Rispondendo alle intenzioni che Papa Francesco rinnova al termine di ogni suo intervento, ed in particolare a quella che Bergoglio ha rivolto dal balconcino del Policlinico “Gemelli” di Roma dove è ricoverato da una settimana per un intervento chirurgico per una stenosi diverticolare sintomatica del colon, dalle Villas Miserias in Argentina arrivano le preghiere per una pronta guarigione.
Quaranta anni dopo l’attentato a Giovanni Paolo II, a Roma ci sono delle cose che ancora ricordano quel 13 maggio 1981, quando Mehmet Ali Ağca alle ore 17,17 in piazza San Pietro sparò due colpi di pistola per uccidere il Papa. Tra questi sicuramente la maglietta che Karol Józef Wojtyła indossava mentre veniva colpito dai proiettili, da anni custodita in una chiesa nel quartiere Boccea della capitale, all’interno della casa Regina Mundi di Roma. “La maglietta racconta un grande evento, l'attentato a Giovanni Paolo II, quindi la sofferenza, il dolore, l’abbandono. Ma racconta anche la protezione grande e speciale di Maria che gli è stata molto vicino, infatti il proiettile lo ha ferito ma non ucciso. Racconta anche una storia di perdono grande”, le parole di suor Maria Rosaria Matranga
Anche per quest’anno a causa della pandemia di coronavirus Covid-19, la Via Crucis con Papa Francesco si svolgerà in piazza San Pietro, e solo un ristretto numero di persone potrà parteciparvi.
“Un periodo molto coinvolgente”. Così definisce la Settimana Santa don Marco Fibbi, cappellano coordinatore dei cappellani del carcere di Rebibbia a Roma, che, dopo aver appena vissuto la Domenica delle Palme con i detenuti che per l’occasione hanno voluto confezionare dei ramoscelli d’ulivo da donare ai familiari ma anche a tutto il personale carcerario, adesso si prepara vivere nella passione di Cristo la vicinanza con le persone ristrette, “perché loro vivono con motivo e qualche volta con meno motivo, un periodo di penitenza, visto che sono chiamati a sopportare quotidianamente quella che è la privazione della libertà”.
Anche nel Regno di eSwatini, stato che si trova tra Sud Africa e Mozambico, l’organizzazione della Settimana Santa deve fare i conti con le norme anti Covid-19.
“Quest’anno sarà di nuovo una Pasqua un po’ speciale in Mongolia, perché siamo costretti a non utilizzare i nostri luoghi di culto”, le parole di mons. Giorgio Marengo, vescovo cattolico e missionario italiano, prefetto apostolico di Ulan Bator, la capitale della Mongolia, che in un video indirizzato al Sir spiega come per motivi di salute pubblica le chiese sono ancora chiuse.
Ultima settimana delle tre previste dal progetto bolla nato nell’Oratorio Luigi Molina di Biumo, a Varese, dall’idea di Leonardo, studente di terza superiore, che ha chiesto a don Gabriele Colombo, sacerdote 35enne responsabile della pastorale giovanile della Comunità “Beato Samuele Marzorati”, di riunirsi in oratorio assieme ad altri 21 ragazzi della città, tutti di età compresa tra i 16 ed i 18 anni, per evitare l’isolamento imposto dalla pandemia di coronavirus Covid-19.
Un anno particolare quello trascorso, dove tutto è stato condizionato dalla pandemia, anche il Giubileo lauretano dell’Aeronautica militare italiana, indetto per la ricorrenza del centenario della proclamazione della Beata Vergine di Loreto quale "patrona degli aeronauti", iniziato l’8 dicembre 2019 con l'apertura della Porta Santa a Loreto e prolungato da Papa Francesco fino al 10 dicembre 2021. Due le iniziative messe in campo: la "Peregrinatio mariana" nei reparti dell’Aeronautica militare di tutta l'Italia, che si è conclusa il 24 marzo, e la raccolta fondi “Un dono dal cielo” in favore degli ospedali pediatrici “Santobono Pausilipon” di Napoli, “Bambino Gesù” di Roma e “Giannina Gaslini” di Genova, che da poco ha superato i 500mila euro. Le parole del generale Alberto Rosso, capo di Stato maggiore dell’Aeronautica, e del vicario episcopale per l’Aeronautica militare, don Antonio Coppola
"Resistere, resistere, resistere. Noi, nelle nostre vite personali, differentemente da tante altre persone, abbiamo vissuto momenti di lockdown personale". La testimonianza di Luca Pancalli, presidente del Cip (Comitato italiano paralimpico), realtà che svolge un’attività sociale che va oltre l’agonismo e guarda ai diritti fondamentali della persona: "In questo anno si è interrotta la somministrazione di una medicina come quella che può essere sicuramente l'attività sportiva, intesa come strumento di integrazione ed inclusione, in assenza di altri sostegni da parte delle comunità territoriali".