Fatti
L’Irlanda del Nord è meno protestante e più cattolica
Oltre mezzo secolo dopo i Troubles, Belfast è sempre più vicina a Dublino. I segnali sono precisi, mentre Londra si dibatte fra gli effetti della Brexit e la nuova monarchia.
FattiOltre mezzo secolo dopo i Troubles, Belfast è sempre più vicina a Dublino. I segnali sono precisi, mentre Londra si dibatte fra gli effetti della Brexit e la nuova monarchia.
Il censimento “cattolico”. Alle 9.30 del 22 settembre scorso il dott. David Marshall, responsabile di Nisra, l’Agenzia per le statistiche e la ricerca dell’Irlanda del Nord, ha rilasciato i risultati definitivi di “Census 2021”. Con un milione 903 mila e 175 residenti è la cifra più alta di sempre: 345.400 a Belfast e 116.800 a Fermanagh & Omagh, la municipalità più piccola. E la “geografia” degli immigrati: 20.100 polacchi, 9 mila lituani, 5.600 romeni e 5 mila portoghesi. Ma la vera, epocale, decisiva novità riguarda la fede religiosa. Per la prima volta i cattolici con il 45,7 per cento superano i protestanti (43,5 per cento) che nel 2001 erano il 53,1 per cento. In dettaglio, 869.800 cattolici e 827.500 protestanti, mentre 28.500 sono i fedeli di altre religioni e 177.400 quelli che non appartengono a nessun credo. Infine, la metà della popolazione si dichiara “irlandese” o “nordirlandese”. Un’opzione significativa rispetto al recente passato. È rafforzata anche dal dato sui passaporti: dieci anni fa, il 59 per cento aveva un documento Uk e il 21 per cento irlandese; oggi le percentuali sono rispettivamente del 47 per cento e 27 per cento, ma con il 5 per cento che possiede entrambi i passaporti.
Il confine Ue e il referendum. Dopo la Brexit, la frontiera di Londra con il resto d’Europa è nel mare d’Irlanda. Una soluzione che penalizza l’economia inglese in particolare nel commercio (cambia la dogana sulle merci) e per il riconoscimento delle qualifiche. D’altro canto, dal 2005 il confine tra l’Irlanda e l’Irlanda del Nord è diventato “invisibile” sulla scia dell’Accordo del Venerdì Santo sottoscritto nel 1998. Mary Lou McDonald e Michelle O’Neill, che sono a capo del Sinn Féin (partito nazionalista repubblicano) hanno dichiarato un ambizioso obbiettivo: l’Irlanda unita entro il 2030. Passaggio obbligato, tuttavia complesso. Il border poll, il referendum sull’indipendenza da Londra, spetta al segretario britannico dell’Irlanda del Nord, cioè al governo inglese in base agli accordi e ai protocolli che riguardano l’Ulster. Nel frattempo, crescono i consensi all’Alliance Party of Northern Ireland, l’Apni, nato nel 1970 a sostegno della Gran Bretagna e diventato liberale fino a essere un partito interconfessionale. La leader Naomi Long dichiara che ci sono problemi più urgenti da risolvere rispetto all’assetto costituzionale.
Il caso del calcio femminile. La storica vittoria nello spareggio (1-0 alla Scozia) vale la prima qualificazione ai Mondiali 2023 in Australia e Nuova Zelanda. Tuttavia l’Irlanda di calcio femminile è finita sulla graticola per i festeggiamenti in spogliatoio ripresi da un video che è rimbalzato online, innescando polemiche e reazioni scandalizzate. Le giocatrici hanno celebrato il successo cantando Ooh ah up the ‘Ra cioè un inno dell’Ira durante la lotta armata contro gli inglesi. L’allenatrice Vera Pauw si è scusata pubblicamente: «Un’ombra è stata gettata sulla qualificazione. Abbiamo fatto qualcosa che ha ferito persone e non ci sono giustificazioni».
E lo scandalo degli abusi. L’ultimo romanzo di Catherine Dunne, Una buona madre (casa editrice Guanda con la traduzione di Ada Arduini) ripercorre le storie delle ragazze madri irlandesi rinchiuse in istituti “particolari”. La Chiesa irlandese ha un passato oscuro fra seminari, scuole, orfanotrofi nelle arcidiocesi di Dublino e Tuem come nelle diocesi di Limerick, Raphoe, Cloyne e Ferns. La “Commissione Rayan” dopo dieci anni di indagini ha pubblicato un dossier di 2.500 pagine, grazie a oltre un migliaio di testimonianze, che certifica più di 1.500 violenze compiute fra il 1970 e il 1999. Sono circa 800 i responsabili diretti o complici nell’insabbiamento. Abusi e violenze hanno fatto scattare risarcimenti alle vittime e alle famiglie per una cifra che supera il miliardo di euro.
Il conflitto nordirlandese, conosciuto anche come The Troubles, si è svolto tra gli anni Sessanta e Novanta del Novecento e ha causato oltre 3.500 morti e vide scontrarsi “Unionisti” e “Nazionalisti” in una guerra a bassa intensità.