Chiesa | DiocesiBasilica del Carmine. La cappella è seicentesca ed è dedicata alla Ss. Trinità e alle Anime; fu commissionata dallo Justachini
È giunta al termine un’importante opera di restauro nella chiesa del Carmine di Padova, basilica minore dal 1960. Si tratta della Cappella della Ss. Trinità e delle Anime: un gioiello barocco realizzato nelle forme attuali prima del 1688 e commissionato da Lodovico Justachini, illustre giurista e professore di Diritto all’Università di Padova, raffigurato nel busto bronzeo posto sul pilastro di sinistra, e sepolto nell’antistante tomba terragnea. La cappella è la prima tra quelle estradossate, edificate a partire dal 1313, a sinistra nella navata della chiesa. Si tratta di cappelle legate a fraglie o famiglie nobili padovane: queste ultime avevano la tomba terragna antistante la cappella stessa che diveniva, quindi, un vero monumento funerario. Papa Gregorio XIII il 26 ottobre 1579 concesse «all’altare della Ss. Trinità nella chiesa dei Carmelitani di Padova il privilegio dell’Indulgenza gregoriana applicabile ai defunti»: fu così che nella devozione popolare esso assunse la denominazione alle “Sante Anime del Purgatorio”. La cappella è a forma semicircolare: lo Justachini vi fece realizzare motivi geometrici e richiami funerei marmorei. L’altare si chiude in alto con la Gloria dello Spirito Santo fra cirri di nuvole e statue di angeli in volo, che per agilità e movimento di rotazione rimandano ai modi del Seicento romano, diffusi in terra veneta nelle scuole degli scultori Filippo Parodi (1630-1702) e Giusto Le Court (1627- 1679), alle quali sono stati variamente attribuiti. Ai lati sono presenti le statue di San Girolamo (a sinistra) e Santa Maria Maddalena (a destra), chiara allusione alla meditazione e alla penitenza. Gli angeli reggono al centro la Pala di Sant’Orsola del pittore bassanese Luigi Viviani (1825-1888), contornata da una imponente cornice in marmo nero di Lavagna. Nella tela, la santa è raffigurata nell’atto di impetrare la liberazione di un’anima dal Purgatorio. L’intervento di restauro si è reso necessario per lo stato di degrado in cui versava il manufatto: si è provveduto a un’accurata pulitura degli elementi lapidei e lignei, sia architettonici che scultorei, e alla loro ricomposizione e consolidamento. È emersa anche quasi totalmente l’originaria superficie delle sculture in pietra di Vicenza, realizzata a “finto marmo” con biacca, presente anche nelle ali degli angeli, in legno. Grazie al restauro degli intonaci è stato poi restituito l’azzurro del cielo stellato che ricopre l’intero catino e fa da sfondo all’apparato ligneo formato da raggi e cirri dorati, angeli e cherubini, che avvolgono la tavola ovale ove è raffigurato il simbolo iconografico dello Spirito Santo, riferimento all’antica dedicazione della cappella. È stato anche ritrovato il sottostante affresco cinquecentesco che decorava l’intero catino, presente in buone condizioni, purtroppo non visibile perché coperto dall’apparato ligneo e ora oggetto di studio.
