MosaicoNon una semplice storia degli anni santi, questo “Il Giubileo. Un progetto di civiltà per donne e uomini di oggi” (Il Pellegrino, 144 pagine) di Andrea Sarto
Non una semplice storia degli anni santi, questo “Il Giubileo. Un progetto di civiltà per donne e uomini di oggi” (Il Pellegrino, 144 pagine, 12 euro) di Andrea Sarto, ma le sue relazioni con le problematiche planetarie, non solo quelle religiose, che accompagnano l’indizione di questa occasione di incontro, ma anche di riflessione sui destini del nostro pianeta. L’autore ha già affrontato temi scottanti come l’Indice dei libri proibiti e il caso Savonarola, e la sua trattazione della storia del Giubileo si fonda su due elementi basilari: il primo è quello esplicativo, con una accurata ricostruzione della storia dei Giubilei, la cui periodizzazione varia nel corso dei secoli anche a causa delle indizioni straordinarie; il secondo consiste nel collegamento dell’evento giubilare alle problematiche del nostro oggi: la fame nel mondo, l’invecchiamento graduale, la diminuzione delle natalità, l’inquinamento che agisce poi sui cambiamenti climatici che chiudono il cerchio perché colpiscono le popolazioni più indifese. Sarto mette in risalto come papa Francesco nella promulgazione del Giubileo 2025 sia ben cosciente di queste novità, che hanno origini assai antiche, e ponga questioni che mettono in relazione insegnamento di Cristo, Chiesa e possibilità ancora oggi di invitare credenti e non ad un cambiamento radicale di modo di vivere.
L’autore parte dalle origini, da una antica istituzione ebraica della quale parla il Levitico e che è contrassegnata dal suono –“jobel,” da cui giubileo- del corno di montone fino alle traduzioni in greco dei Settanta e poi alla Vulgata di san Girolamo. Il passaggio nel Nuovo Testamento è individuato in quel compimento di “un anno di grazia del Signore” di cui parla Luca e che ha come momento centrale, fa bene Sarto a sottolinearlo perché avrà grande influenza su molto parte della letteratura a venire, (basti pensare ad Eliot), il desiderio del ritorno ad un giardino perduto, come se fossimo da sempre alla ricerca di qualcosa che è già stato nostro.
Immancabile il racconto del primo “gran Giubilo dell’Anno Santo” dell’era cristiana, quello indetto da Bonifacio VIII nel 1300, in cui si incrociano storie diverse, come i pellegrinaggi: forse, quello di Dante (fervente nemico di questo pontefice), e sicuramente quelli di chi ha creato la nuova pittura d’occidente, Cimabue e soprattutto Giotto. E, a proposito di memorie dantesche, ci si imbatte dell’ancora misteriosa figura di papa Celestino V, che decise di rinunciare alla sua missione di pontefice non senza aver emanato la “Bolla del perdono” che vedeva la chiesa aquilana di Santa Maria di Collemaggio come nuovo centro di pellegrinaggio.
Fino ad arrivare ai giorni nostri, ancora teatro di guerre, di massacri di innocenti, di carestie, di morti per mancanza di cure e di cibo. E qui l’autore apre quella che sembrerebbe una parentesi in cui si elencano epidemie, conflitti, nascite, eventi meteorologici straordinari, allargamento della forbice tra paesi ricchi e quelli privati dei beni essenziali.
E in quel passo della Bolla di indizione del prossimo Giubileo che cita “l’imprevedibilità del futuro” è possibile percepire un riferimento a questi eventi umani che rischiano di distruggere il mondo che ci ospita. E non è un caso che il pontefice citi il Cantico di frate Sole di san Francesco -creato ottocento anni fa- in cui gli elementi della natura sono considerati sorelle e fratelli.
Un libro in grado di creare un filo rosso che mette in comunicazione le origini con il presente, in cui l’elemento della riflessione sul nostro oggi non perde di vista quello storico che ha visto il graduale cammino di un desiderio di riconciliazione con Dio e gli uomini.
