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Quero, una pietra d’inciampo per non dimenticare la piccola Dina Dora
Quero La prima pietra d’inciampo posata nel Bellunese ricorda la bambina di pochi mesi deportata ad Auschwitz
FattiQuero La prima pietra d’inciampo posata nel Bellunese ricorda la bambina di pochi mesi deportata ad Auschwitz
Deportare e destinare a morte sicura una bambina di pochi mesi assieme alla sua famiglia. È accaduto 80 anni fa, in Veneto. Lei si chiamava Dina Dora Hasenlauf, era nata a Quero e il 31 gennaio 1944 fu mandata ad Auschwitz con il padre Israel, la madre Sofia e la sorella Ruth, di qualche anno più grande. Nessuno di loro fece ritorno. Proprio a Quero, che dall’anno scorso è confluita nel nuovo Comune di Setteville, venerdì 28 marzo in memoria di Dina Dora è stata posata una pietra d’inciampo (in tedesco Stolpersteine), la prima in provincia di Belluno. L’iniziativa fa parte del progetto ideato oltre trent’anni fa dall’artista tedesco Gunter Demnig per mantenere viva la memoria delle vittime del nazismo attraverso l’installazione nel selciato di piccoli blocchi in pietra – ciascuno recante una piastra d’ottone con il nome, la data di nascita e di morte della vittima – di solito collocati davanti alle ultime abitazioni delle persone deportate. L’iniziativa ha un significato profondo: «Abbiamo scelto questa bambina per far capire ai nostri ragazzi che era come loro, nata e vissuta qui. Ricordarla significa rendere omaggio a tutte le persone di religione ebraica che hanno subito la stessa sorte», spiega l’assessore alla cultura e al turismo Ketty Bavaresco. Il percorso che ha portato alla posa della pietra d’inciampo ha avuto origine nel 2012, quando in seguito alla segnalazione di un cittadino si riaccese l’attenzione sulla realtà poco conosciuta degli internati ebrei nel Bellunese durante la seconda guerra mondiale. Queste persone, provenienti soprattutto da Germania, Austria e Polonia e in diversi casi accompagnati dalle loro famiglie, per alcuni mesi riuscirono a condurre una vita relativamente normale, intrecciando legami con la popolazione locale: «Avevano l’obbligo di firma ma non erano dietro le sbarre – aggiunge Bavaresco – Vivevano tra noi, accolti dalla comunità, finché non furono deportati nei campi di sterminio». La cerimonia ha visto la partecipazione di cittadini, istituzioni e associazioni culturali. La pietra è stata collocata all’incrocio tra via Nazionale e via Roma di fronte all’attuale casa di riposo, l’ex “casa Banchieri” che, assieme a ‘‘casa Cometto’’, fu uno dei due principali alloggi per i circa 45 ebrei stranieri che vissero nella cittadina. «Speriamo che chi la vedrà si fermi e si interroghi. È proprio questo infatti il senso dell’iniziativa: far riflettere e tramandare la memoria di quanto è accaduto». L’evento è stato accompagnato da un incontro con gli studenti delle scuole medie, durante il quale è stato proiettato un documentario con testimonianze di superstiti, e da un concerto di musica ebraica. Quella di Quero è la prima, ma sicuramente non l’ultima iniziativa di questo genere nel Bellunese: nel prossimo anno in provincia dovrebbero essere posate altre 34 pietre d’inciampo, che dovrebbero contribuire a far luce su una realtà ancora troppo poco conosciuta: quella dei cosiddetti campi di internamento “liberi”, dove i deportati conducevano un’esistenza apparentemente normale prima di essere strappati alle loro vite e inviati nei lager nazisti. Un ulteriore passo per non dimenticare.