FattiAggressioni Il Veneto è la prima regione a dotarsi di un piano di contrasto: microcamere e orologi smart saranno in dotazione al personale sanitario
Episodi di aggressione che si aggiornano, verrebbe purtroppo da dire, quasi giornalmente. L’ultimo episodio è avvenuto nella notte del 16 e 17 marzo al pronto soccorso dell’ospedale di Padova: chiamati dal personale sanitario, i carabinieri hanno assistito a una donna di 43 anni, in stato d’alterazione alcolica, tirare calci e sferrare gomitate verso gli infermieri. Quattro di loro hanno riportato lievi traumi. Solo qualche giorno prima, il 12 marzo – in occasione della Giornata nazionale di educazione e prevenzione contro la violenza nei confronti degli operatori sanitari e socio-sanitari – la Regione Veneto aveva lanciato un innovativo progetto, denominato “manovra antiviolenza”: il piano prevede l’introduzione di strumenti tecnologici avanzati, tra cui braccialetti con allarme e microcamere indossabili per registrare immagini e audio delle aggressioni. Questi dispositivi saranno inizialmente sperimentati per due mesi nell’Ulss 4 Veneto Orientale, nei reparti di accettazione e triage. L’operatore dovrà informare l’utente dell’attivazione della registrazione, e i filmati saranno disponibili per 7 giorni, visionabili solo da autorità sanitarie e forze dell’ordine. Il progetto ha un budget di 4 milioni di euro, destinati all’acquisto di circa 7.000 dispositivi tramite una gara europea che partirà nei prossimi mesi. Il presidente Luca Zaia ha evidenziato la necessità di una risposta sistematica: «In Italia si registrano 25.940 aggressioni all’anno, e nel 69 per cento dei casi non viene presentata denuncia. In Veneto i numeri sono in crescita allarmante: 220 casi nel 2020, 663 nel 2021, 883 nel 2022, 2.229 nel 2023 e 2.595 nel 2024». Per questo motivo, la Regione ha deciso di implementare misure di sicurezza concrete e di promuovere anche un adeguato supporto legislativo a livello nazionale. Oltre alle bodycam ci sono anche i braccialetti “smart” che arriveranno in una fase successiva e saranno dotati di sistemi di allarme, geolocalizzazione e monitoraggio dei parametri vitali. Potranno inviare segnali di emergenza direttamente alla sicurezza ospedaliera o alle forze dell’ordine. Zaia ha infine annunciato che il progetto non si fermerà qui: la Regione sta già lavorando per integrare questi dispositivi con l’intelligenza artificiale, in grado di prevedere atteggiamenti aggressivi analizzando i movimenti delle persone. Con questa iniziativa, il Veneto diventa la prima regione italiana a dotarsi di strumenti di sicurezza così avanzati per la protezione del personale sanitario; azioni di deterrenza senz’altro positive per Filippo Crimì, presidente dell’Ordine dei medici chirurghi e odontoiatri di Padova, che insiste, però, su un cambiamento strutturale: «Esprimendo solidarietà ai quattro infermieri aggrediti a Padova, è evidente che qui c’è stato il pronto intervento delle forze di polizia, ma in tantissimi altri Ps manca un presidio. Servirebbe allora un accordo di vigilanza privata, magari collegati ai sistemi proposti dalla Regione: aspettiamo di vederne, dunque, l’applicazione. Ma per poter rispondere adeguatamente all’insoddisfazione dei pazienti, sentimento che potrebbe tradursi in atteggiamenti violenti, è necessario riorganizzare e investire sui Ps e sulla medicina del territorio, incrementando il numero e valorizzando il ruolo degli operatori che lavorano in prima linea come “front office” del sistema sanitario nazionale».
L’assessore alla sanità, Manuela Lanzarin ha ricordato che «già con le linee guida del 2022 sono stati formati 5.000 operatori», sottolineando che «il tema è stringente, dato che il timore di essere vittima di violenza è tra le principali cause di dimissioni nella sanità pubblica».
