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Pierre Teilhard de Chardin. Una biografia. Un pensatore inquieto
Pierre Teilhard de Chardin. Una biografia è il lavoro di ricerca di Mercè Prats sul «gesuita più famoso del 20° secolo e oggi per molti uno sconosciuto»
MosaicoPierre Teilhard de Chardin. Una biografia è il lavoro di ricerca di Mercè Prats sul «gesuita più famoso del 20° secolo e oggi per molti uno sconosciuto»
Scienziato, teologo, gesuita: Teilhard de Chardin è una delle figure intellettuali più complesse del cattolicesimo del Novecento, per di più “discussa” in Vaticano. A lui Mercè Prats, ricercatrice al Laboratorio sui monoteismi di Parigi, ha dedicato una poderosa ricerca, Pierre Teilhard de Chardin. Una biografia (Libreria Editrice Vaticana), che si avvale della prefazione del Prefetto del Dicastero per la cultura e l’educazione, il cardinale Josè Tolentino de Mendonça.
«Il gesuita più famoso del 20° secolo e oggi per molti uno sconosciuto»: così presenta Pierre Teilhard de Chardin nel suo libro. Perché lo ritiene così importante da vivere la “scommessa” di una sua biografia? «Pierre Teilhard de Chardin (1881- 1955) ha vissuto una vita straordinaria, popolata di avventure, nonostante i numerosi divieti subiti. Un gran numero di biografie gli sono state dedicate, alcune a favore, altre contro. Bisognava armarsi di coraggio per riprendere la ricerca e scrivere un libro scientificamente argomentato, partendo dalle fonti esistenti: gli archivi dei gesuiti francesi e della Georgetown University di Washington, il fondo Teilhard a Parigi. La grande novità di questa mia biografia viene dall’accesso a nuove fonti; gli archivi Pio XII, conservati al Dicastero per la dottrina della fede, in Vaticano, e aperti alla consultazione da papa Francesco nel 2020».
Su de Chardin tante idee e parecchi commenti: che persona emerge? «Teilhard de Chardin ripeteva questa preghiera: “Che la mia vita non contraddica il mio Vangelo”. Gli stava molto a cuore vivere in accordo con quel che predicava. Le sue campagne di scavi archeologici sono all’origine della sua visione cosmica. Sua cugina Marguerite lo esprimeva così: “La Terra, scoperta, cercata, studiata con passione e, se si può dire, con religioso rispetto, fu il trampolino del suo pensiero”. È impossibile dissociare le tre facce che compongono Teilhard de Chardin: l’uomo, il gesuita, lo scienziato. Quest’ultimo è il più facile da presentare, lo attesta la sua carriera, a condizione che non si consideri opere come Il fenomeno umano come un libro di scienza. Teilhard è interamente un gesuita per il suo desiderio di condurre i suoi contemporanei verso la fede. Si poneva nella linea dei gesuiti missionari, che avrebbero voluto offrire alla Chiesa interi continenti. Questa doppia carriera, di paleontologo e di gesuita, è portata avanti da un uomo simpatico. Nel momento più teso della sua carriera, nel 1948, i suoi superiori lo convocano a Roma perché si spieghi direttamente. Ma soprattutto perché sia visto di persona. Il suo eterno sorriso era disarmante».
Come nascono i contrasti con l’autorità ecclesiale e come li ha vissuti? «La vita di Teilhard de Chardin è punteggiata da conflitti con l’autorità. Il primo incidente risale al 1922 quando tenta di rispondere a domande di un amico sul peccato originale. Quella risposta circola in maniera incontrollata e arriva a Roma. Tra il 1931 e il primo dossier a lui dedicato all’ex Sant’Uffizio (1955) ci sono vari momenti di tensioni: quando è accusato di evoluzionismo da padre Gemelli, l’attenzione del Vaticano per la sua vicinanza a Edouard Le Roy, filosofo, i cui libri vengono messi all’Indice, l’accusa di modernismo da parte di padre Garrigou-Lagrange. E, infine, l’enciclica Humani generis di Pio XII, che lo riguarda direttamente, come rivelano gli archivi aperti di recente».
Papa Francesco recentemente lo ha ricordato e addirittura lo ha mostrato come esempio di preghiera. Ci dobbiamo aspettare una piena riabilitazione? «Per parlare di riabilitazione bisognerebbe anzitutto che ci fosse una condanna. Ora, Teilhard de Chardin non è mai stato condannato. Si confonde spesso il Monitum, pronunciato dal Vaticano nel 1962, sotto Giovanni XXIII, con una condanna. Ma Monitum è un avvertimento che mette in guardia dalle “opere di Teilhard de Chardin e dei suoi discepoli”. Il nome di Teilhard de Chardin torna in auge negli anni Ottanta. Giovanni Paolo II nel 1996 cita La Messa sul mondo. Dopo di lui Benedetto XVI nel 2009 fa riferimento alla sua “grande visione” citando ancora La Messa con l’immagine dell’“universo come ostia vivente”. Francesco gli ha dedicato gli ultimi minuti della messa celebrata in Mongolia: lì non viene elogiato lo scienziato ma il mistico, il gesuita che vede Cristo al culmine dell’evoluzione. E lo cita anche nella Laudato si’.
Su Teilhard de Chardin lunedì 31 marzo si tiene un importante incontro culturale a Padova, promosso dalla Facoltà teologica dal Triveneto, dalla Libreria Editrice Vaticana e da Editrice Queriniana. “Teilhard de Chardin 70 anni dopo. La riscoperta di un pensatore inquieto” è il titolo dell’evento cui partecipano padre Stefano Visintin, autore di E Dio disse: sì alla scienza! Il pensiero mistico e spirituale di Teilhard de Chardin (Queriniana), Mercè Prats e Paolo Trianni, teologo della Pontificia università Gregoriana, curatore del libro Rileggere Teilhard de Chardin. Una teologia promettente per il domani (Queriniana). L’incontro, moderato dal teologo Andrea Toniolo è alle 18.30 nella Facoltà teologica del Triveneto di Padova (Aula Tesi – via Seminario 7).
Lorenzo Padovani