Fatti
L’acqua è problema di tutti e non solo di alcuni. Per questo occorrono strumenti condivisi per la sua gestione. Anche dal punto di vista finanziario oltre che operativo. E’ il messaggio lanciato dalla Anbi (l’Associazione Nazionale dei Consorzi di Gestione e Tutela del Territorio e delle Acque Irrigue) che qualche giorno fa ha tenuto la sua assemblea 2025. Acqua tema globale, si potrebbe dire, o almeno europeo, sicuramente non solo nazionale. Circostanza che implica un cambio di passo che fino ad oggi, spiegano i consorzi, non è stato fatto fino in fondo. E che oggi, tra l’altro, appare essere ancora più difficile da compiere. Eppure, che l’acqua sia elemento strategico lo si sa millenni.
L’idea di Anbi è quella di “finanziare un concreto Fondo Strategico per l’Acqua e l’Agricoltura Irrigua e Multifunzionale a sostegno delle politiche idriche nazionali e dell’Unione Europea”. Peccato che, come fa notare la stessa Associazione, l’Europa stia pensando esattamente all’opposto. Da qui la “preoccupazione” espressa “per un’ipotizzata riduzione del bilancio comunitario, destinato al settore agricolo ed alle azioni volte ad aumentare la resilienza idrica dell’agricoltura, a fronte dell’aumento di domanda da parte di altri settori economici (basti pensare alle enormi necessità idriche dell’Intelligenza Artificiale e del settore informatico), nonché all’intensificarsi dell’instabilità geopolitica”. Detto in altri termini, anche i consorzi irrigui, come già gli agricoltori, temono che l’Ue volga la sua attenzione ad altro rispetto alla produzione agroalimentare e alla tutela del territorio.
D’altra parte, un consistente sostegno economico alle politiche dedicate alla tutela dell’acqua e al suo corretto uso – viene sottolineato dai consorzi – non avrebbe solo un significato strettamente alimentare. Gli investimenti in infrastrutture irrigue, tecnologie efficienti, pratiche ecocompatibili – è il parere dei tecnici – “sono il prerequisito per l’equilibrio fra sostenibilità ambientale, economica e sociale”. Detto in altri termini, “senza il Fondo Strategico per l’Acqua, l’Agricoltura Irrigua e Multifunzionale, l’Unione europea rischia di compromettere la resilienza del proprio sistema alimentare, di ampliare il divario fra territori e di perdere competitività in un contesto globale, già fortemente instabile”. Che l’acqua sia strategica lo sapevano comunque già, tanto per fare due nomi, i Babilonesi e i Faraoni: oggi, pur tenendo conto dell’innovazione tecnologica, non è cambiato molto ma ci si è dimenticati della consapevolezza delle civiltà di un tempo.
Ma a cosa dovrebbe servire un Fondo europeo per l’acqua? L’elenco degli usi è piuttosto lungo. L’Anbi ricorda, per esempio, la necessità di nuovi supporti finanziari per la rapida acquisizione di innovative tecnologie idriche e competenze tecniche, il miglioramento dell’efficienza idrica delle reti, la realizzazione di reti idrauliche agricole resilienti ed infrastrutture in grado di trattenere l’acqua nelle aree rurali, la regolare manutenzione del reticolo idrografico e idrico, nonché la realizzazione di nuove opere, il raggiungimento di condizioni accettabili di sicurezza produttiva (e quindi di reddito). Ancora i consorzi ricordano come “le conseguenze della crisi climatica siano ormai un problema di giustizia sociale, ambientale, economica, perfino antropologica, perché a sopportare i danni sono le categorie più fragili”. Già, l’acqua – che della crisi climatica è forse l’attore principale – come strumento di giustizia sociale che significa un’altra cosa: il progresso passa anche dalla buona gestione delle risorse idriche tra produzione di cibo e Intelligenza Artificiale.