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Mappe IconMappe | Mappe 15 – Settore moda – maggio 2023

mercoledì 17 Maggio 2023

Abbigliamento e laboratori gestiti da cinesi. Gli occhi sul CinItaly

Laboratori gestiti da cinesi che sfruttano i connazionali. Ma i responsabili sono anche i committenti. E spesso sono veneti

Giovanni Sgobba
Giovanni Sgobba
redattore

Mancanza di indicazioni di vie di fuga, luci di sicurezza, estintori e cartellonistica, oltre all’impraticabilità delle stesse vie di fuga e alla mancata formazione del personale. E non da ultimo e nemmeno meno grave, scarse condizioni igieniche e finestre oscurate per nascondere le attività notturne, in barba al rispetto dei lavoratori. A fine aprile, le Fiamme gialle del Comando provinciale di Treviso, assieme all’Ispettorato del lavoro, hanno eseguito quattro controlli in altrettante aziende tessili gestite da cittadini cinesi con sede a Caerano di San Marco, Cavaso del Tomba, Nervesa della Battaglia e Trevignano, nella provincia di Treviso. Alla luce della gravità delle violazioni, è stata disposta la sospensione dell’attività dei quattro laboratori, due dei quali sono stati anche sottoposti a sequestro preventivo d’urgenza. Ma dai controlli è emerso dell’altro: un milione di euro di pendenze tributarie da parte di 14 ditte, tutte amministrate da cinesi, che dal 2011, hanno gestito i quattro laboratori. Un meccanismo “apri e chiudi” con una successione di imprese che, dopo essere divenute insolventi, hanno trasferito personale e macchinari continuando a operare nello stesso luogo, cambiando solo nome e partita Iva. È un sottobosco difficile da penetrare, che emerge ciclicamente con controlli e monitoraggio in tutto il Veneto. È il lato oscuro del settore moda così fiorente al punto da lasciare crepe in cui criminalità e illegalità si insinuano, malignamente: «Quello che è successo in provincia di Treviso è qualcosa che dovrebbe preoccupare tutti, l’intero mondo del lavoro e nello specifico il mondo produttivo nel ricco Nordest – evidenzia Stefano Zanon, segretario generale della Femca Cisl Veneto, federazione che si occupa di moda – Rendiamoci conto che accanto a noi, non distante, esistono sacche di sfruttamento di lavoratori, di illegalità e anche criminalità. Stiamo parlando non solo di evasione fiscale e contributiva, ma anche di condizioni di lavoro pessime, tali da mettere a serio rischio la salute e la vita delle lavoratrici e dei lavoratori. A essere calpestata e offesa è la dignità stessa delle persone, costrette a lavorare in situazioni che ci proiettano agli albori dell’Ottocento». In Veneto, secondo i dati Istat, risiedono quasi 35 mila cinesi, un numero cresciuto negli ultimi decenni se pensiamo che in tutta Italia, agli albori del Duemila, non vivevano più di 70 mila cittadini del Paese asiatico. E questo si rispecchia anche nel mondo del lavoro. La presenza cinese nel settore tessile abbigliamento, in Veneto, è cresciuta nonostante la prima crisi del 2008: se a partire da quella data il numero complessivo delle aziende in questo settore è diminuito del 4 per cento, quelle guidate da imprenditori cinesi sono aumentate del 20 per cento, di fatto costituendo un terzo della aziende totali. Treviso è la provincia con la maggiore presenza cinese (8.400 unità), seguita da Padova (8 mila) e Rovigo, rispettivamente settima e ottava provincia in Italia. Le indagini, condotte dall’Osservatorio regionale immigrazione, gestito da Veneto Lavoro, evidenziano come la presenza di imprese e lavoratori cinesi è rilevante anche nell’industria delle calzature, dove le aziende sono un quinto del totale e gli addetti circa il 7 per cento; nell’occhialeria con 8 su cento aziende, 3 per cento di lavoratori (a Lozzo di Cadore, nel Bellunese, per esempio, il 55,9 per cento di cittadini stranieri è composta da cinesi) e nel settore turisticoristorazione (7 per cento di aziende e 4 per cento di lavoratori). Questi numeri, però come sottolinea Veneto Lavoro sono stime al ribasso, in quanto prendono in considerazione solo il lavoro regolare e non quella percentuale di sommerso che come visto caratterizza il fenomeno.Per quanto le nuove generazioni di cittadini cinesi nati in Italia abbiano dimostrato una sempre più ampia ed espansiva integrazione e partecipazione alle attività di quartieri e città, il sistema impresa risente invece di chiusura eautodeterminazione per cui la quasi totalità dei lavoratori alle dipendenze di datori di lavoro cinesi è rappresentata a sua volta da cinesi. Tuttavia, ed è questa la vera ipocrisia che il sistema deve ammettere e superare, gli amministratori delle quattro ditte sopracitati operavano sulla basse di commesse ricevute da imprese locali. A Casale di Scodosia,provincia di Padova, nel 2021, è stato scoperto un sistema di caporalato che sfruttava 154 cinesi con turni massacranti e paghe misere, coordinato da un loro connazionale, che riceveva gli ordinativi da 12 committenti veneti, operatori della filiera del “made in Italy”. «Chi sono i veri committenti? Chi sono i responsabili che foraggiano questo sottobosco? Queste sono le domande che tutta la filiera veneta dovrebbe farsi» è il messaggio critico di Stefano Zanon che segue una presa di posizione netta di Giuliano Secco, presidente della Federazione Moda di Confartigianato, da anni impegnato contro questa piaga: «La colpa dei laboratori cinesi è anche di chi dà loro lavoro. Quando la committenza si rivolge a noi, sa che un’ora di lavoro dev’essere pagata una media di 24 euro. Sapete cosa ci sentiamo rispondere in diversi casi? Non se ne fa niente, vado nel laboratorio in cui mi fanno 14 euro».

Prevenzione e monitoraggio: tutto fermo

A ottobre 2022, Cisl, Cgil e Uil, assieme all’Unità di crisi regionale e all’Assessorato al lavoro della Regione del Veneto, avevano tentato di costruire un protocollo per la legalità per la filiera della moda coinvolgendo le associazioni datoriali del settore, su modello di quello sottoscritto per la logistica. Un protocollo che prevedesse comportamenti virtuosi da parte di tutti i soggetti coinvolti e soprattutto una vigilanza attiva non demandata ai soli organi preposti. A oggi la proposta non ha avuto un seguito.

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