Mosaico
Alvise Pisani, Giorgio II Corner, Antonio Marino Priuli. Tre nomi nella perenne riforma della Chiesa padovana
Tra Cinque e Settecento nobili veneziani sulla cattedra di san Prosdocimo
Tra Cinque e Settecento nobili veneziani sulla cattedra di san Prosdocimo
Non sempre la successione dei centenari fa riaffiorare personaggi “modello”, talvolta anzi la memoria rinverdisce il biasimo, pur con le cautele imposte dal radicale mutamento delle circostanze storiche. È il caso del vescovo di Padova Alvise Pisani, nobile veneziano nato cinquecento anni fa, nel 1522, canonico padovano a quattro anni, mai consacrato né sacerdote né vescovo, eppure associato dal 1555 dallo zio Francesco Pisani nell’usufruire delle rendite dell’episcopato padovano, come di vari altri.
Un esempio, senza dubbio, che dimostra quanto urgente fosse la riforma della Chiesa, faticosamente messa in atto con il Concilio di Trento e poi reiterata in base al principio, quanto mai valido, di una Ecclesia semper reformanda… I successivi centenari episcopali effettivamente ci parlano di due presuli che, secoli dopo, si prodigarono alla guida della cattedra di san Prosdocimo. Giorgio II Corner (o Cornaro), immediato successore di Gregorio Barbarigo nel 1697, morto nel 1722, nei 25 anni di episcopato padovano seguì le orme del vescovo santo risanando e solidificando la sua tipografia, dando solida fisionomia al suo seminario, visitando personalmente e con cura la Diocesi.
Un salto avanti di cinquant’anni e, nel 1772, vediamo concludersi l’avventura terrena di un altro vescovo significativo, Antonio Marino Priuli, discepolo e successore di Sante Veronese. Anch’egli pose attenzione al seminario, riproponendo il modello del Barbarigo, e indisse la visita pastorale. Ma il suo episcopato fu tormentato da un grave dissidio col Capitolo della Cattedrale e poi dal clamoroso “caso Fabro”, prete valdobbiadenese docente di diritto pubblico ecclesiastico all’università, paladino del primato dello Stato sulla Chiesa.