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Beni culturali: tutela è oggi la parola d’ordine
Il Comandante dell’apposito Nucleo dei Carabinieri, ha incontrato i parroci e referenti della Diocesi di Padova
MosaicoIl Comandante dell’apposito Nucleo dei Carabinieri, ha incontrato i parroci e referenti della Diocesi di Padova
Dal 1969 a oggi sono stati recuperati dai Carabinieri ben tre milioni e 158 mila beni culturali, tra i quali 170 mila oggetti d’arte e 1,7milioni di beni librari e archivistici, e poi ancora 980 mila reperti archeologici e 296 mila paleontologici. Non solo, sono stati sequestrati 1,3 milioni di opere false. È questa la sintesi dell’operato del Nucleo Carabinieri per la tutela del patrimonio culturale, raccontata a Padova, nel corso di un convegno focalizzato sulla salvaguardia dei beni culturali ecclesiastici, dal comandante della sezione territoriale di Venezia, il tenente colonnello Emanuele Meleleo. «Già nel 1909 – racconta l’ufficiale – la legge Rosadi cominciò a disciplinare un impianto di tutela del bene culturale, soprattutto per il patrimonio archeologico. Nel 1969 il legislatore, forte dell’esperienza fatta a livello nazionale, decise di specializzare una forza di polizia, in questo caso i Carabinieri, alla tutela del bene culturale. Fu l’inizio di un percorso di crescita, unico al mondo, che vede impegnate oggi alcune centinaia di unità. Il Nucleo di Venezia venne costituito nel 1995». Naturale è la collaborazione tra lo Stato e la Chiesa italiana – la seconda proprietaria di beni culturali sul territorio – che si concretizza in due intese, firmate dal presidente Cei e dal ministro della Cultura: quella del gennaio 2005, relativa alla tutela in generale dei beni culturali di interesse religioso appartenenti a enti e istituzioni ecclesiastiche, e quella del 2000, dedicata agli archivi d’interesse storico e alle biblioteche. Meleleo ha poi ricordato la Legge 22 del 9 marzo 2022, che interviene in materia inserendola direttamente nel codice penale, disciplinandola nel dettaglio e inasprendo i reati (17 articoli inseriti nel Titolo ottavo bis “Dei delitti contro il patrimonio culturale”). «L’inserimento di questi reati nel Codice penale e non più in una legge speciale – spiega – è significativo: vuol dire che non si può più pensare al bene culturale come a qualcosa per gli addetti ai lavori, bensì appartiene a tutti noi. Questo dice il nuovo impianto legislativo. La sicurezza dei beni culturali non è qualcosa che arriva dall’alto ma deve essere partecipata con la popolazione. Spesso mi chiedono che valore abbia un certo bene che è stato sottratto: talvolta ne ha uno solo, più importante di quello economico: un valore di civiltà». In questo senso, il tenente colonnello rinnova l’invito a consultare i consigli ancora attuali contenuti in un vademecum diramato da Carabinieri e Cei, intitolato Linee guida per la tutela dei beni culturali ecclesiastici. Sono indicazioni pratiche intese a ridurre il rischio di furti di opere presenti nelle chiese ma anche in musei, archivi e biblioteche. Il primo dei quali è: conoscere il proprio patrimonio, perché solo ciò che si conosce si può proteggere e può essere oggetto di denuncia in caso di sottrazione.
Il Nucleo Carabinieri per la tutela del patrimonio culturale di Venezia venne costituito il 20 aprile 1995. Ha sede in piazza San Marco. Molteplici sono i suoi compiti, a partire dalle misure preventive come i controlli nei musei, nelle case d’asta e nei negozi di antiquariato. Ci sono poi le attività di contrasto come indagini e recuperi, le attività di addestramento, la sensibilizzazione del pubblico. Esiste anche una task force, i Caschi Blu della cultura, che interviene in situazioni di crisi e calamità naturali, sia nazionali sia internazionali, come nel caso dell’alluvione che l’anno scorso ha danneggiato musei, biblioteche e siti archeologici in Emilia Romagna. Alla base dell’operato del Nucleo di tutela c’è il sistema informatico Leonardo, strutturato per interagire con una banca dati che contiene 1.304.595 opere, e oltre 7,2 milioni di oggetti descritti. Sono stati censiti 669.874 furti. Oggi esiste anche lo Swoads, Stolen Works of Art Detection System, un nuovo sistema, evoluzione di Leonardo, cofinanziato dall’Ue, per la ricerca e individuazione delle opere d’arte trafugate. La legge 22 del 2022, che ha riformato le disposizioni penali a tutela del patrimonio culturale mutuando i principi della Convenzione di Nicosia, ha introdotto nuovi strumenti operativi e previsto l’inasprimento del trattamento sanzionatorio e nuove fattispecie di reato. Citiamo: furto, appropriazione indebita, ricettazione, riciclaggio e autoriciclaggio, falsificazione in scrittura privata (ovvero false certificazioni di opere), violazioni in materia di alienazioni, esportazione illecita e contraffazione. E c’è anche la distruzione, deturpamento e imbrattamento del patrimonio.

Se si sono furti di beni culturali è perché vi è un mercato che li richiede, anche in modo illecito. Per questo il primo passo per la loro salvaguardia è la sensibilizzazione e la conoscenza. Un vademecum Cei-Carabinieri, in 40 pagine, scaricabile online, offre dei semplici consigli. Un’attenzione particolare va ai trasferimenti di opere, anche temporanei, che vanno sempre autorizzati. Attenzione anche ai periodi di restauro di una chiesa: sono storicamente momenti favorevoli per la sparizione di opere, in cui può entrare gente sconosciuta in aree sensibili. Fondamentale è, in queste situazioni ma come buona norma, censire prima e controllare frequentemente la presenza di opere, ad esempio all’apertura della chiesa: accorgersi immediatamente, e dare l’allarme, di una sparizione, rende molto più elevata la probabilità di poter recuperare il bene. Se ci si accorge dopo settimane o mesi, tutto è più complicato. È anche auspicabile avere immagini più recenti di un bene, con risoluzioni migliori, in modo che il data base e, oggi, l’intelligenza artificiale, possano individuarlo meglio. Si consiglia poi di lasciare aperte poche porte e di organizzare turni di presenza anche nei posti isolati: se passa il messaggio che una comunità è attenta, il malintenzionato la eviterà. Una chiesa meno vigilata è più a rischio di essere presa di mira. E se si delega il controllo, va verificato come esso avviene.

Anche se i furti nelle chiese sono diminuiti, la questione della tutela delle opere d’arte è ugualmente pressante. Lo ricorda Claudio Seno, responsabile del Servizio diocesano per l’arte sacra e i beni culturali ecclesiastici della Diocesi di Padova. «Negli ultimi vent’anni – racconta – in diocesi ci sono stati circa 40 furti, si ritiene per lo più su commissione. L’inventariazione dei beni culturali della diocesi ha aumentato la consapevolezza della necessità di tutela nelle comunità, d’altro canto la messa in rete dell’enorme patrimonio favorisce anche i malavitosi nel programmare eventuali sottrazioni». Un aspetto importante ai fini della tutela dei beni culturali è il fatto che molte chiese risultano oggi essere poco presidiate, perché le comunità si assottigliano e gli stessi parroci sono in difficoltà trovandosi a gestire spesso più parrocchie. «Può venire naturale – continua Seno – suggerire che, se alcune chiese vengono dismesse o poco utilizzate, si possono trasferire le opere d’arte in magazzini sicuri o in musei. Questo però non è nella nostra logica: l’arte sacra è un’arte commissionata appositamente per essere destinata al culto e nella maggior parte dei casi per essere collocata in quegli specifici luoghi in cui oggi si trova». Va in questo senso il lavoro, supportato dalla Cei, per installare sistemi di antintrusione e videosorveglianza.