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A Mandria, dall’Ucraina, sono arrivate Marì e Olga. “È difficile comprendere la gravità”
Non importa la destinazione, per Marì e Olga la priorità è stata salvare i loro figli
IdeeNon importa la destinazione, per Marì e Olga la priorità è stata salvare i loro figli
«La nostra amata Ucraina, nessuno potrà mai sostituirla». Nonostante si debba utilizzare il traduttore di Google che rende le parole “fredde” e “scollate”, c’è tanta delicatezza nel non sembrare irrispettose verso la straordinaria accoglienza che padovani, veneti e italiani hanno messo a disposizione. Marì e Olga guardano i loro figli, Matvii e Ilya, di tre e sei anni, bisticciare e poi fare pace, per poi nuovamente bisticciare, rincorrendosi nel giardino del patronato della parrocchia della Natività della Beata Vergine, nel quartiere Mandria di Padova: «Anche se lo stress per loro è stato tanto, siamo qui per salvarli dalla guerra e dalla sofferenza. Non ci importava dove andare, l’istinto ci ha detto di fuggire. Solo fuggire». Olga viene da Chernivtsi ed è in Italia solamente da qualche giorno; Marì ha lasciato la sua città di Ivano-Frankivs’k da ormai più di due mesi. All’arrivo, ha potuto ammirare tutto il bene dell’ospitalità: la prima domenica dopo l’esplosione del conflitto, il Centro mondo amico – la casa di accoglienza per mamme con bambini alla Mandria – è stato avvisato alle 11.30 dell’arrivo in serata dei primi profughi. Alle 14.30, c’era già nutrito gruppo di volontari pronti a rimboccarsi le maniche: letti preparati, lenzuola, asciugamani e anche due traduttrici. Sono giornate sospese e anche “bugiarde”, salgono sul 22 direzione Prato della Valle, e camminano per Padova come turisti: agli occhi dei loro figli non vogliono sembrare preoccupate. I mariti sono al fronte, riescono a sentirsi sporadicamente e pregano per loro tutte le sere prima di addormentarsi. Marì ha lasciato un posto all’interno dell’Università di medicina di Kiev, Olga in un negozio di telefonia. Ma ora non ci pensano: «Forse fuori dall’Ucraina non tutti hanno davvero capito la gravità di questa guerra: con le nostre storie speriamo di arrivare al cuore».