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Il parlamento approva il Def. Evitato l’aumento dell’Iva
Il ministro dell’Economia Tria si è detto fiducioso sulla possibilità di «conciliare la crescita e l’occupazione con la sostenibilità del debito».
FattiIl ministro dell’Economia Tria si è detto fiducioso sulla possibilità di «conciliare la crescita e l’occupazione con la sostenibilità del debito».
Sia la Camera che il Senato hanno approvato, com’era ampiamente prevedibile, le risoluzioni presentate dalla maggioranza M5S-Lega sul Documento di economia e finanza, l’atto che dovrebbe contenere le coordinate generali e le prospettive programmatiche della futura legge di bilancio. Quest’anno la situazione era molto particolare perché il Def sottoposto alla valutazione del Parlamento era quello approvato a fine aprile dal governo Gentiloni. Un Def “tecnico”, elaborato per rispettare i tempi istituzionali durante la lunga fase di formazione del nuovo esecutivo, e che si limitava quindi a fotografare situazione e tendenze a legislazione invariata.
Il passaggio parlamentare era molto atteso perché si trattava della prima occasione formale in cui la nuova maggioranza e il nuovo governo si misuravano con la concretezza dei temi economici e finanziari. Ma numeri precisi ancora non ci sono. Bisognerà attendere la nota di aggiornamento al Def, a settembre, ha detto chiaramente il ministro dell’Economia, Giovanni Tria.
Che cosa affermano le risoluzioni approvate? In che cosa impegnano il Governo? Innanzitutto ad adottare tutte le misure necessarie per evitare che scatti l’aumento delle aliquote Iva e delle accise su benzina e gasolio. Un’operazione che da sola richiede oltre 12 miliardi di euro per il 2019 e poco più di 19 miliardi per il 2020. Il secondo impegno è rivedere in tempi brevi il quadro della finanza pubblica, pur nel rispetto dei vincoli europei, per quanto riguarda i saldi di bilancio nel triennio 2019-21. Si tratta di far slittare di un anno l’obiettivo del pareggio di bilancio, al momento fissato per il 2020, il che richiederà una trattativa in sede Ue per ottenere margini di flessibilità, così come hanno fatto gli ultimi governi. Il terzo impegno è l’attuazione del programma illustrato dal presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, nel suo discorso d’insediamento.
A fronte di queste risoluzioni, su cui ha espresso parere favorevole a nome del governo, ha avuto grande rilevanza l’intervento del ministro Tria. Il titolare dell’Economia è alla vigilia del suo debutto a livello europeo (tra Eurogruppo ed Ecofin) e finora aveva parlato solo attraverso un’importante intervista che per l’approccio misurato e responsabile era stata decisiva nel placare i mercati internazionali nel momento di massima pressione sull’Italia.
Tria ha ribadito la volontà di «invertire il calo degli investimenti pubblici in atto dall’inizio della crisi», anche correggendo gli «effetti non voluti» del nuovo codice degli appalti, e ha confermato che nella politica economica dell’esecutivo avrà un ruolo centrale «il reddito di cittadinanza, volto a contrastare le sacche di povertà presenti in Italia tramite interventi non assistenziali bensì tramite l’integrazione nel mercato del lavoro» (un approccio del tutto analogo a quello del reddito d’inclusione già in vigore).
Ma nel perseguire questa politica di «crescita inclusiva ed equa», basata sugli investimenti pubblici in funzione trainante anche per quelli privati, sarà necessario «mantenere un percorso di riduzione del debito e, soprattutto, evitare ulteriore indebitamento volto a finanziare spesa corrente». Proprio questa coerenza, secondo Tria, darà all’Italia più tutela sui mercati internazionali e più forza in sede europea nel sostenere la tesi di una diversa considerazione della spesa per investimenti rispetto alla spesa corrente, ai fini dei vincoli sul debito pubblico. Si tratta di una scommessa ambiziosa. Il ministro dell’Economia si è detto comunque fiducioso sulla possibilità di «conciliare la crescita e l’occupazione con la sostenibilità del debito», assicurando che nel documento programmatico di settembre saranno indicate le «opportune coperture» e «ogni proposta di riforma sarà articolata in considerazione degli effetti sulla crescita e sulla dinamica delle finanze pubbliche».