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Chiesa IconChiesa | In dialogo con la Parola

martedì 14 Gennaio 2025

II Domenica del Tempo Ordinario *Domenica 19 gennaio 2025

Giovanni 2,1-11

Redazione
Redazione

I

n quel tempo, vi fu una festa di nozze a Cana di Galilea e c’era la madre di Gesù. Fu invitato alle nozze anche Gesù con i suoi discepoli. Venuto a mancare il vino, la madre di Gesù gli disse: «Non hanno vino». E Gesù le rispose: «Donna, che vuoi da me? Non è ancora giunta la mia ora». Sua madre disse ai servitori: «Qualsiasi cosa vi dica, fatela».

Vi erano là sei anfore di pietra per la purificazione rituale dei Giudei, contenenti ciascuna da ottanta a centoventi litri. E Gesù disse loro: «Riempite d’acqua le anfore»; e le riempirono fino all’orlo. Disse loro di nuovo: «Ora prendetene e portatene a colui che dirige il banchetto». Ed essi gliene portarono.

Come ebbe assaggiato l’acqua diventata vino, colui che dirigeva il banchetto – il quale non sapeva da dove venisse, ma lo sapevano i servitori che avevano preso l’acqua – chiamò lo sposo e gli disse: «Tutti mettono in tavola il vino buono all’inizio e, quando si è già bevuto molto, quello meno buono. Tu invece hai tenuto da parte il vino buono finora».

Questo, a Cana di Galilea, fu l’inizio dei segni compiuti da Gesù; egli manifestò la sua gloria e i suoi discepoli credettero in lui.

Non c’è niente da fare! Abbiamo il fiato corto, anche nelle imprese più grandi. Ai grandi propositi, infatti, seguono le sconfitte più dolorose, senza che sappiamo identificarne le cause. C’è un male nascosto che svuota da dentro ogni nostra festa. Succede a Cana di Galilea, al matrimonio, a cui son invitati Gesù e i suoi discepoli, insieme a Maria, sua madre. Il catering è arrivato, ha piantato le proprie tende, acceso i fuochi e la musica è partita a palla, tra danze e complimenti. Ma, ecco, dopo una riga e mezza di Vangelo, il flop è annunciato: «Non hanno vino» (Gv 2,3). È Maria che lo dice a Gesù. Ma che può fare Gesù? È uno dei tanti invitati. È un problema che riguarda gli sposi, ma prima ancora gli organizzatori e più di tutti «colui che dirige il banchetto». Giustamente, quindi, Gesù declina ogni sua responsabilità. Ma stupisce la violenza, con cui Gesù chiude letteralmente la bocca a sua madre: «Donna, che vuoi da me? Non è ancora giunta la mia ora» (2,4). A parte quel che si dice per addolcire le parole, è una rispostaccia quella che Gesù dà a sua madre! Lui di intervenire non vuole proprio saperne, ma anche lei, Maria, deve star fuori di tutto, anche dalla preoccupazione di dire a lui quello che deve fare. 

«Qualsiasi cosa vi dica, fatela» (2, 5) è la voce che Maria dà per tutta risposta non a Gesù, ma ai servi. Che bello! Lei, serva dichiarata della Parola, raccomanda ai servi di non perdere nessuna delle parole di Gesù. Tanto lei è certa che prima o dopo suo figlio prenderà in mano la situazione.

E, infatti, Gesù non tarda a dire ai servi: «Riempite d’acqua le anfore» (Gv 2,7). Le anfore stanno all’ingresso della festa, sono sei come i giorni della fatica dell’uomo e sono lì perché gli invitati possano pulirsi mani e piedi e rinfrescare il volto dall’arsura del cammino. E l’unico modo per ritemprare le forze sta, secondo Gesù, nel riempire quelle anfore della sua parola. E quelli lo fanno. «Le riempirono fino all’orlo. Disse loro di nuovo: “Ora prendetene e portatene a colui che dirige il banchetto”. Ed essi gliene portarono. Come ebbe assaggiato l’acqua diventata vino, colui che dirigeva il banchetto chiamò lo sposo e gli disse: “Tutti mettono in tavola il vino buono all’inizio e, quando si è già bevuto molto, quello meno buono. Tu invece hai tenuto da parte il vino buono finora”» (2,7-10). È questo il miracolo che opera la parola di Dio versata dentro la nostra vita. Ne rovescia i tempi, le dà gusto e fa risorgere la festa. Impossibile ogni confronto. Lo afferma «colui che dirige il banchetto».

Infatti, «per amore di Sion non tacerò, per amore di Gerusalemme non mi concederò riposo, finché non sorga come aurora la sua giustizia e la sua salvezza non risplenda come lampada. Sarai chiamata con un nome nuovo, che la bocca del Signore indicherà» (Is 62,1-2) assicura Dio, stanco più di noi a vederci tristi anche nelle feste. Guarda il particolare dell’immensa tela con cui Paolo Veronese ha voluto dipingere le nozze di Cana. In mezzo a una folla traboccante. Un servo versa Parola di Dio nell’anfora vuota e accanto un signore ben vestito se la gusta sentitamente. Centellinando goccia a goccia.

Dio ci vuole artisti di strada, con la festa del cuore che trabocca in danza incontenibile. «Sarai una magnifica corona nella mano del Signore, un diadema regale nella palma del tuo Dio. Nessuno ti chiamerà più Abbandonata, né la tua terra sarà più detta Devastata, ma sarai chiamata Mia Gioia e la tua terra Sposata, perché il Signore troverà in te la sua delizia e la tua terra avrà uno sposo» (62,3-4). Vino buono prepara Dio per giorni nuovi. 

«Annunciate di giorno in giorno la sua salvezza – consiglia il salmo – In mezzo alle genti narrate la sua gloria, a tutti i popoli dite le sue meraviglie. Date al Signore, o famiglie dei popoli, date al Signore gloria e potenza, date al Signore la gloria del suo nome» (Sal 95,7-8). Sì, siamo quelli di prima, ma niente è più come prima. Da anfore, capaci solo di piangere il vuoto che le riempie, adesso siamo diventati sorgenti di gioia, «contenenti ciascuna da ottanta a centoventi litri» (Gv 2,6). Un’inondazione di Grazia, che trova in ognuno di noi «una manifestazione particolare dello Spirito per il bene comune» (1Cor 12,7). 

A noi rimane solo l’impegno di gustare il proprio vino, assaporando il proprio«carisma». Per capire il proprio «ministero» (12,5-6): «A uno, infatti, per mezzo dello Spirito, viene dato il linguaggio di sapienza; a un altro invece il linguaggio di conoscenza; a uno la fede; a un altro il dono delle guarigioni; a uno il potere dei miracoli; a un altro il dono della profezia; a un altro il dono di discernere gli spiriti; a un altro la varietà delle lingue; a un altro l’interpretazione delle lingue» (12,8-10). Ce n’è per tutti. E tutti nello stesso Spirito» (12,9), per la festa comune. 

«Cantate al Signore, benedite il suo nome» (Sal 95,1) suggerisce il salmo responsoriale. Non riusciamo a fare altro, ubriachi del vino in cui la Parola di Gesù ha trasformato le nostre lacrime. «Tutte queste cose – ci dice Paolo – le opera l’unico e medesimo Spirito, distribuendole a ciascuno come vuole» (1Cor 12,11). Una festa che non conosce tramonto.

frate Silenzio

Sorella allodola

Con Dio ogni fine diventa un inizio, nella festa di tutti!

nella foto: Paolo Veronese, Nozze di Cana (1563, Museo del Louvre, Parigi – particolare)

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