FattiInammissibile, secondo la Corte costituzionale, il quesito del referendum per abolire la Legge Calderoli. «Oggetto e finalità poco chiari» secondo la sentenza. Per Luca Zaia questo è «un auspicio per lavorare con serenità su un dialogo costruttivo». Il nodo rimangono i Lep
La certezza è che la Corte costituzionale, riunitasi in camera di consiglio nella giornata di lunedì 20 gennaio, ha dichiarato inammissibile il quesito del referendum per abolire la legge sull’autonomia differenziata, la cosiddetta Legge Calderoli. Seppur in attesa che la sentenza venga depositata, a renderlo noto è lo stesso ufficio stampa dell’organo di garanzia costituzionale che, tramite comunicato, sottolinea come «la Corte ha rilevato che l’oggetto e la finalità del quesito non risultano chiari… ciò pregiudica la possibilità di una scelta consapevole da parte dell’elettore». Alla base della decisione dei giudici costituzionali c’è una logica sostanziale: dopo la sentenza della stessa Consulta del 14 novembre scorso in seguito al ricorso delle Regioni Puglia, Toscana, Sardegna e Campania (tutte di centrosinistra) che ha bocciato sette punti e ha chiesto la riscrittura di altri cinque secondo orientamento costituzionale, di fatto della Legge Calderoli restava poco. «Premetto che stiamo parlando di un comunicato stampa, bisognerà leggere bene le motivazioni della sentenza – introduce Andrea Michieli, assegnista di ricerca di Diritto costituzionale all’Università di Padova – Non è né una bocciatura della Legge Calderoli né probabilmente una bocciatura del quesito originario. La Corte non è stata chiamata a intervenire nel merito della legge, a differenza di quanto avvenuto nei mesi scorsi, ma è intervenuta invece sul quesito referendario: il comunicato stampa evidenzia che potenzialmente il quesito avrebbe confuso l’elettore. Il referendum, infatti, chiedeva l’abrogazione della Legge Calderoli nel testo originario, prima della sentenza della Corte costituzionale numero 192 del 2024. L’intervento della Corte e la necessaria riforma della legge rischiavano di far leggere il quesito come finalizzato a “colpire” l’istituto del regionalismo differenziato in sé, come previsto da una disposizione costituzionale che non può essere sottoposta a referendum. La Corte si deve fare garante del popolo che va a votare e che si deve trovare dinanzi a un quesito chiaro su cui esprimere la propria valutazione politica». La politica “fa il suo gioco” interpretando la decisione secondo logiche di partito e portando acqua nei propri mulini. Se a Roma, la premier Giorgia Meloni si sente più rasserenata allontanando, al momento, un tema che l’opposizione definisce “spacca Italia”, rimanendo nel nostro territorio, Vanessa Camani, capogruppo del Partito Democratico in Consiglio regionale del Veneto, parla di «un tentativo di riforma che era già stato demolito e che ora viene definitivamente archiviato… Evidentemente non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire». Di tutt’altro avviso il presidente Luca Zaia: «La prima volta la sentenza relativa al ricorso contro la legge Calderoli ha analizzato il merito della legge, fornendo alcune indicazioni per apportare correttivi, pur confermandone la piena legittimità. Questa nuova sentenza ci consente di lavorare con maggiore serenità e auspico che diventi un’occasione per avviare un dialogo costruttivo e porre fine agli scontri. Io spero si arrivi quanto prima alla definizione delle prime funzioni della materia della Protezione civile, la Consulta ha definitivamente chiuso il capitolo delle dispute referendarie». Ma si può parlare effettivamente di tempi più sereni e dilatati soprattutto sul delicato tema dei Livelli essenziali delle prestazioni, ovvero l’insieme di servizi fondamentali che lo Stato deve garantire in modo uniforme su tutto il territorio? «Guardando il contesto politico – aggiunge Michieli – le due sentenze della Corte aprono alla possibilità di un dialogo che è meno contingentato nelle sue tempistiche. Il comitato Lep ha lavorato con la scadenza del 31 dicembre 2024, perché l’intenzione del legislatore era di far partire, prima possibile, la contrattazione con le Regioni per sottoscrivere le intese. Questo scenario può permettere una più approfondita definizione dei Lep: ciò non può che essere valutato positivamente perché gli stessi Lep sono strumenti che, in ogni caso, migliorano il sistema Paese e sono garanzia dei diritti. L’auspicio è che questi interventi della Corte possano favorire un dibattito di merito sul futuro delle autonomie». Andrea Michieli sottolinea, inoltre, che nulla vieta in futuro di ritrovarci con un nuovo referendum abrogativo. Tuttavia per l’assegnista padovano «occorre ricordare che il provvedimento promosso dal ministro degli Affari regionali Roberto Calderoli non è una legge necessaria per attuare l’articolo 116 della Costituzione comma 3: è una legge meramente procedurale che dà delle utili indicazioni e che oggi dev’essere modificata e attuata alla luce dei principi sanciti dalla Corte; di per sé però ancora oggi una Regione potrebbe richiedere l’avvio della negoziazione per chiedere ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia, in attesa delle modifiche della stessa legge».
Oltre che su quello legato all’autonomia, la Corte costituzionale si è pronunciata su altri cinque quesiti referendari, dichiarati tutti ammissibili. Hanno, infatti, avuto il “via libera” quello per ridurre da 10 a 5 anni i tempi per i cittadini stranieri per ottenere la cittadinanza mentre gli altri quattro interessando materie relative al lavoro e riguardano Jobs act, contratti a termine e infortuni. In particolar modo, il referendum sulla cittadinanza punta al dimezzamento da 10 a 5 anni dei tempi di residenza legale in Italia dello straniero maggiorenne proveniente da Paesi extra Ue ai fini della presentazione della domanda di concessione della cittadinanza. Delicato quello relativo agli infortuni sul lavoro: con il referendum si vogliono tagliare le norme che impediscono, in caso di infortunio sul lavoro, di estendere la responsabilità all’impresa appaltante.
La Corte costituzionale, nella giornata di martedì 21 gennaio, ha eletto come proprio nuovo presidente – fino al 2026 – Giovanni Amoroso, membro più anziano della Corte, e già presidente facente funzione. Ha 76 anni, è magistrato dal 1976, ed giudice della Corte dal 2017. Giovanni Amoroso succede ad Augusto Barbera.
La legge Calderoli è una legge quadro, il cui scopo è fissare regole e procedure per arrivare alla stipula di intese Stato-Regione su alcune o tutte le 23 materie sulle quali le Regioni stesse hanno possibilità di chiedere maggiori e ulteriori forme di autonomia. A dicembre, pur confermando la legittimità della legge sotto il profilo costituzionale, la Corte ha segnalato sette rilievi o “bocciature”, ne citiamo alcuni come il trasferimento che dev’essere di funzioni di materia e non di materie in toto. O che la delega per la determinazione dei Lep non può essere appannaggio dell’esecutivo ma deve coinvolgere il Parlamento.
