Gabriella Chiellino La porta bandiera di Stati uniti d’Europa (Italia viva e +Europa): «Tecnologia, scienza e rispetto della Casa comune devono andare di pari passo». Occorre concretezza
Il Brasile è alle prese con situazioni meteorologiche estreme, e non è la prima volta che accade. All’estremo sud, lo Stato del Rio Grande do Sul è praticamente sommerso dall’acqua, che è tornata a cadere anche nell’ultimo fine settimana. Migliaia di chilometri più a nord, la foresta amazzonica vive da mesi una siccità senza precedenti, e si sta registrando il record d’incendi, ben 17.182 nei primi quattro mesi di quest'anno. Due fenomeni opposti, ma entrambi figli del cambiamento climatico in atto, accentuato in questi mesi dalla corrente del “Niño”, combinato con una colpevole negligenza umana, soprattutto della politica
Il rapporto “Entre balas. Entendiendo la violencia político-criminal en México” (“Tra gli spari. Per capire la violenza politico-criminale in Messico”), elaborato dal centro studi México Evalua, Data Cívica, e la testata Animal Politico, presentato nei giorni scorsi, offre un aggiornato punto della situazione sugli omicidi e le minacce a candidati alle imminenti elezioni generali messicane, che si terranno il 2 giugno (si voterà non solo per le presidenziali, ma anche per il Parlamento, per i governatori di diversi Stati e per numerosi Comuni). Una delle curatrici del rapporto, Sandra Ley, ricercatrice di México Evalua, spiega al Sir: “La violenza inibisce la partecipazione, sia di coloro che sono disposti a candidarsi, sia dei votanti”
La violenza non accenna a diminuire. Da una città, la capitale Port-au-Prince, praticamente in mano ai gruppi criminali e alle bande armate nella sua totalità, al resto del Paese, soprattutto al sud, che si trova alle prese con decine di migliaia di sfollati, di intere famiglie che stanno scappando dalla metropoli per cercare rifugio in località un po’ più tranquille. A lanciare l’allarme, l’ennesimo, su queste situazioni drammatiche è mons. Joseph Gontrand Decoste, segretario generale della Conferenza episcopale haitiana e vescovo di Jérémie, che si trova nell’estremità sud-ovest del Paese
Il Governo haitiano ha annunciato che lo stato di emergenza sarò esteso, in tutto il dipartimento Ovest, dove si trova la capitale Port-au-Prince, fino al 3 maggio, e il coprifuoco fino al 10 aprile.
La gente è scesa in strada “in modo spontaneo”, con una scelta “dettata dalla disperazione”. Ma sarà molto difficile uscire dalla drammatica situazione, che ha portato Cuba alla fame, senza un cambiamento che porti il popolo a essere “partecipe del suo futuro”. Vive settimane di preoccupazione e angoscia, accompagnate dal rischio che venga meno anche la speranza, mons. Dionisio Guillermo García Ibáñez, arcivescovo di Santiago de Cuba, il maggior centro del sudest dell’isola, e primate della Chiesa cubana, raggiunto dal Sir. Proprio Santiago de Cuba, territorialmente all’opposto rispetto alla capitale L’Avana, è la città da dove, domenica, si è resa visibile la protesta spontanea della popolazione, poi estesasi ad altre città
La fuga continua. I venezuelani continuano a lasciare il loro Paese. Lo hanno fatto e lo stanno facendo anche nelle prime settimane del 2024. Gli ultimi dati ufficiali forniti dall’Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati (Acnur), aggiornati a settembre 2023, sono eloquenti; 7,7 milioni di venezuelani hanno lasciato il Paese in seguito alla crisi economica, sociale e politica esplosa nella seconda metà dello scorso decennio; di questi, 6,6 milioni hanno trovato accoglienza in Paesi di America Latina e Caraibi, più di un milione ha fatto richiesta dello status di rifugiato, e 230mila lo hanno ottenuto
I fatidici primi cento giorni, quelli della “luna di miele” con i propri elettori, non sono ancora trascorsi (il traguardo sarà tagliato nella seconda parte di marzo). Ma poche settimane sono già bastate al presidente dell’Argentina, l’anarco-liberista radicale Javier Milei, per dividere ancora di più l’opinione pubblica sul suo conto (sia in Argentina che nel resto del mondo), e per dare vita a controversi provvedimenti, anche se non come egli stesso avrebbe voluto, contestati nel corso di frequenti scioperi. Nei quartieri popolari la gente è ridotta alla fame, tanto da indurre i “curas villeros” i sacerdoti delle periferie a supplicare il Governo di non “staccare la spina” alle “villas”, ai quartieri popolari, appunto.
Il desiderio di metà della popolazione del Nicaragua, da anni vittima dalla repressione e dalla crisi economica, è quello di emigrare negli Stati Uniti, in Spagna o in Costa Rica.