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Fotovoltaico, c’è la legge in Veneto
Il Veneto si dota di una propria normativa per regolarizzare l’edificazione di grandi impianti solari, con vincoli che tutelano il suolo destinato all’agricoltura e al pascolo
FattiIl Veneto si dota di una propria normativa per regolarizzare l’edificazione di grandi impianti solari, con vincoli che tutelano il suolo destinato all’agricoltura e al pascolo
C’ è voluto oltre un anno di discussioni anche aspre, di confronti e campagne mediatiche accalorate, di emendamenti e ripensamenti. La nuova legge che disciplina “la realizzazione di impianti fotovoltaici con moduli ubicati a terra”, approvata dal Consiglio regionale, vuole salvaguardare i terreni agricoli ma lascia sullo stesso terreno molte perplessità tra gli ambientalisti che difendono il passaggio alle rinnovabili e la tutela del suolo. Il progetto di legge numero 97 – passato con 37 voti favorevoli e 10 astensioni – ha accolto diversi emendamenti presentati dalle opposizioni, facendosintesi delle proposte avanzate dai gruppi consiliari, anche perché questa legge dovrà disciplinare il settore per alcuni decenni. In particolare la legge definisce gli impianti fotovoltaici e agrifotovoltaici, individua i criteri di non idoneità delle aree utilizzabili per la realizzazione degli impianti distinguendo tre macro aree di tutela (il patrimonio storico-architettonico e del paesaggio, l’ambiente e l’agricoltura); introduce i limiti di potenza nelle zone agricole garantendo il mantenimento in via prioritaria dell’attività agricola rispetto all’attività industriale di produzione di energia elettrica, stabilendo che la porzione agricola dedicata all’impianto fotovoltaico sia 1/15 dell’area agricola interessata; stabilisce le competenze delle Province e della città metropolitana di Venezia che dovranno individuare le aree agricole di pregio, mentre la Giunta regionale dovrà regolare le caratteristiche degli impianti, monitorare la loro installazione, controllare il rispetto delle prescrizioni previste nelle autorizzazioni rilasciate. «Questa è una legge che non prende una posizione ideologica – afferma Roberto Bet, consigliere leghista e primo firmatario – ma di equilibrio necessario a salvaguardia dell’esigenza di produrre energia e di puntare sulle fonti rinnovabili, date le condizioni sia di guerra sia degli obiettivi posti dall’Europa. Ci sono aree che devono essere tutelate, l’agricoltura di pregio va salvaguardata e non dobbiamo dare spazio alle speculazioni. No ai grandi impianti, quindi, anche perché il “modello Veneto” che c’è già: stiamo riempiendo tetti e capannoni. Come Regione, inoltre, abbiamo competenze limitate perché serve una legge quadro nazionale».
La legge semplifica l’iter normativo favorendo l’installazione degli impianti in discariche, lotti di discarica chiusi, cave o lotti di cave esaurite. Dopo due anni dalla pubblicazione della legge, la Giunta regionale dovrà sottoporre all’attenzione della seconda commissione consiliare una relazione sullo stato di attuazione della normativa, contenente il numero degli impianti autorizzati, le informazioni aggregate, le tipologie, le soluzioni progettuali, la potenza e l’energia prodotta, nonché l’elaborazione dei dati con particolare riferimento agli impatti prodotti dagli impianti agrovoltaici sul suolo occupato. «Questa legge era molto attesa – aggiunge Andrea Zanoni del Partito democratico – perché in Veneto non c’erano paletti alla rincorsa al fotovoltaico a terra portata avanti da gruppi che stanno facendo importanti investimenti, e anche rispetto alle indicazioni dell’Europa sulla produzione di determinate quote di energia da fontirinnovabili. Manca però un’indicazione su quali effetti produrrà la legge, a iniziare dalla percentuale di aree agricole che verranno effettivamente tutelate. E sulle rinnovabili abbiamo investito poco o niente: non ce lo possiamo più permettere perché sono sotto gli occhi di tutti gli effetti devastanti prodotti dai cambiamenti climatici». «Si tratta di un principio importante – sottolinea il direttore di Coldiretti Veneto Marina Montedoro – che non preclude comunque di perseguire l’obiettivo del Veneto della transizione energetica verso la decarbonizzazione al 2050 e la riduzione della dipendenza energetica. La norma non limita la libertà di iniziativa economica degli imprenditori ma crea un tessuto di indicatori di inidoneità delle aree». Secondo i dati di Coldiretti, per raggiungere gli obiettivi Pniec-Pnrr al 2030, solo installando fotovoltaico a terra, servirebbero cinquemila ettari. A oggi sono 700 gli ettari già occupati da pannelli su una superficie agricola utilizzata di 835 mila ettari coltivati. Molto critiche, invece, le posizioni ambientaliste. «Il provvedimento non accontenta nessuno – chiosa Cristina Guarda, consigliera di Europa verde – e rischia di rivelarsi un requiem per i futuri impianti proprio in virtù degli indicatori presuntivi di non idoneità, visto che si delega completamente ai tecnici di Giunta qualsiasi decisione sulla idoneità di un impianto». Per Legambiente la legge si basa sull’errato assioma della contrapposizione tra produzione energetica e produzione agricola: «È un pessimo segnale quello che arriva dal Consiglio regionale – commenta Luigi Lazzaro, presidente di Legambiente Veneto – anche se, quantomeno, numerosi emendamenti in commissione e in aula hanno evitato danni peggiori e reso la legge per lo più innocua. Per ora abbiamo evitato il funerale alle rinnovabili ma resta una legge discriminante, con troppi vincoli ed enormi margini di discrezionalità. Un freno alle energie pulite e un problema in più da risolvere per il nuovo piano energetico regionale».

L’agrifotovoltaico, o agrivoltaico, consiste nella produzione di energia rinnovabile sui terreni agricoli, senza consumare suolo e senza sottrarre spazi produttivi all’agricoltura e all’allevamento. Prevede l’uso di pannelli solari che per le caratteristiche tecniche e la posizione, consentono di coltivare il terreno nonché il pascolo degli animali.
All’interno degli investimenti legati al Pnrr, lo scorso 25 marzo è stato firmato il decreto nel quale sono state riportate le direttive necessarie all’avvio della misura “Parco agrisolare”, con risorse dedicate pari a 1,5 miliardi di euro. Obiettivo della misura è sostenere gli investimenti per la realizzazione di impianti fotovoltaici su edifici a uso produttivo nei settori agricolo, zootecnico e agroindustriale, escludendo totalmente il consumo di suolo. Tramite l’erogazione di un contributo si potranno coprire anche i costi di riqualificazione e ammodernamento delle strutture (con la rimozione dell’eternit e amianto sui tetti dove presenti) e di coibentazione e areazione delle stalle, con miglioramento del benessere animale.