Skip to content
  • Edizione Digitale
  • Abbonati
logo
  • Ultimi Articoli
  • Sezioni
    • Chiesa
    • Idee
    • Fatti
    • Mosaico
    • Storie
  • REGIONALI 2025
    • Elezioni Regionali 2025
    • Inserto Speciale Elezioni Regionali
  • Speciali & Mappe
  • Rubriche
  • EVENTI
  • Scrivici
  • Edizione Digitale
  • Abbonati
Area riservata

Rubriche
I Blog/Terra terra - Antonio Gregolin

martedì 28 Settembre 2021

Dante, Beatrice e noi… Dietro un semplice saluto, si cela l’universo

Il saluto dantesco restituisce la profonda essenza umana di un gesto che specie in questi tempi ispira forza e bellezza

Antonio Gregolin

Ci sono saluti che lasciano il segno. Diventano eterni. Segni che provocano poesia e si fanno ricordare. Come non rimembrare allora, quel “pudico” saluto di Beatrice rivolto a Dante, che appare, a noialtri, tanto quotidiano da sembrare quasi banale, ma che nel caso del sommo Dante degli Alighieri, provocò un stravolgimento totale.

Lo ricordiamo nel fulcro del vorticoso tempo di celebrazioni a lui dedicate per gli 700 anni dalla sua morte, scegliendo non a caso quel saluto fatale che provocò un terremoto emozionale. Un gesto che può essere ancor oggi espresso da un gesto di mano, una parola, un movimento di capo, fin a uno sguardo. Nel corso della storia, sono tanti i saluti che vengono ricordati, ma di quel saluto dantesco sappiamo quasi tutto: l’età, il luogo, l’ora e perfino il colore dei vestiti, come se quel saluto fosse vocato a diventare eterno sigillo e memoria per il resto dell’umanità. I due ebbero modo di vedersi per la prima volta già all’età di nove anni (numero che per Dante, che era uno studioso del simbolismo dei numeri, significava miracolo), senza però particolare trasporto.

Ben diverso fu quello invece più maturo che si ripeté nel 1287, quando Dante a 18 anni, colse la pienezza di quel saluto offertogli dalla giovane fanciulla, che gli cambierà l’esistenza. La scena va inquadrata nel Lungarno di Firenze, quando le ombre lunghe dei palazzi fiorentini segnavano le tre del meriggio. Lei appare come una visione al poeta, vestiva di bianca purezza, mentre passeggiava con due donne più adulte, quando eccola rivolgere lo sguardo allo smarrito Dante. Beatrice talmente aggraziata, bella e gentile, che il suo muto saluto, sfuggente e paradisiaco, come un dardo toccò il cuore di Dante, infliggendogli beatitudine («tutti li termini della beatitudine»), andando oltre l’aspetto fisico, valicando i limiti dello spirito, fino a tramutarsi in “mistico saluto”.

Dante così spicca il volo, si stacca da tutto e da tutti, abbandonandosi alle braccia d quell’Amore che tesserà la sua raccolta Vita Nova ove quell’attimo fuggente è rivissuto con memorabili parole: «Mirabile donna apparve a me vestita di colore bianchissimo, in mezzo di due gentili donne, le quali erano di più lunga etade; e passando per una via, volse gli occhi verso quella parte ov’io era molto pauroso, e per la sua ineffabile cortesia […] mi salutò». Un saluto (di solo sguardo), sufficiente per spalancare le porte della poesia, creando quella piena letteraria arrivata fino ai nostri giorni. Senza quella occhiata – seguita verosimilmente da un reciproco motto di testa – l’amor cortese che diventerà “stilnovo”, non avrebbe partorito ciò che oggi onoriamo. Saluto – come scriveranno i critici – «che porterà la dama prescelta alla centrale speculazione della letteratura, concedendo ai poeti di sciorinare componimenti che rimarranno come perle imperiture nella storia dell’idillio d’amore».

Fu però lei, è bene ricordarlo, scintillante nella bellezza giovanile, e non lui a fare il primo passo. Circostanza affatto minimale, «come se ci si sentisse non solo privilegiato, scelto, degno di attenzione, ma già predisposto e raccolto, affinché l’amore cortese e gentile potesse attecchire in un nobile animo».

«Il bel saluto che mi rivolgete – scriverà il poeta nei sonetti – guardandomi con gentilezza quando v’incontro mi colpisce nel profondo del cuore. Amore mi assale e non bada affatto se mi reca offesa o mi porge grazia». Il saluto di Beatrice si fa quindi salvifico: da gesto cortese, in segno di grazia, riempiendolo di tanta «dolcezza» da restare «inebriato». Se questo è l’intrinseco valore del saluto dantesco, che serva a tutti rammentarne la profonda essenza umana, che restituisce ai tempi bui come i nostri, forza, bellezza e spontaneità.

Ultimi articoli della categoria

Arte, cibo per la mente: non può essere gratis

martedì 12 Luglio 2022

Arte, cibo per la mente: non può essere gratis

E adesso i comuni iniziano a spegnere la luce

martedì 7 Giugno 2022

E adesso i comuni iniziano a spegnere la luce

Lo scoppio della guerra. L’esagerazione del linguaggio bellico in pandemia

martedì 1 Marzo 2022

Lo scoppio della guerra. L’esagerazione del linguaggio bellico in pandemia

Condividi su
Link copiato negli appunti
Logo La Difesa del Popolo
  • Chi siamo
  • Privacy
  • Amministrazione trasparente
  • Scrivici

La Difesa srl - P.iva 05125420280
La Difesa del Popolo percepisce i contributi pubblici all'editoria.
La Difesa del Popolo, tramite la Fisc (Federazione Italiana Settimanali Cattolici) ha aderito allo IAP (Istituto dell'Autodisciplina Pubblicitaria) accettando il Codice di Autodisciplina della Comunicazione Commerciale.
La Difesa del Popolo è una testata registrata presso il Tribunale di Padova decreto del 15 giugno 1950 al n. 37 del registro periodici.