“Non è stato inaspettato quello che è accaduto al Campidoglio il 6 gennaio, ma confesso che sono spaventato da quanto potrebbe accadere da qui al giorno del giuramento”. Ad affermarlo è Russell Pearce, ordinario di diritto e docente di etica e religione in ambito legale all’università di Fordham, una delle più antiche degli Stati uniti. Osservando le scene di persone furenti e sprezzanti invadere le aule del Campidoglio e i suoi uffici, addolorato per i cinque morti, è tornato con la memoria alla vittoria di Trump del 2016 quando il magnate, pur vincitore, aveva evocato frodi e incitato i suoi supporter ad esercitare quanto promulgato nel secondo emendamento: il diritto di possedere e usare le armi. In questo caso per fermare l’avversario democratico
Oltraggio, rabbia, inquietudine, smarrimento. Le scene di un Campidoglio preso d’assalto, vandalizzato, “dissacrato” hanno scosso gli Stati Uniti. Vedere sventolare dentro il tempio della democrazia bandiere confederate e manifestanti sempre più agguerriti avanzare di fronte ad una polizia incapace di porvi resistenza ha sconvolto prima che il mondo gli stessi americani. Non c'è memoria di folle che abbiano circondato il Campidoglio, preso in ostaggio i rappresentanti del popolo, mettendo in pericolo la sicurezza delle massime cariche dello Stato.
“Biden e tutti noi ereditiamo una nazione estremamente frammentata e divisa con tante sfide in termini di razza, classi sociali, gender, relazioni internazionali. Ereditiamo un paese alle prese con le conseguenze umane ed economiche del Covid ed entrambe perdureranno oltre il vaccino, oltre qualunque piano di aiuti”. William A. Calvo-Quirós, sociologo e professore associato di Cultura americana e studi etnici all'Università del Michigan non ha dubbi sul perdurare di una crisi a più livelli che gli Usa non possono scampare
Era atteso e il tempo che passa senza che si arrivi ad un risultato definitivo non fa che confermarlo. A quattro giorni dalla chiusura delle urne non c’è ancora certezza su chi sarà il prossimo presidente degli Stati Uniti. Ci si aspettava il caos da queste elezioni e anche se la sospensione di queste ore cresce, non ci sono stati gli scontri a cui la polizia si è preparata da mesi
Comunque andrà avrà vinto l’America dell’attivismo, del porta a porta, degli zoom elettorali e anche dei criticatissimi rallies. Il verdetto delle urne stabilirà chi sarà il 46° presidente degli Stati Uniti, ma prima che le urne, a scegliere il destino del Paese sono state le persone che hanno atteso in fila anche per 6 ore pur di esprimere il loro voto. Sono stati quelli che in barba alla pandemia hanno votato per posta, sfidando anche le falle di consegna. “L'unico modo per avere voce in capitolo per migliorare te stesso e il nostro Paese è votare” è stato, sia sul versante repubblicano che democratico, lo slogan di semplici attivisti, ma anche di attori, cantanti, giocatori di baseball e basket
Uffici chiusi, vetrine ricoperte con pannelli di compensato, giorno di vacanza per alcune istituzioni, poliziotti dispiegati vicino ai seggi. Anche la Casa Bianca ha deciso di dotarsi di una barriera “non scavalcabile” per proteggere il presidente e le persone invitate a seguire con lui la notte elettorale. Gli Usa si sono preparati all’election day nei modi più disparati. Due, però, le note comuni di questo 3 novembre 2020: l’attivismo e il timore delle rivolte legate alle milizie
La grande novità è rappresentata dai piccoli donatori che stanno giocando un ruolo sempre più centrale nelle campagne di finanziamento anche se non mancano assegni di notevoli entità da parte di miliardari e imprenditori nababbi. I dati sono stati forniti dal Center for Responsive Politics. Gran parte della spesa è stata investita in pubblicità televisive: 1,8 miliardi di dollari e pensare che il costo totale della campagna presidenziale del 2016, comprese le primarie, era stato di 2,4 miliardi di dollari. Candidati democratici e gruppi alleati hanno speso 5,5 miliardi di dollari, rispetto ai 3,8 miliardi di dollari di spesa dei repubblicani
La corsa alle armi negli anni delle elezioni non è nuova nella cultura americana, spesso gli statunitensi fanno scorte di armi da fuoco e munizioni temendo che una vittoria democratica potrebbe portare a restrizioni legislative nel possesso e nell’uso. I timori di violenza da parte dei suprematisti bianchi e della polizia sono stati anche una delle principali cause di acquisto tra gli afroamericani, mentre le donne sono state guidate dal timore di aggressioni personali. Un pensiero trasversale che guida l’acquisto per uomini e donne è il timore che la polizia sia incapace di controllare le folle in rivolta e, dopo alcune risposte del presidente sulle milizie, il terrore di manifestazioni violente ha messo l’acceleratore sugli acquisti al punto che l’Fbi si è trovata a fare molti più controlli sugli acquirenti di quanto mai accaduto prima. In un clima fortemente polarizzato, c'è qualcosa di tipicamente americano che supera l'appartenenza al partito e i confini sociali, che vede liberali e conservatori spintonarsi davanti ai negozi per l’acquisto di un'arma e di munizioni per essere preparati al dopo 3 novembre
È un mito l'idea del voto cattolico. Di questo è sicura Jo Renee Formicola, professoressa di Scienze politiche all’Università di Seton Hall, perché "il cattolicesimo non è monolitico e i cattolici hanno modi diversi di pensare e di mostrare la loro religione". Una recente ricerca del Pew research center sembra darle ragione