Mosaico
Barcellona. Due opere d’arte di Rodella e Poli alla Sagrada Familia
L’uomo della Sindone e il Cristo della Speranza esposte fino a Natale
MosaicoL’uomo della Sindone e il Cristo della Speranza esposte fino a Natale
Scienza, arte e fede: sotto questo trinomio sono ospitate due opere di profonda rilevanza spirituale e artistica presso il Tempio espiatorio della Sagrada Familia a Barcellona. Dal 15 aprile al Natale 2025, infatti, sono esposte L’uomo della Sindone, scultura realizzata da Sergio Rodella, e il Cristo della speranza, opera del maestro Albano Poli. L’inaugurazione, alla presenza di Paolo Poli titolare di Progetto Arte Poli e del cardinale di Barcellona Juan José Omella, è avvenuta nella Settimana Santa: l’esposizione offre ai visitatori un’opportunità unica per immergersi nel mistero della passione, morte e risurrezione di Cristo. «C’è l’elemento della scienza – afferma Paolo Poli – perché Rodella è arrivato a quest’opera al termine di un rigoroso studio tridimensionale della Sindone di Torino; suo obiettivo era rappresentare fedelmente l’uomo impresso nel sacro lino e l’ha raggiunto mettendo tutta la sensibilità artistica per questo corpo che ora noi abbiamo la possibilità di riproporre nei diversi materiali. Ecco, quindi, il secondo elemento, l’arte, che è alla base pure dell’opera che è posta insieme in questa particolare esposizione ovvero il Cristo della speranza, che mio padre ha voluto come una visione innovativa del Crocifisso: si uniscono infatti il momento del sacrificio e quello della gloria della risurrezione, attraverso linee dinamiche e contrasti materici. Il tutto attorno all’elemento della fede, visto che questo mistero è il centro per ogni cristiano». Poli ha preso in mano il progetto dopo la morte del padre Albano, che nel 1953 aprì la prima piccola bottega d’arte nel centro di Verona, partendo dalla conoscenza e dalla passione per il vetro, a cui ha aggiunto pian piano materiali e differenti design. «La scelta di portare questa mostra alla Sagrada Familia non è stata casuale. Qui c’è il dialogo tra natura e cultura, creazione di Dio e dell’uomo, arte contemporanea e tradizione, architettura visionaria e fede. Antoni Gaudì ha immaginato e poi ha cercato il modo di realizzare il tutto attraverso materiali, arti, progetti». Ci racconta due episodi legati alla sua personale relazione con questa particolare costruzione. Il primo ci parla dell’opera di Gaudì: «Nella vicina cattedrale di Barcellona ho visto il fonte battesimale della cappella; è un’opera italiana del XIV secolo e vi si riconosce chiaramente uno stile che poi lui ha recuperato nelle sue colonne tortili, pur fatte in materiali, modalità lavorative ed epoche diverse». Secondo spunto: «Nella mia prima visita, qualche anno fa, mi sono immaginato cosa poteva pensare un ragazzo di oggi, abituato certamente più a realizzazioni fatte in serie e con macchine che non all’artigianato. Man mano che la tecnologia è avanzata, l’arte ha trovato meno spazio ed è quasi ignorata. La sfida di Arte Poli è proprio, in parallelo alla Sagrada Familia, portare avanti lo stile della bottega tradizionale, come nell’epoca rinascimentale, sia nelle realizzazioni nuove che nel restauro, come è stato per il grande progetto a Madonna della Salute a Venezia». Nel percorso con Paolo tra le varie zone dell’azienda ce ne rendiamo conto chiaramente e lui precisa: «Siamo in 50 persone, ognuna con le sue competenze che mette al servizio di un risultato comune. Lavoriamo il legno, la pietra, il bronzo, il vetro e molto altro, mettendo insieme i migliori materiali, curati il più delle volte da realtà che utilizzano tecniche tradizionali, come per il vetro soffiato allo stesso modo di 800 anni fa, e l’abilità dei collaboratori. Tra questi ci sono i progettisti che devono accogliere la richiesta, proporre il meglio per quella singola situazione, pensare a come realizzare e trasportare il lavoro, tenendo conto di tante variabili. E gli artisti nei quali c’è il razionale e lo spirituale che si uniscono insieme per realizzare qualcosa di unico, spesso fuori dai parametri attuali dettati dalla fretta e dalla serialità. Questo comporta anche quelle impercettibili imperfezioni che rendono, in realtà, viva un’opera d’arte». Con pure due costanti incognite come i tempi di realizzazione – «perché non si tratta di impostare una macchina ma di portare avanti un lavoro con tutte le possibili variabili e miglioramenti in corso d’opera» – e l’apprezzamento da parte del committente «con il quale si è in continuo dialogo ma poi c’è sempre la prova dei fatti al momento della posa. Immaginare una vetrata è una cosa, vederla su una parete alta decine di metri e con il riflesso del sole è un’altra». Questo, d’altronde, è ciò che ha trasmesso il fondatore Albano: «Era apprezzato come artista – ricorda il figlio – ma ancora di più se vogliamo come uomo. Non sapeva l’inglese, ma riusciva a entrare in relazione con persone di tutte le culture. Vorrei che le nostre opere fossero riconosciute non come legate al nome di un singolo artista, ma come frutto del lavoro di un gruppo. In un mondo di individualismi, questo nostro stile di bottega è una sorta di azzardo controcorrente, ma è anche il di più che vogliamo consegnare».