Padre Luis Pascual Dri, 96 anni, continua a confessare i fedeli che affluiscono ogni giorno al santuario di Nueva Pompeya, anche da quando, domenica 9 luglio, Papa Francesco ha incluso il suo nome nell’elenco dei nuovi cardinali. Del resto, la scelta del Santo Padre è caduta su di lui proprio per questa instancabile attività di confessore, per la sua capacità di rendere visibile il volto accogliente e misericordioso di Dio, ben conosciuta dall’arcivescovo Jorge Mario Bergoglio, quando era a Buenos Aires. Il Papa lo ha definito “icona del confessore”, e proprio per questo sabato 30 settembre riceverà la porpora, pur non essendo vescovo.
“I gruppi criminali si sono impadroniti del nostro territorio e ci troviamo in uno stato di assedio, in una psicosi sociale con i blocchi imposti dai narcos, che usano la società civile come una barriera umana, costringendoli a rimanere e a mettere a rischio la loro vita e quella delle loro famiglie”.
“Noi fratelli della Conferenza episcopale stiamo sempre pregando per mons. Rolando Álvarez”. Sono le parole pronunciate domenica, a Matagalpa, dal presidente dell’episcopato nicaraguense, mons. Carlos Enrique Herrera, vescovo di Jinotega, in occasione della Messa in onore della festa della Nuestra Señora de la Merced.
Il messaggio è forte e chiaro: in Messico, “è il momento di agire”, e di dare vita a una “Rete nazionale per la pace”. È il solenne impegno preso dai promotori e partecipanti del Dialogo nazionale per la pace, che si è concluso sabato 23 settembre, dopo tre giorni di lavori all’Università Iberoamericana di Puebla, alla presenza di milletrecento delegati. È certamente un fatto nuovo che in Messico si stia facendo strada un movimento corale, rispetto al quale la Chiesa ha assunto un ruolo di guida
“Grazie per darmi la possibilità di dire al mondo che Haiti è sull'orlo dell’abisso e che non si può restare a braccia conserte!”. Mons. Max Leroy Mésidor, arcivescovo metropolita di Port-au-Prince, la capitale del Paese, lancia attraverso questa intervista al Sir, l’ennesimo appello perché la popolazione haitiana, sempre più gettata nella disperazione, riceva un aiuto tangibile dalla comunità internazionale: “È molto difficile continuare la nostra opera di evangelizzazione, ma la Chiesa è ancora in piedi”
L’11 settembre 1973 fu l’ultimo giorno di vita di Salvador Allende, che aveva vinto le elezioni presidenziali nel 1970, diventando il primo socialista del continente a diventare presidente per via democratica, tramite libere elezioni, senza passare per una rivoluzione. E fu il primo giorno della brutale dittatura guidata dal generale Augusto Pinochet. Ricorda ogni attimo, di quel giorno di cinquant’anni fa Rodrigo Díaz, cileno che oggi vive a Mestre e da lungo tempo dirige il Festival del Cinema Ibero-latinoamericano di Trieste, e all’epoca era un giovane militante socialista, ammiratore del presidente cileno Salvador Allende, che aveva conosciuto personalmente in alcune riunioni politiche.
“Dopo cinque anni di sistematiche violazioni dei diritti umani, chiediamo al governo del Nicaragua di astenersi dall’intraprendere ulteriori azioni contro la libertà religiosa e di adempiere ai suoi obblighi internazionali, rilasciando immediatamente monsignor Rolando Álvarez e tutte le altre persone arbitrariamente private della loro libertà”.
Essere una Chiesa in uscita impegnata nella difesa della casa comune e dei poveri, con un volto amazzonico e sinodale. Così si propone di essere la Chiesa amazzonica, rappresentata dalla Conferenza ecclesiale dell’Amazzonia (Ceama).
L’Ecuador si appresta a vivere l’ultima settimana di campagna elettorale nella paura e in stato d’emergenza, dopo l’assassinio, il 9 agosto scorso, del candidato alla presidenza (con qualche chance di giungere al ballottaggio, in un contesto molto frammentato) Fernando Villavicencio, giornalista noto per le sue denunce contro il narcotraffico e la corruzione.