Idee | Pensiero Libero
I loro occhi spauriti, pieni di lacrime, guardano verso la telecamera che li inquadra in un oceano sterminato di macerie, e il loro sguardo arriva diritto al cuore. Altre volte gli occhi pieni di lacrime sono quelli delle loro mamme e dei loro papà, che li stringono per l’ultima volta avvolti in un lenzuolo bianco, un sudario, per le vie di Gaza. Vedere quei bambini nei servizi al telegiornale o negli approfondimenti a tarda sera, e pensare ai nostri figli che grazie a Dio riposano beati nei loro letti, costringe a sentire dentro di noi lo stridore di una realtà violenta, ingiusta, piegata a interessi di parte che travolgono come rulli compressori centinaia, migliaia di vite. Da generazioni – nella Striscia come in Cisgiordania ed entro i confini di Israele – si nasce e si cresce in una guerra che, a fasi alterne, continua a insanguinare quella terra che per i due popoli è tutto e viene prima anche delle vite umane. Decenni di odio e combattimenti che non si comprendono se non si nasce o si vive in quelle città e villaggi divenuti tristemente famosi. Ma che sollevano anche interrogativi tremendi: possibile che la comunità internazionale, a partire almeno dagli anni Sessanta, non sia stata in grado di trovare una soluzione al simbolo di tutti i conflitti? Altrimenti, ed è il secondo grave interrogativo, a chi conviene che le armi continuino a sparare? Quali interessi si nascondono dietro il fallimento delle innumerevoli trattative per la pace? Ciò che sta accadendo a Padova e in Veneto in questi giorni, tuttavia, lenisce il nostro senso di impotenza. Dopo i sudari esposti da molti terrazzi e finestre sabato 24 maggio e dopo la grande manifestazione di Roma di sabato 7 giugno, nella nostra Regione mercoledì 11 sono arrivati quattro piccoli, dagli uno agli otto anni, bisognosi di cure, accompagnati dalle loro famiglie, tutte originarie della Striscia di Gaza. L’Azienda ospedaliera di Verona seguirà nelle prossime settimane un bambino di cinque anni con un’importante immunodeficienza e un neonato di appena un anno affetto da una grave malattia agli organi interni. L’Azienda Ospedale Università di Padova accoglierà per le cure un bambino di otto anni con gravi lesioni oculari e uno di due con ustioni e traumi al volto. Molto rilevante è la gara di solidarietà che si è aperta per prendersi cura di queste vite martoriate dalla storia che per loro ha un volto crudele. A Padova in prima fila c’è l’associazione “Padova abbraccia i bambini”, che nei mesi scorsi ha già accolto altri due piccoli palestinesi giunti in città proprio per accedere a cure mediche di qualità. Ora però, grazie anche all’appello del Mattino, sono scesi in campo l’Università, singoli professionisti, importanti attori della grande distribuzione organizzata. La speranza è che la rete di bene possa crescere, come pure il numero degli innocenti che riescono a lasciare – speriamo solo momentaneamente – quei 42 chilometri di terra trasformati in un inferno dall’esercito israeliano, dopo l’attacco efferato e disumano sferrato da Hamas il 7 ottobre 2023. Siamo di fronte alla prova concreta che tutti possiamo fare qualcosa, non fosse altro che offrire quanto possiamo dei nostri risparmi a chi è in prima linea e prova ad aprire nuove vie attraverso cui far penetrare una luce nel buio. Da tempo, la questione palestinese è stata letta nelle società occidentali sotto il mero profilo politico. Quelli che oggi vengono definiti “pro-pal”, ma che nei decenni hanno avuto anche altre denominazioni, sono stati interpretati come coloro i quali, pur vivendo nel ricco Occidente, si sono permessi di scagliarsi contro l’alleato tradizionale: Israele. Oggi è tempo di leggere questi fatti esclusivamente sul piano umanitario: la violenza è violenza e la solidarietà è solidarietà. E allungare una mano a queste famiglie ferite, non può essere inteso come voltare le spalle a Israele e alla sua storia. Benvenuti, quindi, a queste piccole vittime innocenti. Speriamo che possano vedere un pezzo di mondo (ancora) in pace, e lavorare per portarla anche nella loro terra.