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Un passaggio storico. Lo sport è nella Costituzione, ora entri anche nelle scuole. Parla il presidente del Coni Veneto Dino Ponchio
Dino Ponchio, presidente Coni Veneto, guarda agli scenari che ora si aprono
FattiDino Ponchio, presidente Coni Veneto, guarda agli scenari che ora si aprono
«La Repubblica riconosce il valore educativo, sociale e di promozione del benessere psicofisico dell’attività sportiva in tutte le sue forme». Con questo comma, accolto nell’articolo 33 della Costituzione, lo sport italiano segna una data storica. Lo scorso 21 settembre, la Camera ha approvato in definitiva e all’unanimità, con 321 voti favorevoli, la proposta di legge costituzionale di elevare lo sport a uno dei valori tutelati dalla Carta. Il provvedimento aveva già ricevuto il via libera dal Senato in prima e seconda lettura e anche alla Camera stessa e, in aggiunta, il suo iter costituzionale era già stato avviato dalla precedente legislatura, poi interrotto a causa dello scioglimento delle camere. «Possiamo parlare di un momento storico e questo aggettivo, in questa circostanza, non è un abuso – ammette, con orgoglio, Dino Ponchio, presidente Coni Veneto – Si dà valore allo sport, un valore che non è solo formale, ma sostanziale, e il fatto che tutti abbiano votato favorevolmente, e non c’è stato assoluto dissenso, significa che ogni qualsivoglia parte politica riconosce il ruolo dello sport. Ci si può chiedere come mai quando è stata approvata la Costituzione, l’Assemblea non aveva ritenuto necessario inserirlo, ma una possibile risposta è legata al Ventennio fascista che ci si lasciava dietro, quando lo sport fu utilizzato come veicolo di propaganda politica e di consenso. Cosa peraltro poi fatta negli anni successivi dai regimi dell’Est». Nel testo originale, infatti, non si fa nessun riferimento. Solo con la riforma del Titolo V, nel 2001, lo sport entra in Costituzione, sia pur “confinato” nel riparto di competenze legislative fra Stato e Regioni: l’articolo 117, comma 3, infatti, annovera «l’ordinamento sportivo» fra le materie di competenza concorrente.
Ora ne viene ribadito il valore educativo e quello sociale se pensiamo alla pratica sportiva come fattore di aggregazione e strumento d’inclusione per persone in condizioni di svantaggio o marginalità, da quella economica a quella fisico-cognitiva: «L’abbiamo visto durante la pandemia – continua il presidente Ponchio – Ha portato crisi di praticanti, di vocazioni, ha portato all’isolamento progressivo dei giovani, a un distacco dalla socialità e anche dalla pratica sportiva, un’affezione esasperata per smartphone e pc. Questi li abbiamo pagati nel post-coronavirus: c’è stata una ripresa sì, ma i giovani erano titubanti, in Veneto abbiamo fatto stage per stimolare i ragazze e ragazzi a mettersi in circuito. Ci siamo riusciti, poi c’è stata quella che io chiamo “la seconda pandemia”, la crisi energetica che ha messo in difficoltà chi gestiva gli impianti sportivi. Abbiamo superato tutto questo siamo tornati a numeri pre-pandemia. Ora, però, dobbiamo chiedere di più: io nasco come insegnante di educazione fisica, non ci siamo ancora, è scandaloso non avere un piano di crescita scolastico dove lo sport sia contemplato. La Costituzione ora ci parla dello sport in tutte le sue forme e per tutti ed è la scuola che si deve aprire alla vera cultura dell’attività motoria: ci dovrebbero essere almeno due ore a settimana già dalla primaria, in Germania e in Francia ne hanno sei. Se questa attitudine viene inculcata già quando si è piccoli, a cascata ci sarà un’automatica esigenza che diventa ciclica perché anche a livello psicofisico i giovani poi ne sentiranno la necessità. L’attività non è occasionale, ma è stile di vita, al di là dei risultati nazionali perché abbiamo sì un vertice competitivo, ma dobbiamo allargare la base». Una base che ha sempre dimostrato, mossa da passione e quasi come propensione innata tutta italiana, di saper tirar fuori il meglio di sé nonostante strutture vetuste e difficoltà economiche. E dal 1° luglio è entrata in vigore anche la nuova riforma dello sport che guarda proprio al mondo dilettantistico, cambiandone radicalmente gestione dei compensi e figure di collaborazione. La nuova legge, infatti va nella direzione di assicurare maggiori tutele agli operatori del settore imponendo alle società di inquadrare tutti i lavoratori compreso chi, per anni, ha svolto il servizio in forma volontaria. «La riforma dello sport è partita in maniera pessima, ora è brutta – tuona Ponchio – Ora è punitiva, punisce lo sport, punisce le piccole società. Noi come Coni continueremo a contestarla anche perché la Costituzione apre a nuovi scenari di sostegno allo sport stesso. Non sono Stato o Regioni i principali “sponsor” dello sport, no sono le famiglie che pagano le quote dei figli. L’effetto di questa pseudo-riforma è che genererà costi elevatissimi per rispettare le leggi, quindi le società o chiuderanno o alzeranno le quote, stimiamo almeno del 30 per cento. Fare sport diventerebbe così elitario, ma allora non sarebbe contrario alla Costituzione?».