Continui conflitti tra i diversi poteri. Lo scenario non è confortante: la presidente, Dina Boluarte, particolarmente impopolare e continuamente messa in stato d’accusa. E perfino il dittatore condannato per crimini contro l’umanità che, a 85 anni, aspira a candidarsi nuovamente alle presidenziali. Se l’America Latina vive un momento di grande fragilità istituzionale e democratica, il Perù sembra incarnare tutti gli “storici vizi” del Continente
Nove giornalisti arrestati in pochi giorni, tra cui una donna, sette dei quali chiaramente nel contesto delle contestate elezioni del 28 luglio scorso.
Prima arrestati e poi esiliati. Sono stati caricati su un volo per Roma, secondo quanto rivela il sito indipendente “100% Noticias”, sette dei sacerdoti arrestati in Nicaragua (su un totale di tredici) dalla polizia di Daniel Ortega.
Subito dopo le elezioni di domenica 28 luglio in Venezuela, il presidente cileno ha rafforzato i controlli alle frontiere. E il dibattito sull’accoglienza ai venezuelani, particolarmente divisivo, è tornato d’attualità. Un messaggio “profetico”, in controtendenza, arriva dai vescovi cileni, che lo scorso giugno hanno offerto alle Istituzioni, alla società civile e ai fedeli un’articolata riflessione sul tema, insieme a un deciso appello al Governo perché proceda a regolarizzare coloro che hanno un lavoro e una sistemazione, almeno 181mila persone, ma probabilmente molte di più
“Mai come in questo momento, noi cristiani siamo chiamati a essere luce, a testimoniare il Regno di Dio, caratterizzato da giustizia e amore – spiega il vescovo di Petare, città satellite di Caracas -. In quest’ottica, ci stiamo raccomandando in tutti i modi che non sia dato spazio a sentimenti di vendetta, ad azioni violente. Abbiamo anticipato l’orario delle messe domenicali, che sono solo di mattina, anche per evitare che possano sovrapporsi ad altre situazioni”
Dopo le elezioni, a Caracas e nelle maggiori città del Paese, lo scenario resta di grande tensione. Alla “partita dei numeri”, di affianca “la partita della piazza”. Le manifestazioni proseguono, e non sono mancati momenti di violenza e repressione, con un bilancio, provvisorio, di almeno 11 morti (5 a Caracas), decine di feriti e quasi ottocento arresti. Asserragliato nel palazzo di Miraflores, Maduro grida al golpe, e sbandiera il pronunciamento del Consiglio nazionale elettorale, che lo ha proclamato vincitore, con il 51,2% dei consensi. Peccato che non siano stati forniti dati relativi ai singoli Stati della Repubblica federale. Ignacio Ávalos Gutiérrez, sociologo, direttore dell’Osservatorio elettorale venezuelano, interpellato dal Sir, avverte: “I numeri certi sono proprio quelli che mancano, c’è una grande confusione”
Non si hanno ulteriori notizie, in Nicaragua, dopo l’arresto di sabato scorso, di padre Frutos Valle, responsabile della diocesi di Estelí dopo l’arresto e l’esilio di mons. Rolando Álvarez.
Nicolás Maduro, alla fine, ci è riuscito. Ha vinto elezioni chiaramente irregolari, per molti aspetti “truccate”, ma non abbastanza da essere considerate una truffa conclamata, una farsa, come era invece accaduto in occasione dei più recenti appuntamenti elettorali. Un “giochino” che all’autocrate del chavismo “serviva” per poter provare a mostrare il suo volto “dialogante” nei consessi internazionali, proprio ora che sono in qualche modo ripresi i rapporti con gli Stati Uniti