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Siamo abituati al male. Il libro di Andrea Riccardi ed Edith Bruck
Oltre il male è il libro di Andrea Riccardi della Comunità di sant’Egidio ed Edith Bruck. Un riflessione sul male vissuto nelle guerre e nella Shoah
Oltre il male è il libro di Andrea Riccardi della Comunità di sant’Egidio ed Edith Bruck. Un riflessione sul male vissuto nelle guerre e nella Shoah
Edith Bruck e Andrea Riccardi hanno scritto un libro a quattro mani, per certi versi inedito, che non lascia indifferente il lettore. Il titolo è Oltre il male (pp. 128, editori Laterza). Sono riflessioni che spaziano dal tema della Shoah di cui Edith è una sopravvissuta, alla questione delle guerre che Riccardi ha incrociato come mediatore con la Comunità di sant’Egidio, da lui fondata. Altre questioni che hanno toccato la loro vita nel profondo scandiscono queste pagine. Andrea Riccardi ha presentato il libro a Padova, il 29 gennaio presso il palazzo della Salute.
Professor Riccardi, giorni fa si è vissuta il Giorno della Memoria ricordando i 25 anni dall’istituzione. Ha sortito gli effetti auspicati? «Questa giornata può essere stata celebrata con tanti limiti, ma resta un punto fondamentale in un momento in cui tanti testimoni della Shoah non ci sono più. Erano loro a ricordarci che cosa è stata quella tragedia che non solo ha segnato il ‘900, ma la storia umana. È quindi necessario continuare a vivere il Giorno della Memoria».
Il libro Oltre il male com’è nato? «Da un’amicizia profonda tra me ed Edith Bruck, dalle tante conversazioni avute. Abbiamo parlato del male vissuto soprattutto nella guerra e nella Shoah».
Edith nelle prime pagine del libro parlando dell’antisemitismo dice: «Perché una società, per sentirsi integra, con una sua identità, sembra aver bisogno di odiare qualcuno». Si cerca ancora un capro espiatorio? E l’antisemitismo come si colloca? «La prospettiva del capro espiatorio è profondamente radicata nelle società e ci porta a cercare un nemico. Oggi lo è il migrante che percepiamo come un usurpatore, un invasore. Credo che sia un discorso profondamente sbagliato. L’antisemitismo è conseguenza di uno di questi capri espiatori ed è un fenomeno purtroppo in crescita in Europa. Penso a quello che avviene nelle periferie parigine e alle convivenze difficili tra musulmani ed ebrei in tutta la Francia o in Germania. Anche in Italia ci si accanisce contro la memoria degli ebrei».
Nel libro scrive: «Oggi ci stiamo abituando al male della guerra perché ci viene presentata come un game, come un grande gioco, un gioco tecnologico. Si è perso il contatto con la durezza di quella realtà». Cosa significa? «Ci siamo abituati alla guerra che rimane la madre di tutte le povertà. Quelle contemporanee più che mai sono terribili e distruttive, non terminano per la forza degli armamenti. Sono persuaso che dobbiamo toccare con mano, come dice papa Francesco, le ferite e i drammi provocati dai conflitti, capire veramente le loro conseguenze. Le abbiamo, ahimè dimenticate. La pace deve partire dalla convinzione che le guerre distruggono l’umanità, sono un’avventura senza ritorno. Sono il male. In questo libro lo diciamo chiaramente io ed Edith: la guerra è il male».
Come vede il mondo in cui siamo? «Sono molto molto preoccupato perché stiamo entrando in uno scenario nuovo e non siamo attrezzati culturalmente; assistiamo ad uno svuotamento della cultura. Un altro aspetto di criticità è l’isolamento delle persone in un “io” che si crede sovrano, distaccato dagli altri e che viene trascinato nell’emotività».
Lei parla di «riaffratellarsi», «riscoprire l’umanità dell’altro». «Bisogna partire dalle persone vicine, dagli ambiti dove viviamo, come dicono il sociologo Baumann e il papa. È necessario riscoprire i legami e soprattutto ricostruire il “noi”, quel “noi” che si è dissolto».
In Oltre il male Edith dice che la sua università è stata Aushwitz. E la sua? «Ho cercato di imparare dalla vita e dalla storia, spero di esserci riuscito».