L’incontro tra Space Economy e agricoltura? Non è fantascienza ma un’opportunità concreta per affrontare sfide come il cambiamento climatico e la scarsità di risorse. L’agricoltura trova infatti sempre più attenzione da parte della ricerca, e dall’altra parte c’è una risposta interessata da parte delle aziende agricole, oggi più propense alle novità. I benefici sono in termini sia di quantità che di qualità del prodotto, per esempio grazie a un utilizzo di fitofarmaci sempre più ridotto e preciso: il che significa anche diminuire i costi di produzione. L’evoluzione ora arriva anche dall’alto: che significa sì il cielo, dove già da tempo operano i droni, ma ancora più in alto, nello spazio dove orbitano i satelliti. È questo un tema approfondito da Veneto Agricoltura che a maggio, nell’ambito di Space Meetings Veneto 2025, ha organizzato Space AgriTech Expo, una giornata di incontri per fare il punto sull’integrazione tra il mondo spaziale e quello agricolo, raccontare le best practices e affrontare le sfide del domani. «Oggi circa il 25 per cento dei dati satellitari è utilizzato in ambito agricolo – ha sottolineato il direttore generale dell’Agenzia spaziale italiana, Luca Vincenzo Maria Salamone – La sfida è trasformare questi dati in servizi concreti e accessibili. Lo spazio è divenuto un asset cruciale per affrontare alcune delle sfide più urgenti del nostro tempo, dalla sicurezza alimentare alla sostenibilità ambientale». Salamone ha raccontato come appositi programmi dotati di tecnologie all’avanguardia permettano oggi di raccogliere dati fondamentali per l’agricoltura di precisione, il monitoraggio ambientale e la gestione delle risorse naturali. Le tecnologie satellitari sono in grado di ottimizzare l’irrigazione, di prevenire malattie e di rendere l’agricoltura più sostenibile e competitiva: «Per farlo – ha continuato – è essenziale rafforzare l’ecosistema che unisce ricerca, industria e pubblica amministrazione, così da sfruttare appieno le potenzialità dello spazio per uno sviluppo sempre più sostenibile e inclusivo». Scendendo dallo spazio all’aria, la Regione Veneto ha annunciato l’avvio di un progetto pilota di Agea e Avepa, sostenuto dal Joint Research Center della Commissione europea, volto a integrare strumenti di ultima generazione nei sistemi di gestione e controllo in agricoltura, ovvero droni dotati di camere ad alta risoluzione e sensori multispettrali, che consentono la ricostruzione 3D delle superfici coltivate coprendo anche le aree non raggiungibili dai satelliti, garantendo migliori controlli e tempestività negli interventi. Unito all’intelligenza artificiale, il sistema garantisce la precisa gestione degli eventi catastrofali per erogare risarcimenti più equi. Insomma, le associazioni agricole non stanno a guardare. E rivelano come siano soprattutto le aziende guidate da giovani a trainare l’innovazione anche in agricoltura, avendo le nuove generazioni compreso come le soluzioni digitali, se usate in modo appropriato, possano consentire di aumentare le rese inquinando meno. «I dati sono la vera ricchezza dell’agricoltore – ha affermato il segretario generale di Coldiretti, Vincenzo Gesmundo – ma vanno gestiti, perché solo da indicazioni precise raccolte dai sistemi digitali è possibile ridurre i costi. In questa direzione Coldiretti ha all’attivo Demetra, una piattaforma a supporto dell’agricoltura di precisione per la gestione integrata di attività quotidiane e programmazione». Quanto all’Ia, Gesmundo sottolinea come sia un tema delicato anche per l’enorme richiesta di energia elettrica che, secondo le stime, nel 2050 potrebbe arrivare al 50 per cento della produzione planetaria. «Le innovazioni in agricoltura sono fondamentali alla luce della cronica carenza di manodopera qualificata, dell’aumento dei costi e della difficoltà di eseguire molte operazioni in tempi ristretti», ha fatto presente invece Alberto De Togni, presidente di Confagricoltura Verona, alla presentazione di un robot che permette il monitoraggio delle coltivazioni e la prevenzione di malattie e malerbe, realizzato in collaborazione con la rete regionale Innosap e il laboratorio Altair Robotics del Dipartimento di ingegneria dell’Università di Verona. «Il primo punto imprescindibile per andare incontro all’agricoltura del futuro – avvisa però Gianmichele Passarini, presidente di Cia Veneto – è azzerare il digital divide che ancora esiste nella nostra regione. In secondo luogo, la transizione tecnologica è un processo ineludibile ma non deve essere appannaggio solo delle grandi e medie aziende agricole. Gli enti competenti sono chiamati a far sì che tutte le imprese possano beneficiarne grazie all’accesso ai fondi alle medesime condizioni».
Gli agricoltori utilizzano i dati dallo spazio per ottimizzare sempre più le coltivazioni, ridurre i costi, combattere i cambiamenti climatici.
L’intelligenza artificiale (Ia) permea già, e lo farà sempre più, tutto ciò che ci circonda. Non ne è esente nemmeno l’agricoltura, che sta anch’essa vivendo una trasformazione importante. Al cuore di tutto ci sono i “dati”. Ma cosa sono? «Sono tutto ciò che i droni e le macchine dotate di sensori raccolgono sul campo. Sono moli di dati e una marea di immagini che poi vengono codificate e rendono una macchina capace di fare delle diagnosi. Per esempio, capire se e dove una coltura abbia bisogno di acqua. L’intelligenza artificiale ragiona, ma non solo: oggi è dotata di occhi grazie alle immagini, ha orecchie e le si può parlare. Le macchine ascoltano e capiscono il nostro linguaggio e, volendo, ti parlano». Chi racconta è Claudia Zarabara, consulente e formatore in marketing digitale e esperta di Ia, che ha da poco concluso un corso di formazione per gli agricoltori di Cia Padova, dove ha dato dimostrazione dell’uso di ChatGpt in agricoltura, e attraverso una deep research con un motore di ricerca come Perplexity ha fatto elaborare una previsione sul costo futuro dei cereali. Dalla raccolta di dati, spiega la Zarabara, si passa all’applicazione che sempre di più è affidata ai robot: «Sono macchinari che esistono già, come quelli che raccolgono la frutta ma possono anche capire se un frutto è maturo, se è sano o è da buttare. Vi sono poi robot che si occupano di semina e potatura, e droni che tengono d’occhio e contano le pecore di un gregge o le vacche in alpeggio. Attraverso le immagini queste macchine possono comprendere quale malattia abbia una pianta, fare un controllo biologico dei parassiti e somministrare una cura». I robot, insomma, sono già tra noi e non bisogna averne paura né guardarli con troppo sospetto. «Tra poco l’Ia sarà dappertutto, anche in agricoltura. Probabilmente però non ce ne renderemo conto: se ne parla tanto solo ora ma c’è da anni, la stavamo già utilizzando e nemmeno lo sapevamo». Toglierà lavoro all’uomo? «I robot fanno lavori che l’uomo non vuole fare più e l’uomo comunque serve sempre, deve supervisionare, controllare. Le macchine sbagliano, e spesso. L’uomo deve anche addestrare la macchina che da sola non fa nulla», conclude Zarabara.