MosaicoAldo Cazzullo ha scritto il libro più venduto del 2024 e, a sorpresa, è un libro dedicato alla Bibbia, letta come un grande romanzo che incrocia l’animo e le vicende umane
Una «divina sorpresa», oltre che «una cosa bellissima». Aldo Cazzullo, giornalista, vicedirettore del Corriere della sera, autore di una trentina di libri e volto di La7 con Una giornata particolare, commenta così a caldo la notizia che il suo libro Il Dio dei nostri padri. Il grande romanzo della Bibbia (Harper Collins, pp. 256, euro 19,50) sia il volume più venduto del 2024 e della settimana di Natale, con ben 400 mila copie acquistate dagli italiani in appena tre mesi. Oltre a un libro, quest’opera è anche uno spettacolo in cui recita Moni Ovadia, mentre in primavera diventerà anche uno speciale televisivo in quattro puntate. Cazzullo, che effetto le fa questo vero e proprio “boom”? «È il segno che noi italiani siamo più legati all’Italia di quello che ci piace riconoscere. In fondo tutti i miei libri riguardano l’identità italiana, il Risorgimento, il Fascismo, la Resistenza, la ricostruzione e poi all’indietro nel tempo Dante, l’Impero romano e adesso la Bibbia. La Bibbia è il libro da cui discendiamo tutti, lì ci sono le radici della nostra cultura giudaico-cristiana, ci sono le radici della nostra civiltà occidentale. E poi, è il testo sacro per il cristianesimo e l’ebraismo ed è importante anche per l’Islam. Ma la Bibbia è anche un grande romanzo, una grande storia. E come di tutte le grandi storie, anche della Bibbia si può dire de te fabula narratur, la storia parla di te. La Bibbia è piena di pagine che ci riguardano, che parlano di noi, che ci risuonano dentro. Siamo stati tutti Caino quando abbiamo detestato qualcuno e siamo stati tutti Davide quando abbiamo affrontato una sfida impossibile e poi magari quella sfida l’abbiamo vinta». Le persone, anche in Italia, si allontanano sempre più dalla fede e le nuove generazioni tendono a non porsi nemmeno il “problema di Dio”. Eppure, anche attraverso le vendite del suo libro, si comprende che una “sete” di Dio e di spiritualità c’è. «Quando i seguaci abbandonano Gesù e Gesù provocatoriamente chiede agli apostoli “Volete andarvene anche voi?”, Simon Pietro risponde “Signore, da chi andremo? Tu solo hai parole di vita eterna”. Anche se noi cerchiamo di esorcizzare la morte poi però, come è scritto nel libro di Giobbe, davanti alle porte della morte siamo ancora costretti a fermarci e a tremare. E qualsiasi speranza in una vita dopo la morte, qualsiasi speranza di rivedere i nostri cari che abbiamo perduto, non può prescindere dalla fede in Dio e non in un dio generico, non nel dio di Voltaire, in un Dio misericordioso che ci ama, che si piega sul solco delle nostre povere vite e si prende cura di noi». Nell’introduzione racconta del suo riavvicinamento alla Bibbia durante le notti in cui ha vegliato suo padre morente. Che cosa l’ha spinta dalla lettura alla scrittura di un libro dedicato alla Bibbia? «Avevo già intenzione di scrivere il libro, però il fatto di aver ricominciato a leggere la Bibbia al capezzale di mio padre mi ha sicuramente messo in una prospettiva più intensa, più vissuta. È stata una grande emozione. Per la generazione dei nostri padri l’esistenza di Dio era certa, come il fatto che il sole sorge e tramonta, sentivano di vivere sotto l’occhio di Dio e cercavano di comportarsi bene anche per questo. Noi abbiamo un po’ perso questa fede, forse anche questa fiducia, questa speranza. Però mio padre è morto convinto che l’aldilà esista. E m’ha detto “io ho la risposta alla domanda che fai sempre a quelli che intervisti, se l’aldilà esiste”. “Ne sei sicuro, papà?”. “No, non sono sicuro, ma ne sono convinto”. E questa convinzione lo ha molto aiutato. E nella Bibbia c’è l’aldilà, all’inizio è un luogo vago, nebbioso. Non c’è inferno o paradiso, non c’è il castigo o il premio, c’è una sopravvivenza quasi spettrale. Ma poi ci sono pagine invece in cui ci si apre alla speranza: la visione di Ezechiele, le ossa che riprendono vita, Dio che dice “Vi farò risorgere dai vostri sepolcri, l’ho detto e lo farò”. E la Bibbia scrive che il regno dei morti è qui sulla terra, Dio non ha creato la morte, la giustizia è immortale. Nel giorno del giudizio le anime dei giusti risplenderanno come scintille».Impressiona pensare oggi alla terra che fa da contesto alle storie della Bibbia, la Terrasanta martoriata dalla guerra. Israele significa “Dio combatte”, sembra che quel popolo sia destinato a lottare. Che idea si è fatto di questo anno e mezzo di guerra e della fragile tregua in corso? «Penso che il 7 ottobre sia stato un orrendo crimine. Penso che la reazione di Israele sia stata eccessiva. Penso che Hamas si faccia scudo dei civili di Gaza che tiene di fatto in ostaggio. Penso che Netanyahu non voglia la pace. Ha vinto un’elezione promettendo che con lui non sarebbe mai nato uno stato palestinese e ha vinto l’elezione successiva promettendo l’annessione della Cisgiordania. So che Sadat è stato ucciso da un estremista islamico per aver fatto la pace con Israele. So che Rabin è stato ucciso da un estremista ebreo per aver tentato di far la pace coi palestinesi. So che le radici di quella guerra sono già nella Bibbia. La parola Palestina deriva dalla parola filistei, il popolo nemico degli ebrei. Il gigante Golia era un filisteo. Dalila, che carpisce a Sansone il segreto della sua forza, era filistea e Sansone viene messo in prigione a Gaza. Non solo, ma quando nel 1967 e nel 1973 Israele e l’Egitto si sono fronteggiati nel Sinai, davanti al Mar Rosso, il campo di battaglia era lo stesso di più di tremila anni prima, quando le acque del Mar Rosso si chiusero sull’esercito del faraone. Non esiste nella storia il caso di due popoli che si chiamano allo stesso modo, Israele ed Egitto, e si fanno la guerra nello stesso posto a distanza di più di tremila anni. La Bibbia parla di violenza, di guerra, di morte, ma parla anche di amore, di pace. C’è un tempo per ogni cosa, un tempo per combattere, un tempo per distruggere, un tempo per costruire, un tempo per la guerra e un tempo per la pace. Magari venisse il tempo della pace. Isaia profetizza che un giorno tutti i popoli dell’umanità convergeranno in pace a Gerusalemme, purtroppo un giorno ancora lontano».
