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Rubriche | Lettera 35 - Cronache da un'economia umana

martedì 12 Giugno 2018

Basta la salute, ma quanto ci costa?

Le spese per la salute sono fisse, non possono essere modificate. Perciò incidono in modo diverso sui redditi gravando in modo maggiore sui più poveri.

Redazione
Redazione
Sir

Le spese per le cure mediche in Italia aumentano e gravano in modo diverso sui bilanci familiari. il peso maggiore cade sulle spalle dei cittadini con un reddito più basso. Così custodire la propria salute, un diritto per tutti, diventa una causa di incremento della disuguaglianza.

Una ricerca sulla sanità pubblica e privata, prodotta dal Censis, mostra il divario e avverte del cresciuto risentimento verso il sistema sanitario provato dagli italiani. La spesa sanitaria gode di ottima salute raggiunge i 40 miliardi di euro – cresciuta di quasi il 10% in quattro anni. In testa alle classifiche degli acquisti ci sono le spese per i farmaci che arrivano a 10 miliardi e quelle odontoiatriche 8 miliardi, quota vicina ai 7,5 miliardi spesi per le visite specialistiche.

Ma queste spese si ripartiscono in modo diverso tra le famiglie e soprattutto hanno un diverso impatto sul loro reddito complessivo. Lo si nota osservando i consumi: mentre in totale rimangono stabili per le famiglie popolari, cresce del 6% la quota dedicata all’acquisto per le spese mediche private. Spiegano i ricercatori del Censis che in media la tredicesima di un operaio è impiegata per cure o visite. Invece per le famiglie agiate il discorso è diverso, nello stesso periodo, i loro consumi crescono e la quota per le spese mediche aumenta del 4,5%. Si aggiunga poi che molte famiglie si indebitano per assicurare le cure ai loro famigliari e altre corrodono i loro risparmi (il 41% tra quelle meno abbienti). Altre ancora riducono le altre tipologie di spese (il 51% tra i meno abbienti).

Tra le opinioni, come si rileva nella ricerca del Censis, emerge un diffuso malcontento: il 54,7% dichiara che le opportunità di diagnosi e di cura non sono uguali per tutti, mentre circa 12 milioni di italiani hanno trovato il modo di evitare le lunghe liste d’attesa del sistema pubblico. Il 37,8% prova rabbia, mentre il 26,8% si lamenta perché bisogna pagare altri soldi oltre alle tasse.

Il quadro che emerge non è dei più rosei ed evidenzia come siano i più fragili ad essere colpiti in modo più forte. Quello che appare dalla ricerca sottolinea come i problemi del sistema sanitario del Paese non siano relativi alle possibilità terapeutiche, ma alla dimensione organizzativa e alle questioni relative ai costi. Però l’accesso alle terapie non può essere procrastinato per questioni economiche o strutturali.

Le spese per la salute sono fisse, non possono essere modificate. Perciò incidono in modo diverso sui redditi gravando in modo maggiore sui più poveri. C’è poi una differenza di qualità dei servizi tra i territori, ad esempio, le persone che non si possono spostare in un’altra regione rischiano di non ricevere in tempo le terapie migliori.Così le disuguaglianze aumentano e la frattura nella coesione del Paese si amplia. La tutela della salute è un diritto per tutti i cittadini come recita la Costituzione art. 32 tanto che la Repubblica si impegna a garantire le cure ai più poveri. La difficoltà a mantenere questo patto alimenta il rancore tra i cittadini verso il sistema sanitario.

Andrea Casavecchia

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