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Vescovana, la protesta: “No all’impianto biogas”
Vescovana A fine anno 350 cittadini e i sindaci di cinque Comuni sono scesi in strada per protestare contro un progetto calato dall’alto e impattante
FattiVescovana A fine anno 350 cittadini e i sindaci di cinque Comuni sono scesi in strada per protestare contro un progetto calato dall’alto e impattante
Non solo ambientalisti con la cosiddetta sindrome di Nimby (acronimo dall’inglese Not in my back yard, vale a dire non nel mio cortile), ma tutta la comunità di Vescovana il 30 dicembre scorso ha manifestato la propria opposizione al progetto di impianto di biometano e piccolo zuccherificio che potrebbe sorgere in via Bassa e avere conseguenze negative per il territorio. Due le preoccupazioni principali: l’utilità effettiva dell’impianto per il territorio e la sua potenziale incompatibilità con le caratteristiche agricole della zona. Sono scesi in strada in circa 350 per dire “no”: c’erano i sindaci di Vescovana, Barbona, Boara Pisani, Solesino, Granze, dei comitati di Papozze e Ceregnano, i rappresentanti di Coldiretti e Confagricoltura e i residenti con i bambini della scuola di musica Suzuki di Vescovana in prima fila che hanno dato vita a un concerto. Per tutti la preoccupazione è che per colpa di questo progetto il territorio possa essere inquinato e svalutato: alimentato a barbabietole l’impianto dovrebbe produrre 6 megawatt di potenza e 1.500 metri cubi ora di biogas di cui 500 composti da CO2 . «Questa manifestazione dimostra ancora una volta che i progetti devono essere concordati con la popolazione – spiega Francesco Miazzi del Comitato popolare Lasciateci Respirare – Qui ci stiamo opponendo con tutte le forze a un progetto che potrebbe avere un impatto fortissimo sia dal punto di vista ambientale che sociale. Siamo all’assurdo ambientale perché per alimentare 6 megawatt vengono dedicati centinaia di ettari di coltura agricola e così si dà da mangiare al biodigestore anziché alle persone. Ma questo impianto significa anche emissioni inquinanti, traffico indotto e dieci ettari di consumo di suolo».
Profonda anche la protesta degli agricoltori che vedono sconvolta la loro economia: «Qui abbiamo le nostre radici –hanno dichiarato in una nota gli imprenditori agricoli della zona – C’erano i nostri padri con le loro zappe e l’amore per la terra, abbiamo vissuto le loro fatiche e oggi ci siamo noi, con i nostri trattori e la nostra imprenditorialità. Siamo gli agricoltori di queste terre, viviamo qui, lavoriamo qui e qui pensiamo al nostro futuro. Quest’opera non aiuta, non ci arricchisce, svaluta i nostri terreni, li può rendere inadatti a sviluppi futuri. Tutto questo non è a nostro favore, e siamo noi i primi che i proponenti dovevano interpellare se si fosse voluto che il prodotto delle nostre terre desse linfa a questo impianto. Così non è stato, rendendo ancor meno credibile il progetto presentato. Un’opera che non ci appartiene. Siamo i custodi primi di questa terra e proprio per questo con le nostre sigle associative, abbiamo aderito alla manifestazione assieme a tutti i cittadini di Vescovana. Sicuri della posizione intrapresa. Certi di salvaguardare la nostra categoria e il nostro futuro». A Vescovana è la prima volta che la gente ha manifestato per ribadire il suo netto rifiuto a un progetto, finanziato per il 40 per cento dal Pnrr e gestito dalla House Build Silvania di Camponogara, che avrebbe conseguenze devastanti per il territorio ma soprattutto «per ribadire i propri sì: alla salute, all’aria pulita, a un cibo sano, al rispetto della gente e al senso ultimo del nostro agire». La parte tecnica regionale intanto ha spostato la presentazione di rilievi al progetto, prevista proprio per il 30 dicembre, a fine mese.
Venerdì 12 gennaio alle 21 nella sala patronato della parrocchia di Boara Pisani, il comitato Lasciateci Respirare sezione Vescovana incontra i cittadini per informazioni sul progetto Biometano a Vescovana.

Una coscienza ambientale che si trasmette e tramanda da generazione in generazione. Mezzo secolo di battaglie ambientaliste a partire dalla grossa mobilitazione che impegnò cittadini della Bassa Padovana per fermare l’escavazione dei Colli. Come le strope. Storie di ambientalismo nel Veneto e nella Bassa Padovana (Tracciati, 400 pp.) è un libro-dossier scritto a più mani, in cinquanta tra giornalisti e ambientalisti hanno dato il proprio contributo. Grandi scandali, infiltrazioni mafiose legate a discariche e inceneritori, fino ai giorni nostri con il consumo di suolo, la cementificazione e i poli logistici. Le strope, in dialetto, sono i rami del salice da vimini, quel salice che svetta verso l’alto e che quando viene capitozzato ricresce più forte e ostinato. Ma è anche il rametto che veniva utilizzato come bacchetta per punire chi si comportava male. Come chi sfrutta il territorio.