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Chiesa IconChiesa | In dialogo con la Parola

mercoledì 11 Gennaio 2023

II Domenica del Tempo ordinario *Domenica 15 gennaio 2023

Giovanni 1,29-34

Redazione
Redazione

In quel tempo, Giovanni, vedendo Gesù venire verso di lui, disse: «Ecco l’agnello di Dio, colui che toglie il peccato del mondo! Egli è colui del quale ho detto: Dopo di me viene un uomo che è avanti a me, perché era prima di me. Io non lo conoscevo, ma sono venuto a battezzare nell’acqua, perché egli fosse manifestato a Israele».

Giovanni testimoniò dicendo: «Ho contemplato lo Spirito discendere come una colomba dal cielo e rimanere su di lui. Io non lo conoscevo, ma proprio colui che mi ha inviato a battezzare nell’acqua mi disse: Colui sul quale vedrai discendere e rimanere lo Spirito, è lui che battezza nello Spirito Santo. E io ho visto e ho testimoniato che questi è il Figlio di Dio».

Strano! Ci siamo lasciati alle spalle il tempo natalizio, portato in soffitta il presepio, e Giovanni Battista è ancora qua. Forse nella fretta di seguire angeli e pastori, non ci siamo accorti che con tutte le sue grida, aveva ancora qualcosa da dirci. E, in effetti devo scusarmi – ci dice – «non lo conoscevo» (Gv 1,31). E ce lo dici adesso, a feste finite? – gli rispondiamo noi! Sì, «non lo conoscevo» (1,33) – torna a ripeterci. 

Ci fa tanta tenerezza questo Giovanni Battista! Teme di averci fatto fare confusione. Quando «vi dicevo: “Dopo di me viene un uomo che è avanti a me, perché era prima di me”» (1,30) ho confuso tempi e preposizioni grammaticali. Ho messo dopo per importanza quello che veniva prima, soprattutto prima di me. L’irruenza con cui parlavo mi impediva di vederlo bene. Aspettavo un contadino che, armato di ventilabro, fa sull’aia del mondo piazza pulita di tutta la pula. E, invece, Gesù è molto, molto di più e di diverso. È come confrontare l’acqua con il fuoco. Ora, però, sono certo di quello che dico. «Ho contemplato lo Spirito discendere come una colomba dal cielo e rimanere su di lui. Colui che mi ha inviato a battezzare nell’acqua mi disse: colui sul quale vedrai discendere e rimanere lo Spirito, è lui che battezza nello Spirito Santo. E io ho visto e ho testimoniato che questi è il Figlio di Dio» (1,33-34). Volevo dirvelo!

E allora? Allora, cancellate le parole grosse con cui io ho stordito il deserto e guardatelo con tutto lo stupore che il Natale vi ha già regalato. Lui, Gesù, il Cristo, quel figlio dell’uomo in cui il Padre trova tutto il suo compiacimento, quella colomba dello Spirito che viene a tirar fuori dai nascondigli della vergogna la colomba del suo popolo, è «l’agnello di Dio, colui che toglie il peccato del mondo» (1,29)! 

Sono poche parole, un belato di innocenza, un fiato di tenerezza. Grammaticalmente suonano come due proposizioni diverse: «agnello di Dio» e «colui che toglie il peccato del mondo». E, invece, sono due dimensioni che si legano a vicenda. L’una è causa dell’altra, la prima è la modalità della seconda e la seconda è il risultato della prima. Cioè?! Sarà solo, immolandosi come agnello, che Gesù toglierà il peccato. Ci riscatterà dalla nostra vergogna, pagando con il suo sangue. Proprio come successe in Egitto, con Mosè, la notte della liberazione! 

È un panorama bellissimo, quindi, quello che si apre oggi davanti a noi. Ricorda quanto Isaia descrive in una pagina stupenda delle sue profezie. Ti aspetti – dice – un Dio che avanza tra trofei sul carro trionfale, seguito dai prigionieri di guerra, mostrando come è riuscito con braccio potente a farsi largo nella storia e… ti trovi davanti, invece, un pastore che «con il suo braccio raduna il suo gregge, porta gli agnellini sul petto e conduce pian piano le pecore madri» (Is 40,11). Gesù sarà così e più di così! Un pastore che, dopo essere stato davanti al gregge ad aprire la strada, corre indietro a raccogliere chi fa più fatica e a portare in braccio le fragilità più innocenti. E ancora di più: un pastore che si fa agnello, agnello sacrificale, per tutto il gregge. È il tutto che si fa niente. È quell’ostia di niente che il sacerdote ad ogni messa mostra ai fedeli, ripetendo le stesse parole di Giovanni Battista: «Ecco l’agnello di Dio, ecco colui che toglie i peccati del mondo». Il Cristo – ci conferma Giovanni Battista – è un Dio che, invece, di divorare la sua gente, come sarebbe giusto e come fanno tutti gli dei pagani, non solo si immola per noi, ma addirittura ancora oggi si fa mangiare da noi. Da padrone assoluto di tutto diventa il servo di tutti, «mite e umile di cuore» (Mt 11,27), «ristoro per quanti di noi sono stanchi e oppressi» (11,29) dalla vita.

Il salmista gli dà parola e lui, Gesù, ci racconta cosa si son detti lui e il Padre: «Non hai chiesto olocausto né sacrificio per il peccato. Allora ho detto: “Ecco, io vengo”. “Nel rotolo del libro su di me è scritto di fare la tua volontà: mio Dio, questo io desidero; la tua legge è nel mio intimo”» (Sal 39,7-9). Questo fa Cristo «per restaurare le tribù di Giacobbe e ricondurre i superstiti d’Israele» (Is 49,6)! Lui, agnello di Dio, diventa così «luce delle nazioni, salvezza fino all’estremità della terra» (Ivi). Nella sua mitezza avrà in eredità la terra e permetterà a tutti di essere beati (Mt 5,5).

Lo sa bene anche Paolo. Raggiunto da Cristo sulla strada di Damasco, perde di colpo ogni rabbia che lo spinge a mettere in carcere quelli che sono di Cristo e ai cristiani di Corinto, che gli voltano le spalle nella maniera più ingrata, riserva loro solo «grazia e pace da Dio Padre nostro e dal Signore Gesù Cristo» (1Cor 1,3). Che altro può belare un agnello? Solo questo, anche quando i lupi non vengono da fuori, ma ringhiano d’ignoranza dentro il gregge: «Perdona loro, Padre, non sanno quello che fanno!» (Lc 23,34). 

Giustamente, quindi, a ogni messa, mostrando l’ostia di niente a cui si è ridotta l’onnipotenza di Dio il celebrante dice: «Beati, beati gli invitati alla mensa dell’Agnello!». È solo così, infatti, che si salva il mondo!

frate Silenzio

Sorella allodola

Solo la tenerezza di un innocente ci salva dalle brutture del mondo!

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