FattiUn primo passo Il Tribunale di Padova ha condannato un’azienda che lavora per Amazon di Vigonza per aver licenziato due driver dopo l’apprendistato
Forse non sarà una sentenza a cambiare la cultura del lavoro, che manca, come dimostrano le tante vittime nei cantieri e il dramma del caporalato scoperchiato ancora una volta dalla tragedia di Latina. Ma quanto ha stabilito il Tribunale di Padova con una doppia sentenza dello scorso 23 maggio può rappresentare una svolta nel settore dei driver, gli autisti che consegnano i pacchi per le grandi piattaforme di vendita. I giudici hanno, infatti, stabilito che un’azienda, la Professional Solutions srl, una delle sei società che hanno in appalto l’attività di consegna per conto di Amazon di Vigonza, ha ingiustamente licenziato due lavoratori al termine del periodo di apprendistato. I due autisti, assunti insieme a molti altri durante la pandemia con un contratto di apprendistato, sono stati licenziati al termine del periodo di formazione. Le due sentenze – che hanno condannato l’azienda a indennizzare ciascun lavoratore con ottomila euro, a pagare diecimila euro di spese per le cause e undicimila per la consulenza tecnica e a versare a uno dei due un’indennità pari a 20 mensilità – rappresenta «una grande vittoria» per Daniel Perta, segretario provinciale della Filt (Federazione italiana lavoratori trasporti) Cgil di Padova, perché «dimostrano che avevamo ragione a ritenere distorto l’uso dei contratti di apprendistato, soprattutto in certi settori». «Va ribadito che “apprendistato” non significa contratto a tempo determinato – sottolinea Perta – ma tempo in cui si acquisiscono competenze per esercitare una professione. Un periodo durante il quale l’imprenditore gode di sgravi contributivi e il lavoratore ha una paga inferiore perché in formazione». Se in certi settori il periodo di apprendistato serve effettivamente a maturare una preparazione necessaria a svolgere determinate mansioni, per esempio in un’officina o in un laboratorio, in molti ambiti dal primo giorno si svolgono i compiti di tutti gli altri lavoratori: «palmare, percorsi, pacchi, e la formazione è conclusa» e dopo un giorno si è sulle strade a consegnare pacchi come tutti gli altri.
Il segretario della Cgil spera adesso che altri lavoratori, potrebbero essere alcune decine, che hanno subito lo stesso trattamento, si facciano avanti per avviare cause che possono portare allo stesso esito. La doppia sentenza apre nuovi interrogativi, secondo Perta: «Quando è stato aperto il centro logistico di Vigonza c’erano 30-40 autisti. Oggi girano nella sede cinquecento autisti e se da un lato è evidente che si tratta di un investimento che dà lavoro a centinaia di persone, dall’altro dobbiamo interrogarci sulla qualità di quel lavoro e sull’impatto ambientale che hanno circa trecento furgoni, tutti diesel, che girano ogni giorno sulle nostre strade. Sul primo aspetto la sentenza ricorda alla multinazionale americana che quel che avviene all’interno delle società cui affida le proprie attività la riguarda. Rispetto alla tutela ambientale, vogliamo portare Amazon a un tavolo di discussione per confrontarci e cercare una strategia che riduca il danno sull’ambiente». Attorno al centro logistico Amazon di Vigonza ruotano sei ditte di autotrasporti che forniscono al colosso prestazioni in appalto. Del resto, il mondo dei driver è in constante espansione e già oggi in Veneto sono centinaia gli autisti impiegati in vari gruppi. «Oltre ad Amazon, ci sono Bartolini con 240-250 autisti anche con patenti per motrici, Fedex con i proprio 80 addetti, Dhl che ha tra 70 e 80 autisti e Ups che arriva a una quarantina – afferma Daniel Perta – Tutte persone che attraversano le nostre strade tutti i giorni».
Il centro di smistamento e distribuzione Amazon di Vigonza negli ultimi anni è stato al centro di scioperi e proteste da parte del personale interno del magazzino e dei corrieri che denunciano soprattutto i ritmi forsennati senza pause e la dipendenza delle rotte in base all’algoritmo della multinazionale americana dell’ecommerce. Secondo la Cgil padovana i lavoratori denunciano problemi fisici, a causa della ripetitività con i driver che arrivano anche a 180 consegne al giorno senza mangiare.
