per un cammino di rinnovamento e d’aperture ardenti dei Pastori».
Sono tre i libri di poesia di mons. Giuseppe Magrin: Frammenti di luce (Elledici, 2005), accompagnato dai disegni di Dionisio Gardini; Sei l’unica poesia che mi resta (Ancora 2013), con prefazione di Giuseppe De Rita; Profumo d’infinito con presentazione del cardinale Angelo Comastri (Libreria editrice vaticana, 2022).